INDESIT SCAPPA IN TURCHIA E POLONIA: QUASI 1500 ITALIANI RESTERANNO SENZA LAVORO

DATA ULTIMO AGGIORNAMENTO: 20 Dicembre 2020

RIPARTITI TRA I COMUNI DI Fabriano, Comunanza e TEVEROLA. SALTATO L’ULTIMO TAVOLO SINDACALE, MA SI SPERA ANCORA
un’altra azienda sta per lasciare l’Italia per lidi più convenienti, malgrado i profitti lusinghieri. Il problema è sempre lo stesso: troppe tasse e costo del lavoro troppo alto. L’Indesit è un’azienda italiana produttrice di elettrodomestici e di elettronica, già presente in altri Stati mediante joint venture, come Cina e Russia. Ora ha deciso di delocalizzare la produzione in Turchia e Polonia, chiudendo le sedi di Fabriano, Comunanza e Teverola, rispettivamente nella Provincia di Ancona, Ascoli e Caserta. Per un totale di 1.425 esuberi, di cui 680 solo in quest’ultima filiale. Saltata anche la trattativa di mercoledì scorso.

SALTATO ENNESIMO TAVOLO – E’ saltata la trattativa per la Indesit al ministero dello Sviluppo economico, dove sindacati, azienda e istituzioni erano riuniti dalle 17.30 circa di ieri. Secondo quanto si apprende da fonti sindacali, la situazione è degenerata ed è stata aperta la procedura di mobilità per 1.425 lavoratori. Lo strappo poco dopo le sette di stamattina.
Dopo una notte di confronto, Indesit ”ha dovuto constatare l’impossibilità incomprensibile di raggiungere un accordo con le organizzazioni sindacali” ed è ”costretta a portare avanti unilateralmente il piano”. Lo afferma la società in una nota sottolineando che ”il mancato accordo impedisce l’accesso agli ammortizzatori sociali e penalizza i lavoratori” con l’apertura della procedura di mobilità. Indesit rivendica di aver migliorato ulteriormente il piano con 83 milioni di investimenti straordinari.
Inoltre, Indesit afferma che avrebbe portato maggiori produzioni e a più alto valore aggiunto nei tre siti italiani e un riassorbimento graduale di lavoratori grazie ”ai benefici attesi dagli investimenti e al prevedibile recupero dei mercati”. L’azienda prevedeva inoltre ammortizzatori sociali come la cassa integrazione e i contratti di solidarietà ed escludeva l’avvio di procedure unilaterali di mobilità. Sarebbero state trasferite in Italia nuove produzioni dalla Polonia, dalla Spagna e dalla Turchia, mentre le produzioni italiane di bassa gamma non più sostenibili sarebbero state riallocate in Paesi a miglior costo. Il sito di Fabriano (AN) sarebbe diventato il centro esclusivo per la produzione ad alto contenuto d’innovazione di forni da incasso, di forni di piccole dimensioni e di prodotti speciali. Il

sito di Comunanza (AP) sarebbe diventato il centro per l’innovazione e la produzione di lavabiancheria di alta gamma a carica frontale, mentre il sito di Caserta sarebbe diventato il centro esclusivo per la produzione di frigoriferi da incasso ad alto contenuto d’innovazione e dei piani cottura a gas da incasso.

Il ministero dello Sviluppo economico, rammaricato dallo sfumare di un’intesa ”a portata di mano” per Indesit, si dice determinato a ”creare le condizioni per riprendere il negoziato” fin dai prossimi giorni. E’ quanto si legge in una nota del Mise. ”A nostro giudizio continuano ad esistere le basi per arrivare all’intesa. Ci auguriamo che le organizzazioni sindacali riconsiderino la situazione e tornino a sedersi di nuovo al tavolo”, afferma il sottosegretario Claudio De Vincenti.
LA STORIA DELL’AZIENDA – Fu fondata nel 1953 a Torino con la denominazione Spirea, da tre soci: Armando Campioni, Adelchi Candellero e Filippo Gatta. La società si trasferì qualche anno dopo a Rivalta di Torino, e cambiò denominazione altre tre volte fino al 1961, quando assunse la ragione sociale definitiva e nacque il marchio Indesit.
Indesit produceva sia elettrodomestici “bianchi” come lavatrici, frigoriferi, congelatori, lavastoviglie e cucine, che televisori e registratori di cassa. L’azienda conobbe un rapido sviluppo produttivo e commerciale nel periodo del boom economico, divenendo la terza del settore a livello nazionale. Conquistò ampie quote sia nel mercato nazionale che estero degli elettrodomestici.
Negli anni sessanta e settanta, Indesit contava ben otto impianti produttivi, di cui cinque al Nord (sparsi tra Rivalta, None e Orbassano) e due al Sud (Teverola e Carinaro (CE)), dove furono impiegati circa 12.000 addetti.
Nello stesso periodo all’Indesit fu sperimentato un sistema di trasmissione televisiva a colori denominato ISA, che l’azienda torinese propose nel 1972 alla RAI, ma che non fu accettato dal Governo italiano, perché non conforme agli altri sistemi europei.
Venne acquisito anche il marchio Hirundo, con cui fu proposta una linea nel settore bianco (frigoriferi, lavatrici e altri elettrodomestici), oltre che apparecchi nel settore bruno, come radio a transistor marchiate Indesit-Hirundo. Tale marchio oggi non viene più usato.
Indesit partecipò per il 6% nella Sèleco di Pordenone, all’epoca in cui il controllo era detenuto da Giovanni Mario Rossignolo, cedendo impianti in disuso per la fabbricazione di televisori. Zanussi e Rel erano i maggiori azionisti in Sèleco a quell’epoca.
LA CRISI DEL 1980 – Nel 1980, la Indesit andò in crisi e venne posta in amministrazione controllata, da cui uscì nel 1984, quando fu ricapitalizzata per 74 miliardi di lire e vi entrarono nuovi soci. Tuttavia per l’azienda torinese la crisi continuò e la ripresa non avveniva; a seguito di ciò nel 1985 cedette la sua divisione elettronica alla Olivetti.
Molte furono le trattative per trovare un partner industriale e finanziario, ma la situazione era talmente grave da portare, nello stesso anno, l’azienda all’amministrazione straordinaria, in base alla legge Prodi, e il Tribunale di Torino nominò commissario il dott. Giacomo Zunino. Da tempo i posti di lavoro erano drasticamente diminuiti, ed erano ridotti a poco più di 7.000 addetti, la maggior parte dei quali in cassa integrazione.
Nonostante fosse commissariata, l’azienda migliorò gradualmente i conti, e nel 1987 fu acquistata all’asta dalla Merloni Elettrodomestici già conosciuta per il marchio Ariston e fino ad allora principale concorrente in Italia della Indesit stessa.

Nell’operazione il gruppo marchigiano investì ben 50 miliardi di lire nell’acquisizione della società, e altri 100 miliardi ne furono previsti per la ristrutturazione e il risanamento. Indesit divenne il primo marchio dell’azienda, e furono mantenuti soltanto gli stabilimenti di None, Carinaro e Teverola.

Sotto la gestione Merloni, il marchio Indesit ritornò protagonista nel mercato degli elettrodomestici, tanto da permettergli, nel corso degli anni novanta, di divenire il secondo in Europa. Nel febbraio 2005 la Merloni Elettrodomestici venne rinominata Indesit Company. Oggi la Indesit Company usa i marchi Ariston abbinato ad Hotpoint, acquisita nel primo decennio del 2000 assieme a Sholtes, e appunto Indesit.

(Fonti: Ansa, Wikipedia
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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

0 Risposte a “INDESIT SCAPPA IN TURCHIA E POLONIA: QUASI 1500 ITALIANI RESTERANNO SENZA LAVORO”

  1. se le aziende in italia chiudono ringraziamo i vari governi che hanno solo tassato il lavoro ed aumentato i costi dell energia e pure i sindacati che pensano solo a difendere il vero cancro italiano cioe i dipendenti pubblici.complimenti avete sfasciato l italia non e possibile che in italia ci siano oltre 2000 sigle sindacali PARASSITTTTTTTTTTTTTTTT

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