Ma non finisce qui. A livello Europeo, Tgcom24 ci fa sapere che la Lombardia nei mesi scorsi è risultata essere sempre dal punto di vista del Pil pro-capite al quinto posto in Europa, con 36.600 euro, al pari della Danimarca. Il valore è al di sopra della media europea (30.600 euro), davanti anche alla locomotiva tedesca, al sesto posto con 35.800 euro. Davanti ad essa Lussemburgo e Irlanda, prispettivamente 76.200 e 51.100 euro: quattro e due volte e mezzo il valore della Grecia, che si posiziona in fondo alla classifica con 19.600 euro. Risultano invece ridotte le differenze al terzo e quarto posto, con redditi che vanno dai 37mila euro dei Paesi Bassi, al 3° posto, ai 36.900 dell’Austria.
Peccato però che anche in questo portento, orgoglio italiano, possano accadere incidenti come quello successo ieri a TreNord. Regionale 10452 partito da Cremona alle 5.32 e diretto a Milano Porta Garibaldi, deragliato all’altezza di Seggiano di Pioltello. Peraltro nello stesso punto dove il 23 luglio scorso un altro convoglio era uscito dai binari, in quel caso senza conseguenze. E sempre un vagone di TreNord lo scorso 9 dicembre 2017 ha preso improvvisamente fuoco, mentre il mezzo era fermo alla stazione di Milano centrale. TreNord viene anche spesso accusato di ritardi, sovraffollamenti, a danno di chi lo usa ogni giorno. E questa sarebbe la regione più efficiente d’Italia? Ma torniamo a quanto successo ieri 25 gennaio.
Incidente TreNord causa
Come riporta Il Corriere della sera, il direttore territoriale di Rete Ferroviaria italiana, Vincenzo Macello, presente sul luogo dell’incidente, ha dichiarato che a provocare il deragliamento è stato il cedimento strutturale di una rotaia. La rottura della rotaia si è verificata 2,3 km prima della stazione di Pioltello. La rotaia che ha ceduto stava per essere sostituita: in quel tratto erano in corso lavori di manutenzione. Lo prova una fotografia scattata esattamente nel punto in cui è avvenuto il cedimento, un paio di chilometri prima di quello in cui il treno è uscito dai binari. Il pezzo di rotaia mancante è stato poi trovato a venti di distanza.
In quel punto manca un pezzo di rotaia lungo una ventina di centimetri. Accanto al binario, il tratto di binario nuovo che avrebbe dovuto sostituire quello vecchio e per il quale erano in corso i lavori di manutenzione. Secondo una prima ricostruzione, la dinamica dovrebbe essere questa: la rotaia cede al passaggio delle prime carrozze, ma quelle che escono dai binari sono solo quelle centrali. Il treno continua la sua corsa, ma le carrozze centrali hanno ormai le ruote fuori dal binario. Due chilometri dopo si intraversano ed è il deragliamento vero e proprio.
Incidente TreNord quante vittime e quanti feriti
Le tre vittime sono Ida Maddalena Milanesi, 61 anni, radioneurologa dell’Istituto Besta di Milano, Pierangela Tadini, 51enne originaria di Caravaggio e residente a Misano di Gera D’Adda (Bergamo), e Giuseppina Pirri, 39 anni, di Cernusco sul Naviglio. Ci sono poi cinque persone in condizioni molto gravi (codice rosso): un a donna 46 anni e un uomo di 56, entrambi ricoverati al San Raffaele. Otto poi le persone ricoverate in codice giallo; mentre sono 53 i codici verdi. I feriti sono stati ricoverati nei seguenti ospedali: Cernusco Sul Naviglio, S. Gerardo, Melzo, Fatebenefratelli, Niguarda, Policlinico di Milano, San Paolo, San Raffaele, Rozzano, San Donato Milanese e Melegnano.
Incidente TreNord inchiesta
La Procura di Milano ha aperto un’inchiesta con l’ipotesi di reato di disastro ferroviario colposo. Per svolgere tutti gli accertamenti necessari nell’inchiesta sull’incidente del treno deragliato nel Milanese, gli inquirenti nelle prossime ore iscriveranno, come atto dovuto, i responsabili legali e della sicurezza di Rete Ferroviaria Italiana nel registro degli indagati. Non è escluso, allo stato, che siano necessarie anche altre iscrizioni tecniche come quelle di alcuni responsabili di Trenord. Al momento il fascicolo è a carico di ignoti per disastro ferroviario colposo.
Tra i primi atti dell’indagine, il procuratore di Milano Tiziana Siciliano ha disposto il sequestro dell’area interessata dal disastro, dei vagoni del convoglio deragliato, della `scatola nera´, dei filmati registrati dalle telecamere e della documentazione relativa anche alla manutenzione e alla sicurezza della rete ferroviaria interessata. Ha inoltre nominato due consulenti, che già si sono occupati in passato di disastri ferroviari, per svolgere gli accertamenti del caso. Intanto Rfi ha comunicato che la circolazione ferroviaria sulla tratta resterà interrotta finché l’autorità giudiziaria non disporrà il dissequestro dell’area teatro dell’incidente.
TreNord storia
Come riporta Wikipedia, Trenord (fino al 3 maggio 2011 Trenitalia LeNord o TLN) è una società a responsabilità limitata costituita da Trenitalia e da FNM SpA per operare nel settore del trasporto ferroviario passeggeri della regione Lombardia. Il capitale sociale è suddiviso in quote paritarie tra le due società.
La società venne costituita a Milano il 4 agosto 2009, con il nome di Trenitalia LeNord, per iniziativa di Trenitalia, attraverso la Divisione Regionale Lombardia, e di Ferrovie Nord Milano.
Questa nuova istituzione si prefisse di gestire unitariamente il trasporto pubblico locale ferroviario in Lombardia, all’interno della normativa stabilita dal Protocollo d’Intesa tra Governo Italiano e Regione Lombardia per il potenziamento e il miglioramento del servizio ferroviario regionale.
L’evoluzione futura della società fu programmata in due fasi:
- l’affitto a favore del nuovo soggetto dei rami di azienda di Trenitalia e di LeNord attivi nel trasporto pubblico locale ferroviario lombardo;
- Trenitalia LeNord, nome originario della società, avrebbe assunto la qualifica di operatore ferroviario.
Inoltre, si pose la condizione che se nella prima fase fossero stati rispettati i parametri stabiliti nei Contratti di Servizio stipulati dalle due aziende con Regione Lombardia nel 2009, i rami d’azienda sarebbero stati definitivamente conferiti alla società per una durata di sei anni, con un’opzione per altri sei.
Il primo intervento della nuova azienda fu l’apertura del Centro di Manutenzione e Pulizia di Milano Fiorenza per la manutenzione e la pulitura dei treni regionali lombardi.
Il 30 ottobre 2009 Trenitalia e LeNord affittarono alla nuova società i rispettivi rami d’azienda preposti al servizio di trasporto pubblico ferroviario presso la regione Lombardia. La durata del contratto d’affitto venne determinata in undici mesi a partire dal giorno 15 novembre. Conseguentemente, TLN ha deliberato un aumento di capitale pari a sei milioni di euro.
Al termine di questa fase sperimentale, i rami d’azienda preposti al servizio di trasporto pubblico ferroviario avrebbero dovuto essere conferiti a TLN che sarebbe divenuta titolare dei rispettivi contratti di servizio con la regione Lombardia. Tuttavia, il 13 ottobre 2010 l’assemblea degli azionisti della società ratificò la proroga dell’affitto dei rami d’azienda di Trenitalia, Direzione Regionale Lombardia, e di LeNord al 31 dicembre dello stesso anno. La scadenza dell’affitto fu ulteriormente posticipata prima al 31 marzo e in seguito al 3 maggio 2011. In tale data la società fu ribattezzata Trenord e si avviò la seconda fase dell’accordo. A differenza di quanto stabilito precedentemente, nella seconda fase vennero anche conferiti nella nuova società sia la partecipazione di Trenitalia in TiLo sia il servizio Eurocity che LeNord svolgeva in partnership con ÖBB e DB.
Il 17 settembre 2012 Trenord avviò il Lombardia Express, composto da due relazioni, non finanziate da contributi regionali, che collegarono direttamente le stazioni di Varese e Bergamo a quella di Milano Centrale. Dopo qualche mese, il 6 gennaio 2013, il servizio fu soppresso, a seguito di un volume di viaggiatori ritenuto insufficiente dalla società per il mantenimento del servizio.
Nel dicembre 2012, Giuseppe Biesuz si dimise dall’incarico di amministratore delegato, in quanto indagato per un’accusa di bancarotta. Al suo posto, il 28 dicembre, il consiglio d’amministrazione nominò l’ingegnere Luigi Legnani. Un nuovo cda, il 19 novembre 2014, nomina Cinzia Farisè nuovo Amministratore delegato. Dal cambio orario del 15 giugno 2014, Trenord ha preso in carico le relazioni EuroCity ÖBB sull’asse di Tarvisio, espletando la coppia di EC 30/31 e EN 236/237 da Venezia SL a Tarvisio. I treni proseguono per Vienna cambiando soltanto il personale. Dal 10 dicembre 2017 una nuova coppia di EuroCity da Vienna per Venezia e viceversa denominati 132/133 sono entrati a far parte dei treni austriaci espletati da Trenord.
TreNord, storia di sprechi, incompetenza e mangiatoie tipica italiana
Il 45% della flotta di Trenord ha un’età superiore ai 35 anni; l’età media dell’intera flotta è di 19 anni. Come ogni pendolare ben sa, la società non è mai stata in grado di raggiungere le prestazioni minime richieste dal contratto di servizio in fatto di puntualità (lo standard dovrebbe essere il 95% dei treni, a stento ha raggiunto l’86%) né, nonostante le promesse dei vertici regionali, ha mai dato tutti i treni nuovi promessi sulle varie tratte. Mancanza di fondi, è sempre stata la scusa di manager e politici.
In realtà, negli anni, Trenord e in generale la holding regionale che la controlla, Ferrovie Nord Milano, sono state foraggiate dalla politica a piene mani. E lo racconta bene Business Insider. Le società, al posto di pensare al benessere dei pendolari, sono state utilizzate come parcheggio per politici indagati, condannati o semplicemente trombati (tutti di Forza Italia, Lega e Comunione e Liberazione); o come bancomat per dirigenti che hanno pescato a piene mani dai fondi pubblici; o come pozzo infinito di consulenze per gli “amici”, tra i quali anche l’avvocato impegnato a difendere lo stesso Maroni. Tanto sotto il regno di Roberto Formigoni, quanto sotto quello dei “barbari sognanti” di Maroni, che era stato eletto, ramazza in mano, promettendo di fare piazza pulita del malcostume.
All’atto della nascita di TreNord nel 2011, c’erano questi personaggi: l’allora presidente regionale, Formigoni, condannato a sei anni per le presunte tangenti per la fondazione Maugeri e San Raffaele; un ex ad di Trenord nonché direttore generale di Ferrovie Nord Milano, Giuseppe Biesuz, condannato in primo grado per il fallimento della Urban Screen, una società che aveva amministrato fino al 2008; un ex presidente di Fnm, Norberto Achille, sotto processo per aver depredato Fnm per spese personali.
Oggi, Fnm è guidata dal leghista Andrea Gibelli, l’uomo che Maroni, dopo lo scandalo che portò alla defenestrazione di Achille, ha scelto per “rimettere a posto le cose”. Peccato che lo stesso Gibelli è arrivato in piazzale Cadorna – una poltrona da 288 mila euro netti l’anno – con le vesti dell’indagato nello stesso processo che vede Maroni imputato per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente e induzione indebita.
La cronaca giudiziaria negli anni ha raccontato di una società depredata, un inquietante Far West dove girano miliardi, tra contratti di servizio per il trasporto pubblico (440 milioni di euro l’anno) e lavori pubblici affidati a Fnm dalla Regione (oltre un miliardo ogni quinquennio). Uno tsunami di soldi (nostri) il cui utilizzo dovrebbe essere super controllato. Purtroppo tale controllo, negli uffici di piazzale Cadorna, Milano, non c’è mai stato. Con buona pace di migliaia di pendolari lombardi costretti spesso a viaggiare come bestie su treni vecchi e sporchi.
«In questa società non esistono i ladri e gli onesti, bene che vada esistono una serie di conniventi!» diceva nel 2015 – senza sapere di essere registrato – Carlo Alberto Belloni, per 21 anni presidente del collegio sindacale di Fnm. E non sbagliava certo. Prendiamo la vicenda di Giuseppe Biesuz, uno che aveva raggiunto la poltrona più alta della società, grazie all’appoggio diretto dell’amico Marcello Dell’Utri, nonostante non avesse uno straccio di laurea e che quindi il capo di Trenord non lo potesse fare.
Lauree fasulle a parte, agli atti della società esiste un report redatto dai controllori interni di Fnm (ma solo dopo l’arresto del non dottor Biesuz nel 2012), secondo il quale l’ex dg avrebbe affidato consulenze da centinaia di migliaia di euro ad amici e big della galassia ciellina senza avere i titoli per farlo. Un’elargizione durata anni, nota a tutti, ma che nessuno aveva mai avuto il coraggio di denunciare.
Idem per l’ex presidente Norberto Achille, imputato a Milano per peculato e truffa aggravata, che nel suo ventennale regno aveva messo macchine e telefoni aziendali a disposizione della moglie e dei figli. Secondo la procura è arrivato a spendere circa 500 mila euro di fondi pubblici, oggi in buona parte restituiti, per pagare le multe prese dal figlio Marco (180 mila euro in 5 anni) con la macchina aziendale, le telefonate dei congiunti (120 mila euro in cinque anni) con le sim aziendali e una serie di altri “benefit”, tra cui film porno, scommesse sportive e serate al Twiga di Briatore. Una linea di credito privata (sui conti della società) di cui moltissimi, se non tutti, sapevano.
Ma chi pensava che con le “spese pazze” di Achille, Fnm avesse toccato il fondo, non aveva ancora letto l’incredibile storia di Davide Lonardoni, alias “Mr milione di euro”, il dipendente di Nord Ing, società del gruppo Fnm, arrestato il 4 ottobre del 2016 nell’ambito di un’operazione del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano, con l’accusa di aver intascato tangenti per pilotare alcuni appalti pubblici affidati a Fnm.
Davide Lonardoni non era un dipendente qualsiasi. È il figlio di Dario Lonardoni, ex direttore generale di Ferrovie Nord e attuale assessore ai lavori pubblici di centrodestra del Comune di Saronno. Secondo un’indagine dell’ufficio Internal Audit di Fnm, che Business Insider ha potuto leggere, tra il 2005 e il 2013 la Sp.In, una società di cui Lonardoni jr è legale rappresentante, ha ottenuto da Nord Ing 14 commesse, per un valore totale di 987.940 euro. Nello stesso periodo Sp.In ha ricevuto altri 176 mila euro direttamente da Ferrovie Nord, altra società del gruppo Fnm, quella amministrata direttamente dal papà Dario.
In totale, cioè, Lonardoni in 7 anni incassa con la sua società privata 1.164.000 euro da due società del gruppo Fnm in cui il padre aveva un ruolo di primo piano. Ma non è finita qui: mentre otteneva consulenze su consulenze, Lonardoni Junior percepiva anche uno stipendio fisso da Nord Ing, prima come collaboratore a progetto e poi, a partire dal 1 marzo del 2013, come dipendente part-time a tempo indeterminato.
Anche questi magheggi sono più che noti ai vertici di Fnm, allora guidati da Achille: il report che li denuncia risale a luglio del 2014, ma non ha mai determinato alcun provvedimento. “So, ma faccio finta di non vedere”, un atteggiamento che Fnm adotta spesso quando c’è di mezzo Lonardoni. Tant’è che un anno dopo quel report, la società ha ignorato un altro potenziale segnale d’allarme. Il 16 ottobre del 2015 un dipendente di Fnm entrò nella stanza di Andrea Franzoso – il whistleblower che con le sue denunce in procura aveva fatto esplodere lo scandalo delle “spese pazze” di Achille – ammettendo di sapere che “molte ruberie non sono ancora state portate alla luce”, come “le presunte irregolarità nell’affidamento di un servizio al figlio dell’ex direttore di esercizio, Lonardoni”. Il giorno stesso, Franzoso scrisse al servizio Risorse Umane di Fnm segnalando la confidenza, ma anche in questo caso la sua lettera non portò all’avvio di un’inchiesta interna.
Che Fnm avesse già pianificato un futuro luminoso per Lonardoni Jr diventa chiaro il 23 maggio del 2016, quando l’ex presidente di Nord.Ing, Roberto Ceresoli – in barba alle consulenze e alle segnalazioni – lo nomina responsabile dei servizi di ingegneria e della direzione lavori sicurezza e ambiente. Una posizione che nell’organigramma si trova immediatamente al di sotto del direttore generale, la carica ricoperta per tanti anni da papà Dario. Una carriera splendente interrotta dall’intervento a gamba tesa della Guardia di Finanza di Milano, che ha arrestato Lonardoni jr con l’accusa di aver pilotato gli appalti della linea ferroviaria tra i terminal T1 e T2 di Malpensa. L’arresto ha obbligato l’attuale presidente di Fnm, Andrea Gibelli, a sospendere il contratto e lo stipendio di Lonardoni.
Le vicende di Biesuz, Achille e Lonardoni dimostrano che i controllori interni non si sono mai mossi prima dell’intervento della magistratura. Chi ci ha provato – come il whistleblower Andrea Franzoso, l’ex addetto dell’Internal Audit Luigi Nocerino, l’ex presidente dell’OdV Arnoldo Schoch e l’ex presidente del Comitato Controllo e Rischi di Fnm Laura Quaini – o è stato rimosso dall’incarico o non lavora più per Fnm.
Lo scorso agosto poi, come riporta Il Giornale, anche il vice presidente di Ferrovie Nord Gianantonio Arnoldi risulta indagato insieme al presidente Andrea Gibelli nell’inchiesta delle Procura sul piano di fusione (nel frattempo naufragato) tra la società di piazzale Cadorna, Trenord e Atm. È quanto emerge dalla proroga delle indagini preliminari concessa dal gip dopo la richiesta avanzata dal pm Giovanni Polizzi e dell’aggiunto Giulia Perrotti. La Procura ipotizza il reato di aggiotaggio. Che qualcuno cioè possa aver speculato sul titolo Fnm (quotato a Piazza Affari) nei mesi che hanno preceduto la diffusione della notizia della possibile fusione.
Al centro dell’inchiesta c’è un comunicato con cui lo scorso febbraio Ferrovie Nord Milano, la holding di Regione Lombardia che possiede fra l’altro il 50 per cento di Trenord, rendeva appunto pubblico il progetto di integrazione. Progetto da quasi due miliardi di euro di cui si è interessata anche la Consob per capire se siano state rispettate le procedure di informazione al mercato, e che, dopo una serie di acquisizioni di carte nella sede delle società coinvolte da parte della Guardia di finanza, ha portato alle iscrizioni nel registro degli indagati. La richiesta di proroga delle indagini fino al prossimo 17 marzo e le iscrizioni sono state rese note da Fnm in un comunicato stampa. Con la richiesta dei pm, si legge nella nota, l’azienda «è venuta a conoscenza dell’iscrizione nel registro degli indagati del presidente Andrea Gibelli e del vice presidente Gianantonio Arnoldi».
TreNord e la denuncia di Legambiente
E pensare che pochi giorni fa Legambiente denunciava la situazione di TreNord nel suo rapporto Pendolaria, che fotografa ogni anno lo stato di salute del sistema ferroviario pendolare italiano. Come riporta Vita, dal rapporto emerge che iconvogli in circolazione in Regione Lombardia contano mediamente 17 anni di servizio, con il 41,3% di treni che hanno oltre 15 anni: un dato tra i peggiori d’Italia
Questo dato per l’associazione ambientalista si spiega con la mancanza di risorse pubbliche cui si cerca di far fronte attraverso l’aumento delle tariffe. La Lombardia ha aumentato il tariffario, del 30,3%. E a questo non è corrisposto una elevata qualità del servizio. Rispetto al 2009 i passeggeri sono aumentati a livello nazionale dell’8,5% le risorse statali per il trasporto regionale si sono ridotte del 22,7%. Dal 2002 ad oggi i finanziamenti statali hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade. Il che significa che le Regioni hanno a disposizione meno fondi per investire sul miglioramento dei servizi. Sebbene la Lombardia si ritagli una posizione di riguardo nel panorama italiano, per stanziamenti rivolti al trasporto pubblico, il divario con gli investimenti per la costruzione di strade e autostrade resta incolmabile.
La manutenzione dei binari è a carico di Ferrovie dello Stato. La cosa che stupisce è come si tratti di una linea che è stata recentemente ammodernata con sistemi di sicurezza di ultima generazione che hanno anche funzionato.
Ma il rapporto di Legambiente, come riporta Webeconomia, ci dice anche che in quasi 8 anni i trasferimenti in favore dei treni pendolari sono stati ridotti di quasi un quarto. Con il decreto legge 50 del 2017 tutti i trasferimenti sono stati di fatto accorpati nel fondo per il trasporto pubblico locale gestito da Ferrovie dello Stato. Risorse. Fondo con il quale vengono finanziati pure i contratti di servizio che Trenitalia, controllata di Ferrovie dello Stato, ha in corso con le regioni. E’ infatti accaduto che sono venuti meno quei fondi che provenivano anche dal trasporto pubblico locale su gomma e dai soldi derivanti dalle accise.
Pertanto, siamo passati dagli oltre 6 miliardi del 2008 a poco meno di 5 miliardi del 2018.
Mentre i fondi vengono ridotti i pendolari aumentano…
Ma c’è un dato che va in contraddizione con tutto ciò. Infatti, se da un lato si riducono i fondi in favore dei treni pendolari, dall’altro aumenta l’utenza che utilizza questo servizio. Soprattutto quanti si spostano dalla provincia al centro o viceversa per lavoro o per l’Università. Rispetto al 2014 sono cresciuti del 7,4% e ora superano i 5,5 milioni di passeggeri ogni giorno.
Secondo il Rapporto Pendolaria di Legambiente sono quasi 3 milioni i passeggeri che utilizzano ogni giorno la rete regionale, e oltre 2 milioni e mezzo quelli che utilizzano la linea metropolitana.
Insomma, anche la locomotiva d’Italia può deragliare. Ditelo a Salvini e alle camice verdi.