IN ITALIA SETTANTA BAMBINI SONO RINCHIUSI NELLE CARCERI INSIEME ALLE MADRI
LA LEGGE CONSENTE LORO DI TENERLI CON SE’ FINO A TRE ANNI, FACENDOLI DI FATTO CRESCERE IN UN AMBIENTE SQUALLIDO
Oltre al dramma del sovraffollamento, nelle carceri italiane se ne consuma un altro: ci sono infatti circa 70 bambini reclusi insieme alle madri e il numero è costante negli anni. Lo stesso Ministro della Giustizia Paola Severino ha ammesso di recente che «il carcere anche nelle situazioni migliori, è un luogo incompatibile con le esigenze di socializzazione e di corretto sviluppo psico- fisico del bambino». Si cercano sistemi alternativi. Ma da anni ormai si tenti di dotare il sistema di uno specifico ordinamento penitenziario pensato per i minorenni, poiché in Italia non ce n’è uno. Una serie di proposte sono all’esame del Parlamento dal 2008.
LA SITUAZIONE PEGGIORA PER GLI STRANIERI – In altri casi la legge n. 40 del 2001 (che offre alternative alla detenzione proprio a tutela del rapporto tra detenute e figli minori), si trasforma in una serie di paletti insormontabili per le detenute straniere, soprattutto se nomadi. E così, dietro le sbarre ci restano soprattutto loro, senza alternativa. Impedimenti che conosce bene anche Serenella Pesarin, che è a capo della Direzione generale per l’attuazione del provvedimenti giudiziari del Dipartimento Giustizia Minorile: «Se non trovano un lavoro, se sono discriminati, se non possono avere i documenti, se passano una vita per avere un rinnovo, se vengono guardati come nemici, cosa gli resta? Se non gli diamo un’identità, non li strappiamo alle organizzazioni criminali che li stanno sfruttando».
Negli ultimi anni, quasi tutti governati da un Governo Berlusconi, di Giustizia si sono affrontati solo i guai di quest’ultimo, tralasciando i vari drammi che si consumano nelle carceri: sovraffollamento, suicidi, scarse cure sanitarie, bambini che vengono ivi allevati. Riusciranno i nostri eroi Professori a risolvere questo problema? Del resto ad Heidi, che era una bambina, le sorridevano i Monti.
(Fonte: Corriere della sera)