IL PARCO E’ SOLO UN PRETESTO, IN TURCHIA SI COMBATTE CONTRO ERDOGAN

LA MICCIA CHE HA FATTO ESPLODERE LA PROTESTA E’ IL PROGETTO DI ABBATTERE UN PARCO PER COSTRUIRE UN CENTRO COMMERCIALE
Tre vittime, ormai duemila i feriti, quattro persone che hanno perso la vista. Questo è il bilancio drammatico degli scontri che da quasi una settimana stanno divampando a Istanbul, capitale della Turchia, per la difesa del Gezi Park, composto da seicento alberi che il Governo vorrebbe abbattere per costruirci un centro commerciale. Le proteste sono iniziate giovedì scorso, quando degli ambientalisti hanno sistemato delle tende per bloccare le ruspe. Ma sono stati rimossi con la forza e così sono aggiunti altri manifestanti e la situazione è pesantemente degenerata. La difesa del Parco è stata una goccia che ha fatto traboccare un vaso colmo di malcontento verso il Premier Erdogan, reo di voler islamizzare il Paese. I primi tafferugli si sono verificati già il Primo maggio, quando il Governo negò la location per la festa dei lavoratori.

TRE VITTIME –  La prima vittima si chiamava Ethem Sarisuluk: è deceduto ad Ankara dopo essere stato colpito da un colpo di arma da fuoco alla testa. La seconda vittima aveva 20 anni: il ragazzo è morto a Istanbul investito da un taxi che si è lanciato contro la folla di manifestanti. La terza era Abdullah Comert, rimasto gravemente ferito da alcuni colpi sparati da una persona non identificata. È morto più tardi in ospedale. Secondo un parlamentare del partito di opposizione, era membro del del Partito repubblicano del popolo (Chp). A queste vittime si aggiungono i tantissimi feriti, che hanno superato quota mille già da qualche giorno. Ormai non si contano più. La polizia spara i lacrimogeni (ma all’occorrenza anche proiettili) ad altezza uomo e in modo ripetuto, al punto da poter provocare soffocamento nei manifestanti. Quattro persone sabato hanno perso la vista, poiché le lentine a contatto che portavano si sono sciolte.
I MANIFESTANTI SONO DI VARI TIPI– Gli scontri non sono portati avanti solo dagli ambientalisti, anzi. Tra i manifestanti ci sono elettori del partito d’opposizione, ma anche diversi dell’Akp delusi dalle politiche islamiste di Erdogan. Ci sono poi aderenti ad associazioni musulmane democratiche, esponenti della minoranza curda e alevi, ragazzi delle tifoserie di calcio. Non c’è nessun cappello religioso o politico però, si lotta uniti per un obiettivo comune, che va ormai oltre la difesa del parco. La difesa del Parco è solo un pretesto: i manifestanti puntano a far cadere il Governo di Recep Erdogan. Proprio vicino al suo ufficio la polizia ha caricato i protestanti con i gas lacrimogeni. Tafferugli anche ad Ankara e nel sud del Paese.
IL MALCONTENTO CHE COVA DA UN PO’– Da una parte c’è la progressiva radicalizzazione dell’autoritarismo imposto al paese dal Governo Erdogan, con leggi che limitano le libertà individuali. La tensione si è accumulata forse sull’onda della rabbia suscitata anche dalla negazione dell’utilizzo di piazza Taksim il primo maggio. Il centro simbolico di Istanbul è rimasto infatti off limits per la festa dei lavoratori, grazie a una cortina di polizia ed esercito che ha generato scontri con feriti e diversi arresti.
A quanto pare dunque anche in Turchia, dopo i Paesi nordafricani e la Siria, il popolo si ribella al potere autoritario che lo governa. Il Paese nato dalle ceneri dell’Impero Ottomano sembrava aver fatto grossi progressi in direzione della democrazia e della laicità. Ma evidentemente Erdogan lo sta riportando indietro.

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Riepilogo dell'articolo

Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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