I fratelli De Filippo: storia di 3 artisti che trasformarono il dolore nel proprio talento

Introduzione

Giovedì sera su Raiuno è andato in onda I fratelli De Filippo. Per fortuna, l’Oro di Napoli, di recente, viene spesso raffigurato in tutto il suo splendore da Cinema, Serie televisive o documentari. In antitesi ad una descrizione troppo spesso stereotipata, tra drammi, cronaca e piglio grottesco.

Del resto, la città fondata dalla dea Partenope è uno scrigno senza fondo da cui attingere. Anche se a molti converrebbe che restasse sempre chiuso, perché il luccichio di Napoli dà fastidio a quanti vorrebbero che venisse solo il dark side of Vesuvio.

Si iscrive a questo fortunato filone Sergio Rubini, attore di talento, che spesso dietro la macchina da presa aveva già dato prova di un’ottima vena registica. Rubini ci presenta la storia dei fratelli De Filippo: Eduardo, Titina e Peppino. Figli di un rapporto coniugale con Luisa di Eduardo Scarpetta, grande attore e drammaturgo napoletano morto nel 1925.

Ecco di seguito trama de I fratelli De Filippo e una recensione de I fratelli De Filippo.

I fratelli De Filippo: trama

Eduardo tiene quei figli nascosti, facendosi chiamare zio. Trattandoli in modo impari rispetto ai figli legittimi, tra cui figura Vincenzo, che, come il padre, è un attore teatrale. Il cui destino sarà però segnato dall’ombra ingombrante del padre e dall’ascesa di Eduardo, che non avrà ereditato il cognome dell’omonimo padre, ma, oltre al nome, ne ha preso il talento.

E con lui, anche Peppino e Titina, i quali, tra mille difficoltà, riescono a farsi strada nel mondo del teatro. Sebbene le incomprensioni di Eduardo e Peppino porteranno il trio a sciogliersi, con Peppino che si affermerà nel Cinema, soprattutto in film con Totò. Mentre Titina, che seguirà Eduardo e poi si darà anch’ella al cinema, negli anni ’50 sarà costretta a ritirarsi dalle scene per problemi di cuore.

I fratelli De Filippo: recensione

La pellicola li descrive in modo sublime, senza scadere nel sentimentalismo più banale o nel succitato bislacco modo di rappresentare le vicende napoletane. Ironia e dramma sono pesati nel modo giusto, così come straordinaria è l’interpretazione dei tre attori protagonisti: Mario Autore, Domenico Pinelli, Anna Ferraioli Ravel. Resi simili ai personaggi reali dal trucco, certo, ma indubbiamente forniti da un naturale talento.

Il lungometraggio è anche un omaggio a Peppino, passato alla storia come semplice “spalla” di Totò al cinema e come talento inferiore al fratello Eduardo a teatro. Ma riscatta anche il nome di Luisa De Filippo, che Eduardo trascurerà anche in sede di testamento. Ma la storia la ricorderà per aver cresciuto tre persone fiere di avere il cognome che portano, vogliose di riscatto nella vita. Nel film, viene interpretata da una intensa Susy Del Giudice.

Il cast è comunque in generale stellare. Una gradevole miscellanea degli artisti napoletani: si va da Giancarlo Giannini a Marisa Laurito, passando per Vincenzo Salemme e Maurizio Casagrande. Ma soprattutto, un sorprendente Biagio Izzo, visto quasi interamente nella sua carriera nel ruolo di macchiettista.

Conclusioni

Peccato che Napoli non abbia ancora realizzato un grande museo che racchiuda la storia di tutti i suoi innumerevoli artisti. Dai fratelli De Filippo a Totò, passando per Enrico Caruso a Massimo Troisi, fino a Sergio Bruni e Sofia Loren. E così via. Con reperti dell’epoca, video proiezioni, ecc.

Speriamo che arrivi presto, perché una città che non è in grado di risaltare la propria gloriosa storia, non può pretendere il rispetto dal resto d’Italia.

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