Mentre il Governo Meloni pensa a sostenere l’Ucraina, al gossip interno e allo Ius scholae, l’industria italiana – o meglio, ciò che è rimasto dopo trent’anni di scientifica liquidazione fallimentare – affonda sempre più.
I dati sono dell’Istat: l’indice destagionalizzato segni un -0,9% su giugno, con il calo su base annua che continua da ben 18 mesi consecutivi. Ma, tenuto conto che quest’anno a luglio ci sono stati ben due giorni lavorativi in più, il calo effettivo risulta del 3,3% rispetto al mese precedente.
L’indice sull’anno, ovvero tra il luglio 2023 e quello 2024, diminuisce anch’esso in termini tendenziali del 3,3%. Tra gennaio e luglio di quest’anno si segnala una diminuzione della produzione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno pari al 10,8%.
Se andiamo ancora più indietro, la produzione industriale è calata del 6,7% tra maggio 2022 e luglio di quest’anno, con il settore tessile, abbigliamento e pelli che registra un vero e proprio crollo: -25%. Anche l’industria del legno segna un -20,7%, su cui sembra aver pesato soprattutto l’inflazione.
I settori industriali italiani che stanno messi meglio e peggio
Come riporta Contropiano, i settori messi meglio in questo disastro sono: chimica (+3,9%), alimentari, bevande e tabacco (+2,5%), fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+1,9%), dell’elettronica (+1,2%).
Veniamo a quelli messi peggio. La meccanica, il principale comparto manifatturiero italiano, sul luglio 2023 segna un -4,3%. Disastroso invece il settore strategico dei mezzi di trasporto, che sull’anno registra un -11,4% su cui sono proprio i risultati della produzione di auto a pesare di più.
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