
L’Unicef ha invece sottolineato l’alto tasso di mortalità tra i bambini con meno di 5 anni: oltre 100 vittime (il 12% del totale).
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha messo in guardia sul rischio che l’epidemia si propaghi nella vicina Repubblica Dominicana, dove è già stato registrato un caso negli scorsi giorni. Un altro caso è stato segnalato a Miami, in Florida. Intanto, resta difficile la situazione nel Paese, dove continuano i disordini anti-Onu. «Nonostante gli appelli, nella regione di Cap-Haitien strade, ponti ed aeroporti sono tuttora bloccati da barricate», ha affermato giorni fa il rappresentante speciale dell’Onu, Edmond Mulet. Quella di Cap Haitien «È una delle zone più colpite dall’epidemia del colera», ha avvertito Mulet, secondo il quale «se tale situazione continua, per migliaia di contagiati la morte sarà sicura».

Alza la voce anche Medici senza frontiere (Msf), che tramite un comunicato ha denunciato quanto la risposta all’epidemia di colera in corso ad Haiti, sia stata fino ad oggi inadeguata. Per Stefano Zannini, capo-missione di Msf ad Haiti, sono necessarie più organizzazioni per curare i malati e dispiegare azioni preventive, specialmente adesso che i casi stanno aumentando.
Msf invita ad agire «immediatamente» per rassicurare la popolazione spaventata dalla malattia, fornire acqua potabile, clorata e sapone, costruire wc e assicurare lo smaltimento dei rifiuti, garantire una rete per l’invio dei pazienti agli specifici centri per il trattamento della malattia e assicurare la rimozione e la sepoltura dei cadaveri.
La popolazione ha accusato il contingente nepalese delle Nazioni Unite di aver propagato l’epidemia e due giorni fa centinaia di giovani hanno lanciato pietre contro i caschi blu. Dal 22 ottobre scorso, Msf ha curato più di 16.500 persone.

Il Paese fu colpito da un’altra grave calamità naturale, nel 2004, quando a devastarlo fu l’uragano Jeanne.
In tema di Paesi flagellati da calamità devastanti, più di un cenno meriterebbe il Pakistan, devastato nei mesi scorsi da costanti alluvioni che lo hanno sommerso quasi interamente. In quel caso gli aiuti non sono stati scarsi o mal coordinati, bensì del tutto inesistenti. Probabilmente avrà pesato – come denunciato da Marco Bertotto direttore di Agire (il network di organizzazioni non governative italiane specializzato nella risposta alle emergenze) – l’immagine internazionale del Paese troppo legata all’estremismo islamico. Ecco il mio articolo: DRAMMI SNOBBATI: IL CASO PAKISTAN
Peccato che in quest’assurda guerra tra religioni e civiltà chi ci rimette sono sempre i più deboli, semplici pedine nello scacchiere dei potenti.
(Fonte: La Stampa)