GUERRA TRA MANETTE

Lo scontro che ha visto protagoniste le procure di Salerno e Catanzaro, ha qualcosa di vergognoso e al contempo preoccupante, poiché fanno emergere una guerra interna alla stessa magistratura, la quale in una normale democrazia, ha la missione di essere al servizio del cittadino in nome della ricerca della verità. L’impasse è stata comunque sbloccata grazie ad un doppio dissequestro degli atti compiuto innanzitutto dalla procura generale di Catanzaro, e successivamente da quella di Salerno, in seguito all’intesa raggiunta tra i responsabili dei due uffici giudiziari.
In pratica la procura di Salerno aveva provveduto a sequestrare gli atti relativi alla rimozione del giudice De Magistris dalle indagini che stava seguendo, “Why not” e “Poseidone”: entrambe riguardanti un sistema di corruzione messo in piedi in quel di Basilicata da politici e imprenditori, che avrebbero utilizzato illegalmente fondi europei o statali italiani; sarebbero così coinvolti politici, magistrati, avvocati, imprenditori e funzionari, che avrebbe così gestito grosse operazioni economiche in Basilicata.
In entrambi i casi, sostanzialmente, l’accusa mossa nei confronti del magistrato è di non essersi comportato in modo “professionale”. Certo è che entrambe le indagini stavano portando alla luce un sistema di corruzioni reale, con tanto di intercettazioni telefoniche, e solo qualche ignobile pretesto ha arrestato il tutto; tra l’altro, Why not, riguardava anche proprio lo stesso ex guardasigilli Mastella, che aveva firmato la rimozione di De Magistris.
La procura di Salerno così voleva vederci chiaro ed ha effettuato un blitz in quella di Catanzaro, con alcuni esponenti di quest’ultima, che hanno parlato di vere operazioni da stato di polizia, come l’essere stati denudati ai fini dell’indagine.
La maggioranza non ha perso tempo nel ribadire l’urgenza di una riforma della magistratura, mentre c’è chi, come Di Pietro, spera nella restituzione delle due inchieste a De Magistris. 
Comunque, a non uscirne bene è ancora una volta la Giustizia italiana, e questa volta non perché non ha punito, o lo ha fatto solo parzialmente, qualche assassino o potenziale tale; bensì perché si è fermata proprio quando era a due passi dalla verità. Verità questa volta riguardante principalmente l’altra parte politica, il centro-sinistra, che tanto accusa di illiceità e manomissione della magistratura la sua controparte politica (spero ricorderete anche il caso della PM Clementina Forleo).
In effetti la giustizia italiana necessita di una riforma. Però non mi fiderei di una riforma portata a termine da una coalizione il cui leader, nonché vari suoi militanti su vari livelli, hanno proprio con essa un conto in sospeso.
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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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