Governo Meloni: i primi 100 giorni da pecora

Governo Meloni: i primi 100 giorni da pecora

DATA ULTIMO AGGIORNAMENTO: 3 Marzo 2023

Il Governo Meloni compie 100 giorni. Per tutto quanto detto in 10 anni e passa all’opposizione di Giorgia, dovevano essere 100 giorni che sconvolsero l’Italia. Giusto per citare un saggio del giornalista americano John Reed. Ed invece, sono stati i classici 100 giorni da pecora. E neppure nera

Avremmo anche gradito 50 giorni da orsacchiotto, sempre in tema di citazioni e parafrasi (questa volta del grande Massimo Troisi).

Infatti, a parte i nomi impregnati di patriottismo dei ministeri, la modifica del Reddito di cittadinanza a danno dei poveri e qualche buona nuova riguardo la gestione del Covid-19, non è arrivato molto altro.

Governo Meloni cosa ha fatto

Affaritaliani ci offre un’adeguata panoramica. Sulla sicurezza per ora non è stato fatto nulla. Reati e crimini di ogni tipo sono come prima e più di prima.

Il tema immigrazione, anche esso cavallo di battaglia della Meloni, non è arrivato alcun blocco navale, né la chiusura dei porti già attuata in passato da Salvini. Anzi, i clandestini sono giunti pure al Centro-Nord. Per la gioia dei leghisti.

Sulla guerra in Ucraina totale allineamento agli Usa, sulla linea tracciata da Mario Draghi. Ma almeno questo è in linea con quanto detto durante la campagna elettorale. In politica estera, in generale, contiamo ancora meno di zero. Altro che sovranismo ed amor patrio, con cui la destra si riempie la bocca.

Sulle bollette intervento modesto e molto parziale. Le accise sulla benzina non sono state soppresse, malgrado le promesse pre-elettorali con tanto di siparietto in una pompa della stessa Meloni.

Sul taglio delle tasse dovrebbe arrivare qualcosa ma soprattutto per i liberi professionisti che guadagnano di più (flat tax al 15%).

Sulle pensioni la soluzione per evitare il ritorno alla Legge Fornero è stata Quota 103. Alquanto distante dalla promessa Quota 41.

Sul Pnrr il caos regna sovrano, rischio ritardi e perdita di soldi Ue con il governo e il draghiano ministro Giancarlo Giorgetti impegnati costantemente a non far arrabbiare Bruxelles.

Sulla riforma della giustizia dovrebbe arrivare una stretta sulle intercettazioni e la separazione delle carriere dei magistrati. Ma non c’è unità tra gli alleati (ne ho parlato qui).

Sulle prime nomine pubbliche il governo ha scelto la linea moderata della conservazione, per non far arrabbiare Quirinale e poteri forti.

Sull’assegno unico continua la vergognosa discriminazione nei confronti di vedove e vedovi.

La partenza delle grandi opere resta ancora un miraggio.

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