Governo Conte Bis, gli 8 casi più assurdi tra i nuovi Ministri

Il Governo Conte Bis è ufficialmente nato. Ieri mattina i 21 Ministri hanno giurato dinanzi ad un raggiante Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il quale non vedeva l’ora di rivedere al Governo il suo Partito democratico.

Certo, l’accelerata affinché ciò avvenisse l’ha data Matteo Salvini, il quale l’8 agosto ha deciso di chiudere l’esperienza di Governo col M5S (ho scritto i reali motivi qui). Con quest’ultimo che ha eseguito una giravolta degna di una Medaglia d’oro, passando da una alleanza con la Lega ad una col centrosinistra. Dato che, oltre al Partito democratico, si aggiunge pure Liberi e Uguali.

Pd che rientra al Governo dunque dalla finestra, in nome di quel vizietto che lo contraddistingue fin dall’inizio della Seconda Repubblica (del quale ho invece parlato qui). E lo fa pure prepotentemente, visto che riesce ad accaparrarsi 10 Ministri su 21 (10 sono andati ai Cinquestelle e uno a Leu).

Certo, si dirà che i Pentastellati abbiano piazzato come Premier un proprio uomo, l’avvocato Giuseppe Conte. Il quale però nega di essere vicino al Movimento, malgrado ci siano dei video che lo ritraggono in più occasioni con loro. Nel corso di una campagna elettorale e in una sezione ad esultare per il risultato ottenuto nel 2018.

Conte passa dunque dall’essere un avvocato del popolo (come si era auto-proclamato nel giorno dell’insediamento, scaldando i cuori e le speranze di molti) al diventare avvocato della Merkel. Alias Banche e Borse. Con queste ultime che già hanno dato segnali di gioia.

Del resto, il patto Pd-M5S trova le sue origini nel voto comune per Ursula Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea eletta dal novembre 2019. Tedesca di spicco del partito della Merkel, non proprio brillante nella sua carriera (un ritratto l’ho scritto qui). Mentre per David Sassoli del Pd, i Cinquestelle hanno lasciato una democristiana “libertà di coscienza”.

Insomma, il Governo Conte Bis è ufficialmente partito. E tutto lascia presagire che sotto la benedizione di San Benedetto (protettore dell’Europa) e di Donald Trump – col mezzo che gli è più congeniale, un tweet – nonché di Grillo e Renzi ed infine di giornali fin’ora avversi a parti invertite come Il Fatto quotidiano e LaRepubblica durerà tutti i restanti quasi 4 anni.

Di seguito vediamo però i casi più interessanti tra i 21 Ministri. Dopo i quali non saprete se ridere o [sta_anchor id=”conte”]piangere[/sta_anchor].

Luciana Lamorgese, al Ministero degli interni una anti-Salvini

luciana lamorgese

Non posso non partire dal Ministero degli interni, dove il voltafaccia dei Cinquestelle diventa palese. Come riporta Il Giornale, non ha precedenti esperienze politiche, ma soprattutto non ha account social e non si presta facilmente ad interviste: da qui dunque la curiosità di sapere chi è Luciana Lamorgese, la donna chiamata a succedere al Viminale al segretario leghista Matteo Salvini.

È l’unico tecnico della squadra proposta a Sergio Mattarella dal premier Giuseppe Conte, al giuramento dei nuovi ministri al Quirinale è forse l’unico volto realmente sconosciuto al grande pubblico. Lamorgese del resto opera da una vita all’interno degli uffici, con diversi incarichi tra Viminale e la prefettura di Varese. È lei, avvocato di Potenza madre di due figli, adesso a dover sedere nell’ufficio più importante del ministero dell’Interno.

Proprio perché sconosciuta, in primo luogo ci si chiede che tipo di politiche potrebbe applicare e come potrebbe approcciarsi alle tematiche chiamata ad affrontare. A partire dall’immigrazione, l’argomento forse più sentito tra i cittadini e di sicuro quello più importante affrontato dai suoi due predecessori, Minniti prima e Salvini dopo. Un argomento che lei conosce bene, essendo stata al Viminale proprio al fianco sia di Alfano che di Minniti, prima di essere nominata prefetto di Milano. Ed è questa, fino al giuramento al Quirinale, la sua esperienza più importante.

Rimane all’interno della prefettura del capoluogo lombardo per il biennio 2017 – 2018, sembra agire su più fronti in modo “diplomatico”. Ad esempio è lei ad autorizzare il blitz della polizia attorno la stazione centrale di Milano nel 2017, con il quale vengono identificati diversi migranti irregolari e con il quale per la prima volta si crea un attento monitoraggio della situazione in una delle zone più delicate della città. Un’operazione che però scatena le ire del sindaco Beppe Sala e lei, dicono voci di corridoio, per evitare di farsi nemico il primo cittadino allora vieta qualsiasi contro manifestazione al gay pride.

Diplomazia e monitoraggio, queste le due parole d’ordine del suo operato, tanto che, come si legge su La Verità, il neo ministro dell’interno si guadagna il soprannome di “Lady Monitoraggio”. Qualche screzio con Sala, condito da qualche riavvicinamento, al tempo stesso però non mancano screzi anche con la Lega.

Questo perché quando è prefetto di Milano è lei a lanciare l’esperimento della cosiddetta “accoglienza diffusa”, un tipo di accoglienza cioè che viene svolta non in grossi centri d’accoglienza all’interno di grandi città, ma distribuita in piccoli centri in tutta la provincia. Un esperimento però bocciato da molti primi cittadini, molti dei quali del Carroccio.

Ad essere diffusa, prima ancora dell’accoglienza, è la sensazione di malcontento. Tanto è vero che la stessa Lega ne chiede le dimissioni. A fine 2018 la Lamorgese torna a Roma al Consiglio di Stato, ultima esperienza prima di essere nominata titolare del dicastero più importante per quanto riguarda la sicurezza.

Lamorgese ha un’eredità pesante da gestire, visto che chi occupa il posto prima di lei è per 14 mesi la personalità di governo più in vista sotto il profilo mediatico. Le attenzioni sull’ex prefetto di Milano saranno massime, specie per l’appunto sull’immigrazione. Farà un cambio di rotta, come auspicato dal Pd? Farà entrare senza problemi le navi delle Ong a differenza di Salvini?

Al momento è difficile rispondere. Andando a vedere le sue precedenti esperienze forse, anche in questo caso, proverà in primo luogo a non farsi nemici né in un campo e né in un altro e, in ossequio al suo soprannome, a “monitorare” la situazione.

Nuovi Ministri: Roberto Gualtieri, un europeista Doc al Ministero dell’Economia

Roberto Gualtieri

E qui siamo al secondo voltafaccia del M5S. Al Ministero dell’Economia ci va un europeista super-convinto. Dunque addio al contrasto alle politiche economiche dell’Ue, tanto decantate dai grillini.

Come riporta I Nuovi Vespri, a rivista americana “Politico” lo ha definito “uno deputati più influenti del parlamento europeo”. Ha presieduto il numero record di 157 negoziazioni inter-istituzionali tra Commissione, Parlamento e Consiglio per definire le norme europee.

Il prof. di storia Roberto Gualtieri, nuovo Ministro dell’Economia italiano, è tra i più stimati e potenti parlamentari europei. È stato relatore per la modifica dell’articolo 136 del Trattato di Lisbona che istituisce il MES, fondo per il quale l’Italia ha versato 50 miliardi e ne dovrà versare altri 75.

Il funzionamento del MES è semplice: per mantenere stabile l’euro nel caso in cui dovessimo trovarci in grave crisi, l’UE ci aiuterebbe prestandoci soldi presenti in quel fondo, in cambio di qualche privatizzazione.

Nel 2011 è stato, insieme a Guy Verhofstad, membro della squadra che aveva il compito di convincere i governi europei ad accettare il “Fiscal Compact”, quella regola che ci obbliga a politiche fiscali restrittive anche in caso di ciclo economico avverso, condannandoci alla crisi permanente. La più grande tragedia della moderna politica economica secondo i premi Nobel per l’economia Krugman e Stiglitz.

Infine ha presieduto il Financial Assistance Working Group, finalizzato a monitorare che la Grecia facesse bene le riforme di tagli alla spesa e cessione del patrimonio in cambio degli aiuti europei.

Con un curriculum così non poteva che diventare Ministro dell’Economia.

Di Maio, dai fallimenti come Ministro del lavoro agli Esteri

decreto dignità

Luigi Di Maio diventa Ministro degli esteri. Ma come, non era colui che aveva lavorato così bene da diventare intoccabile? E invece no, come i bambini che minacciano di portare via il pallone se non giocano, si piazza addirittura in uno dei Ministeri più prestigiosi. Per sua natura, quello più in vista nel Mondo. Ma con quale titolo? Con quale curriculum? Uno che peraltro sbaglia pure a parlare l’italiano.

Nella sua lettera di saluto agli ambasciatori, balza agli occhi un passaggio su tutti:

“L’Africa in particolare non può essere più vista solo come motivo di preoccupazione, bensì come opportunità per individuare nuovi partner strategici attraverso i quali incrementare lo sviluppo e la crescita del nostro Paese”.

Eppure, il M5S ha avallato fino a ieri la politica dei porti chiusi di Salvini. Di Maio lascia comunque un Ministero dello sviluppo con alle spalle i tanti fallimenti nelle vertenze sindacali (la lunga lista qui).

Paola De Micheli, nuovo Ministro delle Infrastrutture favorevole al Tv

Paola De Micheli

Altra giravolta del M5S è stata fatta alle Infrastrutture. Dove, non solo perde il Ministero – non c’è più l’imbarazzante Toninelli – ma ci piazza pure una donna favorevole al Tav: Paola De Micheli.

Ma a parte ciò, la De Micheli è stata sempre capace di sedersi al posto giusto nel Partito democratico. Come riporta Il giornale, nel Pd ha attraversato tutte le stagioni politiche, ricoprendo spesso ruoli di primo piano. È stata bersaniana, lettiana, poi ha accettato un posto nel governo Renzi e non si è tirata indietro neppure con Gentiloni. Fino ad approdare a Zingaretti e al governo Conte.

La sua militanza inizia nella Dc, poi entra nei Popolari, la Margherita e infine il Pd. A Piacenza è assessore alle Risorse Umane dal 2007 al 2010. Si impone sulla scena nazionale grazie alla segreteria di Bersani, che la vuole come responsabile nazionale delle Piccole e Medie Imprese nel dipartimento Economia dei dem. Nel 2008 viene eletta per la prima volta in Parlamento.

Rieletta nel 2013, diventa vice capogruppo a Montecitorio. Durante le primarie del 2013 si schiera con Cuperlo, sfidando Renzi. La De Micheli arriva addirittura ad accusare l’ex sindaco di Firenze pubblicamente di aver boicottato l’elezione di Romano Prodi a Presidente della Repubblica.

Durante la direzione del Pd in cui, di fatto, l’ex sindaco di Firenze ha “cacciato” il premier Letta, la De Micheli piange. All’ex premier è legata, visto che è stata anche membro del consiglio direttivo di TrecentoSessanta, l’associazione fondata nel 2007 da Letta. Poi però poco tempo dopo decide di accettare un ruolo da sottosegretario all’Economia nel governo Renzi.

“Io sono una donna di fiume che costruisce ponti, sono una pontiera – disse – Lo sanno tutti che sono un’esponente della minoranza dem e da parte di Renzi, come anche da parte nostra, c’è la volontà di unità”.

Ma ad alcuni sembrò comunque strano il passaggio dalle lacrime al ruolo di governo.

Finita l’era Renzi, alla De Micheli non crolla il terreno sotto i piedi. Il nuovo premier Gentiloni la nomina per la successione a Vasco Errani quale commissario straordinario alla ricostruzione delle aree colpite dal terremoto del Centro Italia del 2016.

L’ultimo passaggio del cursus honorum arriva il 17 aprile del 2019, quando Nicola Zingaretti la nomina vicesegretario nazionale del Pd insieme a Andrea Orlando. La rampa di lancio per entrare nel Conte Bis.

Nunzia Catalfo, al Ministero del Lavoro ci va una anti-euro e a favore del reddito di cittadinanza

Nunzia Catalfo

Avallando il suo nome, il Partito democratico forse non conosce bene le sue opinioni. Come riporta Libero, Nunzia Catalfo, grillina, madrina del reddito di cittadinanza è il nuovo ministro del Lavoro. Prende quindi il posto di Luigi Di Maio un’altra pentastellata. La Catalfo, di Catania, classe ’67, è stata la prima firmataria della proposta di legge sul reddito di cittadinanza nel 2013 e sul salario minimo nella scorsa legislatura.

Per quasi 30 anni si è occupata di formazione, dispersione scolastica e aiuto all’inserimento in collaborazione con i centri per l’impiego e i servizi per l’impiego in generale. Dal 2008 è attivista del Movimento 5 Stelle

“per portare avanti una nuova visione del mercato del lavoro più aderente alle esigenze di imprese e cittadini”

come si legge nel suo profilo sul blog delle stelle.

Senatrice dal 2013, a gennaio scorso scriveva:

“Per quasi 6 anni mi sono battuta in prima persona per il reddito. Oggi insieme a tutto il Movimento 5 Stelle vinciamo questa battaglia, introducendo una misura che dà dignità alle famiglie italiane e che investe sul lavoro, sulle politiche attive e sulla formazione. Il Decreto approvato dal Consiglio dei ministri ricalca quanto di buono ho inserito nel disegno di legge depositato in Senato nel 2013 a mia prima firma, dando inoltre il via al ricambio generazionale”.

Dunque, proprio quel reddito di cittadinanza che fino a ieri il Pd indicava come causa principale della stagnazione economica. Ma non finisce qui.

Catalfo, ricorda sempre Libero, sosteneva che

“uscire dall’euro si può, nonostante questi gufetti disinformati dicano il contrario”

e rivendicava la sua visione anti-europea. La grillina, in vari post, metteva in fila tutta una serie di “paure infondate” sull’uscita dell’Italia dalla moneta unica. Secondo il ministro che ha preso il posto di Di Maio al dicastero del Lavoro l’Italiexit gli italiani avrebbero beneficiato di un tasso dei mutui invariato. Non solo.

“Un po’ di inflazione è necessaria per far girare l’economia”

diceva la Catalfo sicura del fatto che con il ritorno alla Lira

“questo non succederà perché i prodotti italiani diventeranno più competitivi rispetto agli esteri”.

Chissà cosa penserebbe Ursula von der Leyen, il principale sponsor del governo giallorosso, se venisse a sapere che un membro del Conte-bis aveva idee più oltranziste del tanto criticato Paolo Savona?

Lorenzo Fioramonti, il Ministro dell’istruzione che vuole tassare bibite gassate e merendine

Lorenzo Fioramonti

Tasse di scopo: è questa la ricetta proposta dal neo ministro della Scuola Lorenzo Fioramonti.

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera conferma la necessità di

“tassare bibite gasate, merendine e voli aerei che inquinano. L’idea è: faccio un’attività che inquina (volare), ho un sistema di alimentazione sbagliato? Metto una piccola tassa e con questa finanzio attività utili, la scuola e stili di vita sani”.

L’impegno preso è quello di far ripartire il decreto Salvaprecari al primo Consiglio dei Ministri, cercando così di abilitare 55 mila supplenti di terza fascia e offrire un concorso straordinario a 24 mila:

“Troveremo un modo per tenere insieme i diritti di chi lavora da una vita in classe con la qualità dell’insegnamento e il merito. Quel decreto deve andare in porto al più presto”.

Al secondo CdM ha annunciato che chiederà invece di abrogare la legge che chiede le impronte digitali per i presidi agli ingressi degli Istituti.

Durissima la presa di posizione relativamente agli investimenti:

“Ci vogliono subito, nella legge di Bilancio: due miliardi per la scuola e uno almeno per l’università. Lo dico da ora: se non ci saranno, mi dimetto”.

E ribadisce il diktat del miliardo per l’università:

“Questa promessa vale anche da ministro: un miliardo per l’università entro Natale o mi dimetto”.

Vedremo se manterrà la parola. Essendo del M5S qualche dubbio viene.

Fioramonti ha poi messo in evidenza le problematiche principali:

“L’insicurezza di troppi edifici, la carta igienica portata da casa, il costo dei libri. E le classi pollaio. In Italia si arriva a trenta alunni in aula, in Germania mai oltre ventuno”.

Al grillino viene obiettato di mandare i suoi due figli a scuola a Berlino:

“Ho una moglie tedesca con genitori anziani e malati, è stata la scelta più logica. Credo nella scuola italiana, i suoi studenti sono ancora molto capaci e i suoi docenti eroi civili. Tutti i giorni sono chiamati a occuparsi di un sistema di una complessità intimorente. A volte non hanno la struttura adatta, sicuramente sono sottopagati. Maestri e professori devono tornare a essere persone riverite”.

Dal punto di vista sociale si tratta di un sistema

“inutilmente competitivo. La scuola italiana è troppo competitiva. I ragazzi italiani stanno perdendo l’idea dello studio collettivo, la condivisione. A una didattica nuova, con più lingue e la storia non vista solo come una successione di guerre, arriveremo nel tempo, quando avremo risolto i problemi stratificati”.

Paola Pisano, la Ministra per l’Innovazione che festeggiava con i droni

Paola Pisano

Come riporta Libero, l’idea è originale: istituire un ministero (seppur senza portafoglio) per l’Innovazione. Così come la persona scelta per dargli sostanza: Paola Pisano, 42enne docente di gestione dell’ Innovazione all’Università, e assessora (ormai ex) che a Torino svolgeva lo stesso compito per Chiara Appendino.

Poi però vai a vedere è scopri che Paola, pare sia molto stimata dai vertici del Movimento, non è proprio un esempio di coerenza. Tanto che solo qualche settimana fa aveva rifiutato le avance di Di Maio che la voleva capolista alle Europee. Motivi?

Ma come…neanche a dirlo, doveva terminare il suo lavoro sotto la Mole. Salvo poi ripensarci quando l’offerta è diventata molto più allettante e soprattutto non prevedeva la battaglia elettorale: entrare nel neonato governo giallorosso. Si dirà, però nel suo campo ci sa fare. Insomma. Pare che a Torino la ricordino più per i droni di San Giovanni, si festeggia con gli aerei senza pilota al posto dei fuochi d’artificio, che per altro.

Nuovi Ministri: Vincenzo Amendola, al ministero per gli Affari Europei arriva colui che a Napoli ha fatto sparire il Pd

nuovi ministri vincenzo amendola

Dopo aver governato per 18 anni consecutivi, il Pd a Napoli è sparito. Non si ricorda il nome di un solo dirigente. I voti ormai sono concentrati soprattutto nelle zone “bene” della città. Come del resto avviene in tante altre grandi città, dove il Partito democratico ha perso il contatto con le periferie.

Tra gli autori di questo crollo ci troviamo Vincenzo Amendola, segretario dei Dem per la Campania tra il 2009 e il 2014. Proprio nel periodo in cui i democratici incassavano le peggiori sconfitte. Alle regionali del 2010 e alle comunali del 2011.

Eppure, Enzo Amendola la sua bella carriera l’ha proseguita. Arrivando a 46 anni a diventare adesso ministero per gli Affari Europei. La sua carriera la ripercorre l’Ansa.

Scelto nel giugno scorso come responsabile Esteri del Pd dal segretario Nicola Zingaretti, aveva già ricoperto lo stesso ruolo nella segreteria Renzi ed era stato sottosegretario agli Esteri quando alla guida della Farnesina c’era Angelino Alfano e poi ancora Paolo Gentiloni. Oltre alla delega per gli Italiani nel Mondo, Amendola ha avuto la competenza per le relazioni bilaterali con i Paesi dell’Europa, del Nordafrica, Medio Oriente e Corno d’Africa. Ha inoltre curato i rapporti con le Nazioni Unite.

Nel 2013 è stato eletto deputato in Campania ed è poi stato nominato capogruppo Pd in Commissione Esteri e membro della delegazione parlamentare dell’assemblea Osce. Ad Amendola sono state affidate missioni assai delicate. E’ stato il primo membro del governo ad andare in Egitto un anno e mezzo dopo la morte di Giulio Regeni a seguito del ritorno dell’ambasciatore italiano al Cairo.

Ed è stato lo stesso Amendola a presentare a Vienna all’Assemblea Parlamentare dell’Osce le priorità della presidenza italiana per il 2018, ricordando le parole chiave “Dialogo, Ownership, Responsabilità, ingredienti basilari per rilanciare lo spirito di Helsinki, nella convinzione che il dialogo e l’impegno responsabile di tutti siano fondamentali per la nostra sicurezza”.

Amendola ha dedicato la sua investitura al Sindaco di Pollica-Acciaroli Angelo Vassallo, ucciso il 5 settembre 2010 da una mano ancora ignota. Sebbene il Pd di cui faceva parte lo aveva lasciato solo (come accusò il figlio Antonio nel 2012).

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