Gli attentati in Libano devono far riflettere sui pericoli dell’Internet of things

Gli attentati in Libano devono far riflettere sui pericoli dell’Internet of things

Prima i Cercapersone, poi i walkie talkie, gli smartphone e i pannelli solari. Il terrorismo 2.0 è qui ed è a opera di Israele, che segna così il passaggio verso un nuovo tipo di terrorismo, tecnologico. Ovvero, capace di far detonare a distanza strumenti tecnologici, anche simultaneamente.

E in una era iperconnessa come quella in cui viviamo, dove ciascuno di noi ha sempre con sé il telefono, è un serio problema. Reso ancora più inquietante dal fatto che in casa abbiamo sempre più elettrodomestici e apparecchi smart. Ovvero, connessi a internet e comunicanti tra loro. La cosiddetta smart home, che in Italia ha già mietuto la prima vittima (come raccontato qui).

Ma si parla anche di Internet of things, che va anche oltre il concetto di smart home, perché si riferisce a un ecosistema dove anche gli esseri viventi sono connessi: le piante, gli animali, perfino gli esseri umani tramite dispositivi impiantati nell’orgamismo. Oltre agli abiti, le automobili, lo spazzolino, l’orologio, gli occhiali e tutto quanto è possibile connettere a internet.

E non si tratta solo di mere esplosioni. Non dimentichiamoci che i nostri interruttori pure sono smart e gestibili a distanza. Basta un click per staccarci la luce e, in futuro anche gas e acqua domestica.

E se è vero che non viviamo in Medioriente e non siamo libanesi, iraniani, israeliani o palestinesi, in futuro, in questo mondo che scivola verso la guerra totale, non saremo per sempre esclusi.

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Pubblicato da Carlo Brigante

Mi definisco un "ribelle" del web

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