Storie di spionaggio che credevamo finite sotto le macerie del muro di Berlino. Tornate invece in auge da qualche tempo per i nuovi rapporti tesi tra Usa e Russia. La cui escalation è iniziata il 24 febbraio dello scorso anno, data, come ormai tutti sappiamo, dell’invasione russa in Ucraina.
A sua volta, come spesso scritto su queste pagine, conseguenza di una graduale infiltrazione degli americani nel paese ucraino. Grimaldello ideale per penetrare poi in Russia.
Infatti, il giornalista del quotidiano americano The Wall Street Journal (WSJ) Evan Gershkovich è stato arrestato su ordine del tribunale di Mosca (sito nel quartiere Lefortovsky della capitale russa). Dietro richiesta del Servizio di sicurezza federale (FSB) della Federazione Russa.
Il giornalista americano ha per ora subito un fermo di due mesi, ed era trattenuto in stato di fermo nella città russa di Ekaterinburg, in attesa di una prima sentenza. L’accusa nei suoi confronti è comunque grave.
Perché il giornalista del Wall Street Journal è stato arrestato in Russia
Come riporta Izvestija, l’accusa nei suoi confronti è grave. Gershkovich lavorava per la redazione russa del WSJ ma è stato colto in fragrante mentre, spiega la FSB, stava raccogliendo informazioni che costituivano un segreto di stato sulle attività di una delle imprese del complesso militare-industriale della Russia. Il che in tempi di guerra, assume una gravità ancora più elevata.
I redattori del giornale hanno espresso “profonda preoccupazione” per la sua detenzione.
Come ha commentato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, l’arresto di Gershkovich non riguarda un sospetto, dal momento che il giornalista è stato colto in flagrante. Ha anche osservato che questo problema è una prerogativa dell’FSB.
Allo stesso tempo, l’addetto stampa del presidente della Federazione Russa ha respinto l’accusa secondo cui la detenzione di Gershkovich era la risposta di Mosca all’accusa di spionaggio del russo Sergei Cherkasov. Mossa contro di lui dalle autorità statunitensi la scorsa settimana.
L’arresto di un giornalista non è mai una buona notizia per la libera informazione, sebbene ogni paese tende a difendersi – in un modo o nell’altro – contro il disvelamento di informazioni che costituiscono un segreto di Stato. Anche quando il giornalista è un connazionale e non uno straniero in odore di spionaggio. E noi in Italia ne sappiamo qualcosa.
Non dimentichiamoci poi quanto fanno gli altri paesi anti-russi, in primis gli Usa, che vogliono la testa di Assange dopo che il suo Wikileaks aveva portato alla luce lo spionaggio degli americani nei confronti degli altri statisti.