GIGANTI SENZ’ACQUA
Vivo a Casoria, Comune a Nord di Napoli, che vanta circa 80 mila abitanti, con una discreta presenza di palazzi alti fino a 6-8 piani, oltre ovviamente a villette o edifici ad uso familiare di massimo 2 piani. Fin qui tutto sembra essere un vanto, almeno fin quando in uno dei palazzi alti di cui sopra si guasta l’autoclave, e ci si accorge che senza di esso l’acqua dai rubinetti, quella che paghiamo con ingenti tasse, non arriva ai piani alti, arrivando in quantitativo modesto fino al terzo piano al massimo. Senza poi parlare della non certa potabilità della stessa.
E’ ciò che mi è successo qualche giorno fa, fortunatamente per una sola giornata grazie all’intervento dei tecnici nel pomeriggio, tamponando il disagio grazie alla scrupolosa scorta di taniche e bottiglie d’acqua; già perché i miei genitori, i quali mi raccontano che il fenomeno in passato era frequente, continuano a conservare scorte d’acqua per queste eventualità. Nel 2009.
La domanda che mi sorge allora è questa: perché si creano Comuni ad alta densità abitativa, con palazzi di varie dimensioni che si accavallano tra loro, senza poi essere in grado di servire, tramite rete idrica, l’acqua ai piani più alti? Costringendo i condomini a munirsi di un autoclave centrale, o un autoclave più piccolo per ogni famiglia? Ma siamo sempre alla solita risposta: forse perché conveniva all’assessore di turno, all’ingegnere firmatario del progetto e al proprietario di un appezzamento di terra con un futuro pagamento di un condono; il tutto in barba ai piani regolatori. Ed ecco le enormi colate di cemento, soprattutto degli anni ’50 e ’70 (fenomeno diffuso in tutta Italia col nome di “boom edilizio”), che ci hanno lasciato in eredità comuni senza spazi verdi, sovraffollati, sovratrafficati, e senza la capacità di poter fornire a tutti l’acqua tramite rubinetti, se non con l’ausilio di uno strumento aggiuntivo quale appunto un autoclave.