Ripercorriamo la storia di Luisa Ferida e Osvaldo Valenti, due attori uccisi dai partigiani ingiustamente.
Luisa Ferida e Osvaldo Valenti furono uccisi da un plotone di esecuzione dei partigiani il 30 aprile 1945 in via Poliziano, Ippodromo di San Siro, Milano. L’accura era di collaborazionismo con i nazifascisti. Tra coloro che promossero la loro fine, anche il futuro e tanto decantato Presidente della Repubblica, Sandro Pertini.
Parliamo di due attori molto in voga durante il periodo fascista, due stelle del cinema uccise senza pietà da coloro che si proponevano come liberatori. Il plotone di esecuzione era comandato da Giuseppe Marozin, detto Vero, capo della Brigata partigiana Pasubio.
Luisa Ferida, 31enne, stringeva in una mano una scarpina azzurra, che aveva acquistato per il figlio Kim, morto poco dopo la sua nascita, destinata insieme all’altra, al futuro bambino che portava in grembo. Le vittime saranno dunque in totale tre.
Ripercorriamo la storia di Luisa Ferida e Osvaldo Valenti.
La storia di Luisa Ferida e Osvaldo Valenti
Come riporta Il Giornale, l’accusa è come detto quella di collaborazionismo. In particolare, i due attori erano accusati di aver torturato alcuni partigiani a Villa Triste, sede milanese della famosa banda Koch. Tuttavia, non fu mai trovata alcuna prova concreta sull’implicazione dei due attori. Ma siamo in una fase concitata della storia del nostro paese, fatta di processi sommari e vendette. Dove bastava un sospetto per spegnere una vita.
Inoltre, pare che tutto sia nato da un equivoco perché la soubrette Daisy Marchi, amante di Koch, si spacciava con i detenuti per la celebre Ferida. Valenti, diventato nel ’44 tenente della Xa Flottiglia MAS, sa di essere innocente. Per questo motivo si era consegnato ai partigiani insieme alla sua Luisa qualche giorno prima sperando di salvarsi, confidando nella sua famosa arte oratoria. Era infatti capace di parlare 6 lingue.
Il ruolo di Sandro Pertini
Il 21 aprile, Vero incontra Pertini che ordina
fucilali; e non perdere tempo. Questo è un ordine tassativo del CLN. Vedi di ricordartene
In una cascina di Baggio subiscono un processo sommario. Luisa Ferida non avrà neppure diritto di udienza dinanzi a quella corte improvvisata e con il sangue agli occhi.
La coppia di artisti viene così fatta salire sul camion che li accompagna al luogo dell’esecuzione. Marozin poi ammetterà sulla Ferida:
Non aveva fatto niente ma la rivoluzione travolge tutti
Anzi, Marozin andò oltre, puntando il dito, in sede processuale, proprio contro Sandro Pertini.
Quel giorno Pertini mi telefonò tre volte dicendomi: Fucilali, e non perdere tempo!
Addirittura, pare che Pertini si fosse rifiutato di leggere il memoriale difensivo che Valenti aveva preparato durante la prigionia, documento che avrebbe potuto scagionare i due. Il leader socialista e futuro Capo dello Stato non ha mai smentito quei fatti. E, si sa, la storia la scrivono i vincitori. Tanto che oggi questa storia non la conosce quasi nessuno e dell’ex partigiano si ricordano affettuosamente immagini come la partita a carte con gli azzurri campioni del mondo ’82 o vicino al pozzo dove cadde Alfredino Rampi.
La Corte d’Appello di Milano sentenziò che la Ferida e Valenti non furono giustiziati, bensì assassinati. Scagionando di fatto anche l’attore. Non solo: i corpi esanimi dei due saranno anche dissacrati rispettivamente con queste scritte:
I partigiani della Pasubio hanno giustiziato Osvaldo Valenti
Giustiziata perché collaboratrice del seviziatore Osvaldo Valenti
Infine, i partigiani comunisti si spingono anche oltre, svaligiando la casa degli attori, i quali se la passavano anche piuttosto bene.
Chi erano Luisa Ferida e Osvaldo Valenti
Luisa Ferida era il nome d’arte di Luigia Manfrini Farnè. Nacque il 18 marzo 1914 a Castel San Pietro Terme. Il nome d’arte Ferida viene ispirato da uno stemma della casa paterna che raffigurava una mano trafitta, in fondo anche premonitrice della sua morte.
Le origini della Ferida sono piuttosto facoltose, essendo il padre un possidente romagnolo. Come spesso accadeva alle donne che nascevano in famiglie benestanti, viene mandata a studiare in un collegio di suore. Tuttavia, il suo carattere ribelle la porterà a fuggire a Milano, anche per inseguire il sogno di fare l’attrice. Cosa che realizzerà piuttosto presto, aiutata anche dalla bellezza.
E così, recita a teatro con Paola Borboni e Ruggero Ruggeri. Siamo negli anni ruggenti del Fascismo, che spinge molto sullo sviluppo del Cinema, anche e soprattutto, per fini propagandistici. E così, nel 1935 Piero Ballerini e Corrado D’Errico le affidano una parte per La freccia d’oro, grazie alla protezione del produttore Francesco Salvi, suo amante di 14 anni più vecchio, proprietario della Diorama.
La Ferida lavora anche al fianco dei grandi, sebbene ai loro inizi. Si pensi ad Amedeo Nazzari o Totò.
Tuttavia, è con il film Un’avventura di Salvator Rosa (1939), diretto da Blasetti, che raggiunge la massima popolarità, ottenendo anche una recensione entusiasta da parte di Ennio Flaiano. Del resto, il suo modo di recitare la distingue dallo standard attoriale femminile dell’epoca. Recita senza forzature enfatiche, bensì, in modo naturale, asciutto, grintoso.
Ed è proprio sul set di questo film che conosce e si innamora di Osvaldo Valenti, di otto anni più grande di lei, con due matrimoni alle spalle, figlio di un barone siciliano e di un’aristocratica greca. Lei, ad onor del vero, in un primo momento mette gli occhi sul regista Blasetti, costretto, fin dal primo giorno sul set, a sfuggire gli sguardi provocanti dell’attrice. Non solo, chiede proprio a Valenti di dissuaderla e gli riesce così bene da farla innamorare di lui.
Nasce così una coppia sia sul set che sulla vita privata. Il loro sodalizio artistico li vedrà protagonisti anche in La corona di ferro, La cena delle beffe, La bella addormentata, I cavalieri del deserto, Orizzonte di sangue.
La loro vita mondana, lussuosa e lussuriosa, fatta di festini nei quali girano anche droga e alcol, attira su di essi malelingue e gossip. Ma non solo: li porta anche sul lastrico.
Saranno forse queste ristrettezze economiche a convincere Osvaldo Valenti ad aderire alla Repubblica Sociale. Fino ad allora, si era tenuto lontano dall’adesione fascista, anzi, pare che durante le feste che tenevano in casa, egli si dilettasse a fare imitazioni dei gerarchi. Magari ispirato anche da quanto fece Chaplin con Hitler ne Il grande dittatore.
Nel 1944, si recano a Venezia per lavorare al Cinevillaggio, centro cinematografico della Repubblica Sociale Italiana. Una sorta di replica di Cinecittà, fondata dal Fascismo pochi anni prima. Cosa che gli attori sinistroidi per convenienza finiranno per dimenticare quando nascerà la Repubblica.
Gireranno così Un fatto di cronaca (1944), film diretto da Piero Ballerini, il loro ultimo lungometraggio, prima che Pertini e co. decidessero un futuro diverso per loro.
Conoscevi la storia di Luisa Ferida e Osvaldo Valenti? In un altro articolo, abbiamo parlato di Giuseppina Ghersi, bambina uccisa dai partigiani per una lettera.
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