Euro digitale in arrivo: perché è una brutta notizia per i cittadini

Euro digitale in arrivo: perché è una brutta notizia per i cittadini

Il prossimo ottobre 2025 dovrebbe partire l’Euro digitale. Un progetto di cui si parla dal 2020, nato per fare concorrenza ad altre criptovalute estere. In primis lo Yuan digitale cinese, ma anche il Libra di Meta, il Rublo digitale russo e il Tether, la criptovaluta che vale 1:1 con il dollaro.

Peccato che i primi due token non siano mai sostanzialmente partiti, mentre il Rublo digitale è ancora in fase di lancio. Unica certezza il Tether (USDT), ma che di fatto non è una moneta di governo e non scalda i cuori degli investitori.

Certo, la notizia potrebbe eccitare gli amanti del denaro digitale e della tecnologia tout court. Tuttavia, come spiegheremo di seguito, si tratta del solito modo per danneggiare i cittadini, che saranno ulteriormente controllati, con i governi nazionali sempre più messi alla porta.

Un passo ulteriore dopo la nascita dell’Euro, “grazie” al quale si sono realizzate già tutte queste cose. Vediamo come funziona l’Euro digitale e quali sono i rischi per i risparmiatori.

Come funziona l’Euro digitale?

Come riporta Maurizio Blondet, che riprende un tweet di Gianluca Grossi, l’euro digitale sarà un euro “tokenizzato”, che girerà solo sulle piattaforme ufficiali della BCE,

I principali promotori sono Fabio Panetta (ex BCE, ora a capo di Bankitalia) e Piero Cipollone (ora in BCE). Un progetto che ha generato qualche scetticismo da parte del Governo Meloni, visto che la destra italiana tende a promuovere il contante, quello che si vede e si tocca. Mentre il Pd è già galvanizzato dalla notizia e, come ha dimostrato quando è al governo, ridurrebbe al minimo la possibilità di usare il contante. Passato com’è da tempo da “falce e martello” a “banca e sportello“.

Tuttavia, sappiamo quanto i governi nazionali contino ormai poco e debbano fare semplicemente da notai di decisioni calate dall’alto. E se si oppongono, fanno una brutta fine. Si pensi al Governo Berlusconi nel 2011, silurato a colpi di Spread.

Euro digitale: quali rischi per cittadini e risparmiatori?

Le banche inizialmente e non erano molto d’accordo, dato che sarebbero tagliate fuori dal mondo dei depositi. Tuttavia, Cipollone le ha già rassicurate: avranno comunque il monopolio dei depositi, anche se sono intermediari tecnicamente inutili.

Altra questione: la BCE ha promesso che non sarà programmabile, ma può diventarlo in un secondo momento. Il punto è che può essere reso programmabile anche più avanti – se la politica dovesse acconsentire. Perché dovrebbe preoccupare un denaro programmabile? Perché può

  • Scadere;
  • Essere utilizzato solo per certi beni e servizi;
  • Limitare da remoto le spese di certe persone, di certe fasce di reddito, etc.

In pratica, manipolato a proprio piacimento da chi lo gestisce.

C’è poi il solito problema legato alla privacy, dato che quest’ultima è in conflitto con l’anti-riciclaggio e ad altre questioni collegate al denaro non tracciabile. Si parla dunque del fatto che, per tutti i trasferimenti superiori ai 1.000€, BCE (e non un privato) avrà a disposizione tutti i nostri dati.

Infine, è denaro facilmente sequestrabile e sottraibile ai risparmiatori, visto che non è fisico ma meramente digitale.

Dunque, ricapitoliamo: zero privacy, massima centralizzazione, zero possibilità di opposizione da parte dei privati.

Ma chi paga? Cipollone, in una intervista ad ANSA nel 2022, ha quantificato la spesa per il lancio in 432 milioni di euro per i primi 10-15 anni. Tale costo sarebbe coperto, sottolinea sempre Grossi, dal signoraggio minimo che applica BCE, come sulle banconote. BCE ha già firmato contratti per 1,1 miliardi di euro per lo sviluppo di questa tecnologia.

Oltretutto, occorre pure sottolineare che non si tratta di costi finali e definitivi. I contratti coprono infatti solo i costi di sviluppo, manutenzione e consulenza per il periodo 2025-2029. Non è detto che non ne vengano attivati altri.

Ma non finisce qui. Marco Elio Rottigni, direttore generale di ABI, parla di almeno 880 milioni di euro di spese per l’adeguamento tecnologico del settore bancario italiano (e di ogni singolo sistema bancario dei membri Ue). Inutile aggiungere chi pagherà alla fine tutto questo.

Ma sempre meglio ricordarlo: i risparmiatori, tramite commissioni su conti correnti e operazioni bancarie varie (bonifici, prelievi, ecc.).

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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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