L’Euro ci ha rovinati. E’ questo che pensano tanti italiani, percependosi più poveri da quando è subentrata la moneta unica nel 2002. In effetti, i prezzi sono raddoppiati, mentre gli stipendi sono stati adeguati nel giusto, rimanendo uguali. Quindi sono stati dimezzati. In tanti sperano nel ritorno alla Lira, sbandierato anche da diversi politici ed economisti euroscettici.
Personalmente, pur avendo studiato economia a scuola e per un esame universitario, non credo di saperne troppo in materia. Tuttavia, ricordando quanto la lira facesse fatica rispetto a molte altre valute (soprattutto il marco, il franco, il dollaro e la sterlina) non credo che un ritorno alla vecchia valuta solo del nostro Paese, potesse farci stare meglio. L’euro, quanto meno, ha raggiunto la parità col Dollaro. Anzi, per diversi mesi di quest’anno, è stato scambiato pure 1.40 con la valuta statunitense. Una buona notizia, considerando che nella bilancia commerciale con gli Usa, siamo sicuramente in difetto (import supera export). Ancora, adoperiamo la stessa valuta di Germania e Francia, e facciamo molta meno fatica con la sterlina.
Il peccato originale dell’Euro è stato quello di aver voluto mettere insieme economie così diverse come quelle di Germania e Paesi Bassi con i paesi del mediterraneo. Non a caso, il paese teutonico ha aumentato le sue esportazioni verso l’Europa del 70%. Visto che non c’è più il forte e svantaggioso Marco.
Comunque, l’impoverimento c’è stato. E tra i tanti errori commessi con l’introduzione dell’Euro, troviamo l’aver adoperato il doppio prezzo solo per un paio di mesi e aver stabilito 1 e 2 euro in monete anziché banconote. Psicologicamente, quanto meno, sarebbe stato più difficile fregarci visto che alla banconota affidiamo un valore molto più alto della moneta.
Tuttavia, non solo i commercianti ci hanno fregato con l’introduzione dell’Euro. Bensì, anche lo Stato, che ha aumentato a dismisura le sue tariffe. Ecco alcuni esempi.
Quanto sono aumentate le tasse con introduzione Euro
Come riporta Sapere è un dovere, tra il 2010 e il 2014 solo in Spagna le tariffe pubbliche sono rincarate piu’ che in Italia. Se a Madrid l’aumento medio e’ stato del 23,7 per cento, in Italia l’incremento e’ stato del 19,1 per cento. Tra i grandi Paesi d’Europa, invece, la Francia ha registrato un rincaro medio del 12,9 per cento, mentre la Germania ha segnato un ritocco all’insu’ dei prezzi solo del 4,2 per cento.
L’area dell’euro ha subito un incremento dei prezzi amministrati dell’11,8 per cento: oltre 7 punti percentuali in meno che da noi. I calcoli sono stati effettuati dall’Ufficio studi della CGIA che oltre a eseguire una comparazione tra l’andamento delle tariffe amministrate nei principali paesi d’Europa ha analizzato anche il trend registrato tra il 2004 e i primi 11 mesi del 2014 delle tariffe dei principali servizi pubblici presenti nel nostro Paese.
Negli ultimi 10 anni, a fronte di un incremento dell’inflazione che in Italia e’ stato del 20,5 per cento, l’acqua e’ aumentata del 79,5 per cento, i rifiuti del 70,8 per cento, l’energia elettrica del 48,2 per cento, i pedaggi autostradali del 46,5 per cento, i trasporti ferroviari del 46,3 per cento, il gas del 42,9 per cento, i trasporti urbani del 41,6 per cento, il servizio taxi del 31,6 per cento e i servizi postali del 27,9 per cento. Tra tutte le voci analizzate, solo i servizi telefonici hanno subito un decremento: -15,8 per cento, ma si tratta di compagnie private, non si servizi pubblici
Sottolinea il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi:
“Nel nostro Paese i rincari maggiori hanno interessato le tariffe locali. Se per quanto concerne l’acqua i prezzi praticati rimangono ancora adesso tra i piu’ contenuti d’Europa, gli aumenti registrati dai rifiuti sono del tutto ingiustificabili. A causa della crisi economica, negli ultimi 7 anni c’e’ stata una vera e propria caduta verticale dei consumi delle famiglie e delle imprese: conseguentemente e’ diminuita anche la quantita’ di rifiuti prodotta. Pertanto, con meno spazzatura da raccogliere e da smaltire, le tariffe dovevano scendere, invece, sono inspiegabilmente aumentate. Si pensi che nell’ultimo anno, a seguito del passaggio dalla Tares alla Tari, gli italiani hanno pagato addirittura il 12,2 per cento in piu’, contro una inflazione che e’ aumentata solo dello 0,3 per cento”.
L’analisi di Bortolussi si conclude esaminando le cause che hanno incrementato le altre voci tariffarie:
“Gli aumenti del gas hanno sicuramente risentito del costo della materia prima e del tasso di cambio, mentre l’energia elettrica dell’andamento delle quotazioni petrolifere e dell’aumento degli oneri generali di sistema, in particolare per la copertura degli schemi di incentivazione delle fonti rinnovabili. I trasporti urbani, invece, sono stati condizionati dagli aumenti del costo del carburante e quello del lavoro. Non va nemmeno dimenticato che molti rincari sono riconducibili anche al peso fiscale che grava sulle tariffe che, purtroppo, da noi tocca punte non riscontrabili nel resto d’Europa. Inoltre, nonostante i processi di liberalizzazione avvenuti in questi ultimi decenni abbiano interessato gran parte di questi settori, i risultati ottenuti sono stati poco soddisfacenti, e in molti casi pessimi. In linea di massima, oggi siamo chiamati a pagare di piu’, ma la qualita’ dei servizi resi non ha subito sensibili miglioramenti. Speriamo che la riduzione del prezzo del petrolio registrata in questi ultimi mesi comporti per l’anno venturo una contrazione delle tariffe, soprattutto di luce, gas e trasporti che sono le principali voci di spesa che gravano sui bilanci delle famiglie e delle piccole imprese italiane”.
Resta il fatto che in 10 anni di euro invece di avere stabilizzato i prezzi e migliorato i servizi, l’Italia ha aumentato a dismisura i prezzi dei servizi e peggiorato la loro qualità.