La verità è però che con la riforma elettorale che il Parlamento si è dato, non avremo una maggioranza di Governo. In quanto una delle due colazioni o il M5S dovrebbero raggiungere il 40%. Cosa quasi impossibile, salvo il caso in cui i Cinquestelle non facciano il botto (e non è proprio impossibile dato il disgusto generale degli italiani) o che il centrodestra ci arrivi. Facendo la somma, rispetto al Pd che non ha alleanze consistenti, Berlusconi e co. potrebbero farcela.
Ma a prescindere da ciò, una buona notizia c’è: alcuni parlamentari sicuramente non li vedremo. Perché hanno deciso finalmente di non ripresentarsi alle urne. Per scelta o costrizione. Ecco chi sono.
Ecco i parlamentari che non si ricandidano
Angelino Alfano
La lista la riporta Il Giornale. Che guarda caso parte proprio da colui che era il successore designato di Berlusconi ma alla fine ha scelto la poltrona: Angelino Alfano. Quattro legislature alle spalle, ha annunciato la fine della maratona che lo ha visto passare dalla Giustizia, al Viminale fino alla Farnesina; precisando che non farà nemmeno il ministro. Ma ci tiene a precisare: «lascio il Parlamento ma non la politica».
Alessandro Di Battista
Come il mattatore di piazza del movimento cinque stelle, Alessandro Di Battista già in campagna elettorale per soffiare sul consenso del «fratello», il candidato premier Luigi Di Maio. Prima di buttarsi tra la folla ha fatto digerire alla base il passo indietro annunciato per dedicarsi alla vita di neo papà: «In questo momento ho altre aspirazioni, ma si può fare politica lo stesso. Prima scrivevo e mi occupavo di cooperazione internazionale, tornerò a fare quello». La scrittura, ma anche una cartuccia da giocarsi in futuro, magari con un altro mandato a disposizione senza venir meno ai principi del M5s. Ma queste sono le vere motivazioni del suo pseudo-ritiro.
Carlo Calenda
Carlo Calenda, candidato nel 2013 con Scelta civica, ma non eletto. Il titolare dello Sviluppo economico nel governo Pd ma senza la tessera del Pd, da mesi viene tirato per la giacchetta da destra e sinistra negandosi a entrambe le parti. Per il ruolo da deputato o senatore, s’intende: «Il lavoro di parlamentare non lo sento un lavoro vicino a me». Preferisce fare il Ministro e in effetti è forse il migliore del Governo uscente. Poche chiacchiere e molto serio lavoro. Fossero tutti come lui.
Rosy Bindi
La fibrillazione tra i dem a caccia di deroghe ai tre mandati non tocca chi, come Rosy Bindi, dopo sei legislature e due ministeri, si chiama fuori dalla corsa. Una vita in parlamento, ora la «madre nobile» del Pd ammette di «non riconoscere più» suo «figlio». E poi «ho lavorato in questo palazzo per 23 anni, vorrei tornare agli studi, al mio vecchio amore per la teologia. Ma non mi ritirerò a vita privata». La verità è che Renzi l’ha già rottamata dal 2013, ma gli ha conferito la Presidenza della Commissione anti-mafia per cercare di contenere la rabbia di D’Alema e Bersani, pure fatti fuori. Ma ormai nel Pd non ci sono più e la Bindi può andare via di stesso.
Anna Finocchiaro
Anche l’ex «madrina», invece, dell’ex ministra per le riforme Maria Elena Boschi, Anna Finocchiaro, terminerà qui, a differenza della giovane predecessora, una parabola politica lunga tre legislature vissute dagli scranni del Senato e cinque da quelli della Camera.
Vannino Chiti
Quella che si è conclusa ora è «l’ultima» anche per Vannino Chiti, ancora «amareggiato» dal suo Pd per com’è andata con la legge elettorale. Lascia anche la vicepresidente del Senato Linda Lanzillotta, eletta con Scelta Civica. Ininterrottamente in Parlamento dal 1992.
Carlo Giovanardi
Se ne va pure Carlo Giovanardi, il bigotto parlamentare dice no all’accanimento: «Ho 68 anni. Bisogna sapere quando dire basta». Meglio tardi che mai.
Toccherà invece vedere ancora Pierferdinando Casini, che sarà candidato nel Pd a Bologna. Un democristiano in una delle città più rosse d’Italia. La brutta fine del Compromesso storico auspicato da Aldo Moro e che gli costò la vita.