SONDAGGIO
EBOLA, ORIGINE E SINTOMI DEL VIRUS CHE STA FLAGELLANDO L’AFRICA OCCIDENTALE
DUE CASI DI MORTALITA’ ANCHE IN NIGERIA. LE PIU’ DEVASTATE Guinea, Sierra Leone e Liberia. CONTAGIATI DUE MEDICI AMERICANI
Sono ormai mesi che l’Africa occidentale è flagellata dal virus Ebola. I Paesi più colpiti sono Guinea, Sierra Leone e Liberia, dove, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (WHO), ha già mietuto 660 morti e oltre mille malati che stanno lottando per guarire. Così distribuiti: in Guinea 415 casi e 314 morti, in Sierra Leone 454 casi e 219 morti, in Liberia 224 casi e 127 morti. L’epidemia ha raggiunto anche Freetown, la capitale della Sierra Leone, ma anche un nuovo Paese fin’ora ancora immune: la Nigeria.
COINVOLTA ANCHE FREETOWN – Il virus ha raggiunto come detto anche Freetown, capitale della Sierra Leone (uno dei Paesi più colpiti), uccidendo una parrucchiera di 32 anni a Wellington, una zona periferica e molto abitata della metropoli. L’annuncio della morte della 32enne segue di poco quello dell’arrivo del virus a Lagos, in Nigeria, portato in aereo da un cittadino liberiano che è poi morto. L’Oms ha emanato un appello nei tre Paesi coinvolti (Sierra Leone, Liberia e Guinea), perché i pazienti vengano subito segnalati alle autorità competenti. In molti villaggi, infatti, i malati vengono nascosti perché il ricovero viene visto come un “certificato di morte”.
La stessa parrucchiera di Freetown era stata rapita dai suoi familiari in ospedale e riportata a casa. Le autorità e le radio avevano lanciato un appello per trovarla, descrivendola come «pericolosa per tutti». La donna è stata infine trovata dalla polizia nella casa di un guaritore tradizionale: è morta poco dopo, durante il viaggio in ambulanza verso l’ospedale. Alcuni medici, riferisce il New York Times, vengono minacciati e accusati di diffondere l’epidemia. E tante persone preferiscono rivolgersi ai guaritori.
VIRUS ANCHE IN NIGERIA. CONTAGIATI DUE MEDICI AMERICANI – l’Ebola è arrivato anche in Nigeria. Le autorità sanitarie hanno confermato la morte di due persone, entrambi liberiane. E di sicuro una di loro era dipendente del governo liberiano.
È la prima volta così che un caso di Ebola viene accertato al di fuori del ‘triangolo’ tra Guinea, Sierra Leone e Liberia dove si stanno sviluppando i focolai di questi mesi.
Intanto, sempre in Liberia, hanno contratto il virus due medici americani: il medico Kent Brantly, 33 anni, e un’igienista addetta a decontaminare chi entrava o usciva dal reparto. Entrambi ora sono ricoverati all’ospedale di Monrovi.
ORIGINE E SINTOMI – L’ebola è un virus appartenente alla famiglia Filoviridae estremamente aggressivo per l’uomo, che causa una febbre emorragica. Il primo ceppo di tale virus fu scoperto nel 1976, nella Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire). Finora sono stati isolati quattro ceppi del virus, di cui tre letali per l’uomo. Fin dalla sua scoperta, il virus ebola è stato responsabile di un elevato numero di morti. Verosimilmente il virus viene trasmesso all’uomo tramite contagio animale. Il virus si diffonde tra coloro che sono entrati in contatto con il sangue e i fluidi corporei di soggetti infetti. Considerati l’alto tasso di letalità, la rapidità del decesso, la localizzazione geografica delle infezioni (frequentemente in regioni isolate), il potenziale epidemiologico tuttavia è considerato di basso livello.
I sintomi sono variabili e compaiono improvvisamente. La sintomatologia iniziale comprende febbre alta (almeno 38,8 °C), cefalea, mialgia, artralgia, dolori addominali, astenia, faringite, nausea e vertigini. Prima che venga presa in considerazione un’epidemia virale, questi sintomi precoci vengono confusi facilmente con le manifestazioni della malaria, della febbre tifoide, della dissenteria, dell’influenza, o di altre molteplici infezioni batteriche, le quali provengono da fonti molto meno letali. L’ebola progressivamente è in grado di causare sintomi di più grave entità, come diarrea, feci scure o sanguinolente, vomito scuro dall’aspetto a “fondo di caffè”, occhi rossi dilatati con presenza di aree emorragiche sulla sclera, petecchie, rash maculopapulare e porpora. Altri sintomi secondari includono ipotensione, ipovolemia, tachicardia, danni agli organi (soprattutto a reni, milza e fegato) come risultato di una necrosi sistemica disseminata e proteinuria. L’emorragia interna è causata da una reazione tra il virus e le piastrine che dà luogo a varie rotture nelle pareti dei vasi capillari. Dopo 5–7 giorni l’individuo colpito muore. Occasionalmente si presentano sanguinamenti interni o emorragie esterne orali e nasali e, in alcuni casi, provenienti dai fori d’accesso degli aghi per siringhe non ancora completamente chiusi.
NON ESISTE ANCORA UNA CURA PRECISA– Non esiste un protocollo standardizzato di trattamento per la febbre emorragica da ebolavirus. La terapia primaria è unicamente di supporto e comprende procedure invasive ridotte al minimo: bilancio degli elettroliti, poiché i pazienti sono frequentemente disidratati, ripristino dei fattori di coagulazione per arrestare il sanguinamento, mantenimento dei parametri ematici e di ossigenazione, trattamento delle complicanze infettive. Il plasma dei convalescenti (coloro che sono sopravvissuti all’infezione di ebola) sembra essere promettente come terapia. La Ribavirina è inefficace. Anche l’Interferone non pare dare risultati.
Sono stati prodotti vaccini sia per l’ebola che per il Marburg virus che al 99% sono risultati efficaci nella riduzione degli effetti dell’infezione virale nelle scimmie. Questi vaccini sono derivati da DNA ricombinante, virus della stomatite vescicolare o da Adenovirus ricombinante che trasportano le proteine virali sulla loro superficie. Recenti sperimentazioni nella produzione di vaccini umani, come quello del NIAID nel 2003, non hanno sortito alcun successo.
Gli esperti hanno fin da subito minimizzato i rischi per l’Italia, Paese notoriamente esposto ad ampi flussi di immigrazione provenienti dall’Africa. «A oggi non c’è pericolo per Italia ed Europa», spiega Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano, «tuttavia è necessario non abbassare la guardia». Meglio non abbassare la guardia dunque. Al nostro Paese manca giusto proprio l’Ebola…
L’opinione sull’Ebola cambia molto in base all’età. I giovani si dividono a metà, mentre tra gli adulti 9 su 10 la temono.