Come funziona doppia preferenza di genere
La legge 215/12, approvata nel novembre del 2012, ha previsto per i comuni sopra i 5000 abitanti:
- la preferenza di genere: l’elettore può esprimere fino a due preferenze (anziché una) a condizione che vadano a candidati di genere diverso (pena l’annullamento della seconda scelta);
- la quota di lista: nelle liste elettorali i candidati di uno stesso genere non possono superare i due terzi del totale.
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Quali effetti ha avuto doppia preferenza di genere
Come riporta Openpolis, li effetti della riforma sul ceto politico comunale sono stati dirompenti. Tra il 31 dicembre 2012 (ultimo anno prima delle elezioni con il nuovo sistema) e il 31 dicembre 2015, cioè in appena tre anni, la presenza femminile è aumentata del 38,8% . Nel 2013 sono andati al voto poco più di 700 comuni, tra cui Roma, Catania, Messina e Brescia. Gli effetti della legge sono già visibili nei nuovi consigli, ma restano sottotraccia perché negli oltre 7000 comuni restanti sono ancora in carica i consigli comunali eletti senza quote e preferenze di genere. Perciò la presenza femminile nelle amministrazioni comunali italiane cresce, anche se in apparenza di poco, passando da 20,4 a 21,7%.
Il 2014 è l’anno in cui i rinnovi amministrativi hanno coinvolto il maggior numero di enti locali. Sono andati alle urne oltre la metà dei comuni italiani (4092), tra cui Firenze, Bari, Padova, Modena, Reggio Emilia e Perugia. A seguito di quella tornata elettorale le donne hanno allargato la propria presenza, andando a costituire quasi il 27% degli amministratori comunali italiani.
Il trend positivo è continuato anche nel 2015: il voto in oltre 1000 comuni ha portato la percentuale femminile nelle istituzioni municipali al 28,3%. Sarà interessante vedere a quali cifre si sarà arrivati entro il 2017, anno in cui tutte le amministrazioni saranno andate a votare con lo stesso sistema (salvo commissariamenti che rinvieranno il voto, cosa non da escludere). Ma soprattutto sarà importante osservare se l’effetto registrato nei consigli comunali si sarà esteso anche ai sindaci, che ad oggi sono uomini nell’86% dei casi. Ciò conferma quanto occorra ricorrere a certe forzature per avere una maggiore parità rappresentativa nelle istituzioni.