Ue sta per attuare nuove censure alla libera informazione

Ue sta per attuare nuove censure alla libera informazione

Il Parlamento europeo ha approvato la legge Digital Services Act DSA nel novembre 2022, che è entrata in vigore a pieno titolo nel febbraio 2024 con l’obiettivo dichiarato di creare “un ambiente online più sicuro e responsabile” in cui saranno protetti i “diritti fondamentali degli utenti” (ne abbiamo parlato qui).

Ma come sempre accade, in piena strategia dei governanti, dopo una prima grande batosta, ne arrivano altre che passano in secondo piano, ma che sono o a completamento della prima o pure peggiori.

Partito come “codice di condotta volontario” dell’UE in materia di “disinformazione”, è ora destinato a trasformarsi in un codice di condotta obbligatorio non solo per le Big Tech e le loro piattaforme di social media, ma anche per le persone che utilizzano tali piattaforme.

Ad oggi, il codice “volontario” è stato firmato da 44 aziende tecnologiche e dovrebbe diventare obbligatorio a gennaio 2025. Ciò si applicherà alle aziende tecnologiche che l’UE definisce Very Large Online Platforms (VLOP), ovvero quelle che hanno almeno 45 milioni di utenti attivi mensili nel blocco.

Come cambia il Digital Services Act (DSA) e rischi per la libera informazione

Come riporta Maurizio Blondet, gli esperti di tecnologia hanno affermato che nella sua forma attuale, la responsabilità di limitare la diffusione dei cosiddetti “contenuti e prodotti illegali online” e “la protezione dei minoriè stata trasferita dall’UE alle piattaforme di social media e alle aziende tecnologiche che le gestiscono. Ora sono obbligate a “dare agli utenti più scelta e informazioni migliori”.

Nella sua forma attuale, le disposizioni della DSA impongono alle piattaforme online di effettuare valutazioni dei rischi correlati alla disinformazione e di rivelare quali misure stanno adottando per mitigare i rischi rilevati da tali valutazioni.

Tuttavia, quando il codice passerà da “volontario” a “obbligatorio”: questi obblighi includeranno anche altri requisiti, come

  1. la demonetizzazione della diffusione della cosiddetta disinformazione;
  2. il rafforzamento dei cosiddetti “fact-checker”;
  3. la cooperazione obbligatoria con i gruppi della società civile e le organizzazioni di fact-checking, soprattutto durante le elezioni.

Secondo i critici e gli scettici, però, non solo il “fact-checking” sarà diffuso in tutta l’UE dai paesi membri, ma ciò farà anche sì che i VLOP finanzino questi gruppi. Ciò sarà applicato anche se molti dei più importanti “fact-checker” sono stati costantemente accusati di censura invece di controllare l’accuratezza dei contenuti in modo imparziale.

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Pubblicato da Carlo Brigante

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