Un gruppo di ricercatori riesce a realizzare un’implementazione del famoso esperimento mentale su scala centimetrica
Nel 1867 il geniale fisico scozzese James Clerk Maxwell (noto, tra l’altro, per aver partorito la teoria dell’elettromagnetismo) propose un bizzarro esperimento mentale, successivamente battezzato “il diavoletto di Maxwell”.
In esso si immaginano due contenitori pieni di gas e separati tra loro da una botola senza peso, controllata dal diavoletto di cui sopra: questi osserva individualmente le molecole (o atomi) di gas e apre e chiude la botola in modo da far passare tutte quelle più veloci in un contenitore e tutte quelle più lente nell’altro.
Poiché il movimento genera calore, alla fine uno dei due contenitori diventerà più caldo e l’altro più freddo, in apparente violazione della seconda legge della termodinamica, in base alla quale la temperatura può solo abbassarsi (pensiamo, ad esempio, a una tazzina di caffè), a meno che non si impieghi una qualche forma di energia per “invertire il flusso”.
Anni dopo l’enigma è stato risolto, con la soluzione probabilmente più famosa rappresentata dal fatto che il diavoletto deve comunque consumare energia per misurare in qualche modo la velocità delle molecole.
Successivamente sono stati anche trovati esempi del diavoletto di Maxwell nel mondo reale, ma sempre su scala microscopica; ora invece un gruppo di ricerca coordinato dal chimico Jonathan R. Nitschke dell’università di Cambridge è riuscito ad estenderlo a misure centimetriche.
Il diavoletto di Maxwell in azione
Ecco i passi da seguire per effettuare l’esperimento:
- Prendete un tubo a forma di U e riempitelo con una sostanza chimica sensibile alla luce chiamata fluoroazobenzene (FAB);
- Nella parte curva del tubo aggiungete acqua e delle molecole a forma di piramide dette gabbie molecolari, in quanto in grado di contenere e trasportare certe altre molecole;
- Illuminate il FAB situato in uno dei due lati del tubo.
A contatto con la luce, il fluoroazobenzene cambia la sua configurazione chimica, il che gli consente di entrare più facilmente nella gabbia, che provvede a trasportarlo dall’altro lato, in maniera equivalente all’apertura e chiusura della botola da parte del diavoletto di Maxwell.
Risultato: il FAB si accumula tutto su un lato del tubo, il che è in contrasto con quello che succederebbe se il sistema fosse lasciato a se stesso; in questo caso, però, è facile comprendere come l’energia che “alimenta il diavoletto” sia quella luminosa.
Record teorico e impiego pratico
Ora, aver creato una sorta di “pompa chimica” della grandezza di alcuni centimetri è sicuramente un’implementazione da record del famoso esperimento mentale di Maxwell, ma è possibile trovarle anche un impiego pratico?
I ricercatori sono convinti di sì e per dimostrarlo hanno aggiunto un ingranaggio al loro meccanismo: il naftalene, un idrocarburo comunemente usato nelle palline antitarme piazzate negli armadi per proteggere i capi di lana.
Inserendolo in uno dei lati del tubo, si è potuto verificare che il movimento del FAB da un lato all’altro aiuta a spingere il naftalene nella direzione opposta.
Se tale comportamento può essere replicato per altri tipi di molecole, è auspicabile che la pompa azionata dal diavoletto possa essere impiegata in qualità di “separatore chimico” in industrie come quella della produzione di farmaci.
Davvero niente male per un semplice esserino di fantasia, che continua a far parlare di sé oltre un secolo e mezzo dopo la sua “nascita”.
(Originariamente pubblicato su Storie Semplici. Il titolo dell’autore potrebbe essere modificato dalla redazione)