Crisi Evergrande fa tremare il mondo: quali rischi se il colosso cinese crolla

L’hanno già chiamata la Lehman Brothers cinese. E gli scenari sono vicini a quelli del 2008. Parliamo di Evergrande, colosso cinese finanziario ed immobiliare, fondato nel 1996 e che il 23 settembre non è riuscito ad onorare il pagamento di una parte dei suoi bond pari a 300 miliardi di dollari.

Ciò significa che non riesce a ripagare i suoi debiti (i bond sono obbligazioni che una società o uno Stato emette per reperire fondi) e che quindi, in un mondo globalizzato e finanziariamente appoggiato come i mattoncini del Domino, rischia un effetto catena inquietante. Già visto, appunto, con la crisi dei sub-prime americani.

Particolarmente colpito, poi, sarebbe il mondo dell’auto. E anche l’Inter deve preoccuparsi.

Ma vediamo cosa sta succedendo a Evergrande, gli scenari e le possibili conseguenze.

Evergrande chi è

Vediamo innanzitutto chi è Evergrande. Come ricostruisce Internazionale, è stata fondata nel 1996 nella provincia cinese di Guangzhou da Hui Ka Yan. Sessantaduenne, ex operaio dell’acciaio, il cui patrimonio netto oggi ammonta a 11,4 miliardi di dollari e viene collocato da Forbes al 53° posto nella lista dei miliardari del 2021. E decimo tra i cinesi più ricchi per il 2020.

La Evergrande è impegnata in 1.300 progetti immobiliari in 280 città della Cina. Ed è attiva nei seguenti settori:

  • produzione di veicoli elettrici
  • gestione di proprietà immobiliari
  • cinema
  • televisione
  • costruzione di parchi di divertimento
  • assicurazioni
  • sanità
  • calcio
  • produzione di cibo
  • acqua minerale
  • latte artificiale

La parte che si occupa di immobiliare, la Evergrande property services, ha circa 2.800 progetti in 310 città della Cina. Per un’area totale di oltre 680 milioni di metri quadrati.

La sua Evergrande new energy vehicle mira a sviluppare 14 modelli di auto elettriche, dalle berline ai suv. E lanciarne sul mercato un milione all’anno entro il 2025, che diventeranno 5 milioni entro il 2035.

Hengten networks si occupa invece di comunicazione e comprende una piattaforma di streaming nota come Pumpkin film; che vanta circa 20,1 milioni di abbonati paganti alla fine di maggio. Nonché un’azienda di produzione cinematografica e televisiva: la Ruyi film.

Interessi importanti anche nel calcio. Possiede infatti La Evergrande possiede anche una squadra di calcio, il Guangzhou Evergrande, una delle più note in Cina. Sebbene comporti alla società madre ogni anno una perdita che oscilla tra i 155 ai 310 milioni di dollari.

Non pochi i campioni che in questi anni sono andati a giocare lì, oltre ai nostri Fabio Cannavaro e Marcello Lippi nelle vesti di allenatore. Sebbene Cannavaro si sia già dato alla fuga rescindendo il contratto alla luce di questa situazione.

Evergrande perché è in crisi

Cosa sta succedendo a Evergrande? Sulla società pende una passività di circa trecento miliardi di dollari, oltre l’incapacità della Evergrande di pagare puntualmente gli interessi sui prestiti.

Non poche le proteste tra gli acquirenti di case, gli investitori e i dipendenti dell’azienda. Tanto che la polizia ha dovuto formare dei cordoni dinanzi all’ingresso. Una scena che ha fatto il giro del Mondo.

Non è stata poi incoraggiante l’ammissione dello scorso 14 settembre dei dirigenti della società, i quali hanno detto che si aspettano una ulteriore diminuzione dei contratti di vendita per questo mese. La quale determinerà “un prolungato deterioramento delle entrate che a sua volta causerebbe una grave pressione sul flusso di cassa e la liquidità del gruppo“.

Nella stessa data, però, la società ha anche riferito che sono stati ingaggiati i consulenti finanziari Houlihan Lokey e Admiralty Harbour Capital al fine di “stimare la struttura di capitale del gruppo, stimarne la liquidità ed esplorare tutte le soluzioni possibili per alleviare l’attuale problema di liquidità“.

E’ fallita invece la mossa di vendere l’imponente grattacielo di uffici da 18.580 metri quadrati a Hong Kong, che avrebbe portato un po’ di liquidità nelle casse.

Oltre a ciò, Evergrande non è stata in grado di vendere parte dei suoi interessi nei settori della gestione dei veicoli elettrici e delle proprietà immobiliari.

Crisi Evergrande conseguenze

Le prime conseguenze, ovviamente, ci sono state in Borsa. Le azioni Evergrande sono crollate sulla borsa di Hong Kong. Il titolo è sceso dell’81 per cento dall’inizio dell’anno, e le sue obbligazioni in dollari sono scese ai minimi storici. Trascinando con sé tutte le borse.

Moody’s ha declassato la Evergrande e le sue succursali il 7 settembre, catalogando il suo outlook come negativo. La Fitch ha fatto lo stesso, abbassando la valutazione dell’azienda e affermando che ritiene “probabile una qualche forma d’insolvenza”.

D’altronde, come spiega Borsa inside, la filiera legata al settore immobiliare, secondo le stime di Renta 4 Banco, rappresenta oltre il 25 per cento del PIL cinese. Dopotutto, una parte rilevante della ricchezza delle famiglie è legata alle proprietà immobiliari.

Si profila comunque un intervento del Governo cinese per evitare il peggio e salvare il settore immobiliare. Non bisogna dimenticare che il Governo cinese ha effettuato iniezioni di liquidità per complessivi 120.000 milioni di yuan (ovvero 18,6 miliardi di dollari al cambio attuale) al fine di dare sostegno a tutto il sistema bancario.

Crisi Evergrande: paesi che rischiano di più

Le ripercussioni sarebbero ovviamente gravi per tutto il Mondo, visto che la Cina da sola rappresenta un quinto del PIL del mondo. Quindi, un suo rallentamento, genererebbe un rallentamento negli altri continenti. Collegati direttamente o indirettamente con il colosso finanziario in crisi e con la tigre asiatica in generale.

Secondo David Rees, Senior Emerging Markets Economist, si potrebbe verificare un drastico calo della domanda di materie prime. Con i paesi più colpiti che potrebbero essere Brasile, Cile e Sudafrica. Praticamente, i grandi esportatori di metalli industriali verso la Cina.

Poi c’è la questione auto, che vede Francia e Germania rischiare più delle altre, come vedremo nel prossimo paragrafo.

Conseguenze crisi Evergrande sull’auto

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Immagine dall’archivio

Un settore particolarmente colpito sarebbe quello dell’auto. Già in affanno da tempo, come ricorda Quattroruote, tra crisi innescata dal Covid-19 e trasformazione verso l’elettrico più indotta che spontanea. Aggiungiamoci poi la crisi dei chip, la carenza di semiconduttori che sta determinando frequenti blocchi produttivi, con pesanti ripercussioni sulle consegne delle auto.

Già la succitata crisi del 2008 portò al fallimento di due simboli della sua storia industriale: la General Motors e la Chrysler. Due simboli dell’industria automobilistica americana, costretti a presentare l’istanza per accedere al Chapter 11 (richiesta di fallimento). Mentre la Ford, unico colosso americano a non aver voluto finanziamenti governativi, si salvò grazie alla liquidità accumulata negli anni precedenti con la vendita di marchi: Volvo, Jaguar, Land Rover. Nonché partecipazioni: Mazda.

La crisi poi arrivò in Europa, e colpì pesantemente soprattutto le banche britanniche, francesi e tedesche. Particolarmente esposte al mercato americano. E così si arrivò alle auto. In Francia, l’allora presidente Nicolas Sarkozy intervenne per salvare la Peugeot e la Renault con un prestito di 3 miliardi di euro. Il finanziamento viene rimborsato già nel 2011. Lasciando però pesanti ripercussioni finanziarie per entrambi i marchi.

Lo Stato francese divenne un azionista rilevante insieme alla cinese Dongfeng, e i Peugeot persero il controllo dell’azienda. Alla nostra Fiat riuscirà di acquistare Chrysler, con la nascita del marchio FCA. Fino a sua volta nelle fauci di PSA, facendo nascere il gruppo Stellantis.

I tedeschi riuscirono a salvarsi proprio perché vendevano molto in Cina, allora mercato in ascesa mentre il vecchio mondo arretrava pesantemente.

Ma ora, proprio quell’ancora di salvataggio, rischia di trasformarsi in una pesante zavorra che affonderà i marchi tedeschi. In primis Volkswagen. La Germania in Cina ha un terzo delle sue vendite.

Anche Peugeot (oggi come detto Stellantis) vede nella Cina un mercato fiorente e quindi rischia molto.

Proprio Evergrande potrebbe dismettere le proprie attività in campo automobilistico (ha acquisito la Nevs, ex proprietaria della Saab), sulle quali ha messo gli occhi il colosso della telefonia Xiaomi. In grande ascesa anche in Europa, dopo il ban Google ai dispositivi Huawei.

Crisi Evergrande: cosa rischia Inter

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Immagine dall’archivio

La geolocalizzazione del caso interessa inevitabilmente anche l’Inter. Come ricorda Milano Finanza, la famiglia Zhang, a capo di Suning Sports Group International Uk Limited – e che come noto, attraverso la Suning Holdings Group, controlla l’Inter – ha investito in Evergrande 2,6 miliardi di euro. Ed è in procinto per chiudere la sede a Londra, aperta tre anni fa.

Una notizia non certo positiva, che va ad aggiungersi ad una situazione finanziaria già di per sé pesante per la famiglia Zhang che gestisce l’Inter. Tanto che è stato lanciato l’azionariato popolare.

Come detto, Evergrande è proprietario dello Guangzhou FC, otto volte campione nazionale. Il capitano della squadra cinese, Zheng Zhi, lavorerà come allenatore ad interim dopo l’addio di Cannavaro, per aiutare i campioni della serie A a chiudere la stagione come previsto.

Ma a preoccuparsi deve essere anche la Juventus, dato che la società che ne è a capo, Stellantis, come detto vede in Peugeot un soggetto molto interessato a quanto accade in Cina. Avendo i francesi lì un mercato fiorente ed essendo anche in parte gestita da cinesi.

Evergrande, conseguenze su criptovalute

criptovalute
Immagine dall’archivio

Sebbene le criptovalute sembrano astruse dai fatti che riguardano l’economia tradizionale, in realtà non è proprio così.

Come riferisce Webeconomia, alla notizia della grave insolvenza di Evergrande, Bitcoin, come noto la più grande criptovaluta del mondo, è scesa dell’8,11% a $ 43.442. Con cali fino a $ 42.527 nelle 24 ore successive.

Del resto, più nascono titoli legati alle criptovalute e più sono adottate dalle banche, più esse diventano parte integrante dell’economia tradizionale. Sebbene la stiano profondamente trasformando, soprattutto grazie alla Finanza decentralizzata.

Conclusioni

Ieri gli Usa, oggi la Cina. Miliardi che si bruciano come niente fosse, perché la finanza ha preso il posto dell’economia tangibile. Tra errori gestionali, brogli e operatività incontrollata, ci vanno di mezzo dipendenti e piccoli risparmiatori. Che da un giorno all’altro si ritrovano senza un lavoro o con i risparmi di una vita che non valgono più nulla.

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