Commuoversi per una foto non basta: Putin invia armi e truppe in Siria, mentre l’Onu sta a guardare
STA INVIANDO ARMI E ADDESTRATORI IN SOSTEGNO DI ASSAD, MENTRE L’OCCIDENTE SI INDIGNA E CRITICA
Come ho scritto più volte su questo Blog o commentando post di altri, l’elemento che ho apprezzato dell’ultimo Governo Berlusconi è stata la politica estera. Corna o altri burlesque del Premier a parte. Infatti, l’esecutivo ha diversificato le proprie partnership estere, stringendo rapporti molto stretti con la Russia di Putin e la Libia di Gheddafi. Riducendo così la pluridecennale ingerenza americana e il peso della Germania. Con tutti i benefici che queste partnership garantivano. Invece adesso ci abbiamo perso su più fronti: riduzione di un terzo dell’export verso la Russia, gas e petrolio acquistato da pochi fornitori, sbarchi continui sulle nostre coste. Se il Raìs libico è morto atrocemente assieme al proprio regime, ma da vivo garantiva controllo delle coste e ostacolava l’azione degli islamisti, il Presidente russo è invece l’unico che inizia a fare qualcosa contro l’Isis. Invitando prima i leader politici a creare una coalizione internazionale e poi inviando armi e truppe in Siria.
L’INTERVENTO DELLA RUSSIA E LA DIFFIDENZA DELL’OCCIDENTE – La Russia sostiene militarmente la Siria e il presidente Assad, mentre i ribelli islamici avanzano nella provincia nord-occidentale di Idlib conquistando vaste parti della base aerea di Abu al Dohur. Dopo i divieti di sorvolo di Atene e Sofia, che hanno irritato Mosca per l’ingerenza Nato, il Cremlino ha iniziato a rafforzare i suoi rifornimenti con un ponte aereo su “rotte alternative”. Sergei Lavrov: “Diamo armi anche ad altri Paesi come l’Iraq”. Il ministro degli Esteri russo ha quindi sottolineato che Mosca continuerà ad aiutare i Paesi che ne avranno bisogno “per non permettere un altro scenario libico”. Teheran, capitale alleata a Damasco, intanto ha aperto i suoi cieli accogliendo “tutte le richieste russe”. Una via obbligata, probabilmente insieme all’Iraq, perché Mosca vuole evitare di volare sopra la Turchia, anch’essa membro Nato ma soprattutto nemica di Assad.
La Bulgaria aveva subordinato il suo permesso al controllo di quelli che Mosca chiama “aiuti umanitari”, la stessa definizione usata per i convogli con cui si sospetta abbia inviato armi ai ribelli del Donbass. Ma il Cremlino non ha accettato. Ciò rafforza i sospetti, americani ed europei, che la Russia stia gettando le basi per mettere piede in Siria. Intanto Mosca sta inviando armi e addestratori, come ha ammesso Maria Zakharova, nuova portavoce del ministero degli Esteri, accusando l’Occidente di creare una “strana isteria” sulle attività del Cremlino in Siria.
Attività crescenti che hanno sollevato l’inquietudine della Casa Bianca (“siamo profondamente preoccupati” per le notizie sugli aerei militari russi dispiegati in Siria), del presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker (“serve un’offensiva diplomatica”), del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg (“non contribuirà a risolvere il conflitto”) e del ministro degli esteri tedesco (“serve una soluzione politica”, monito rivolto anche a Francia e Gran Bretagna).
Ma Zakharova ha ricordato che “la Russia non ha mai fatto segreto della sua cooperazione militare con Damasco”, confermando la presenza di “specialisti militari russi” e la fornitura di armi “contro la minaccia terroristica, che ha raggiunto una dimensione senza precedenti in Siria e nel vicino Iraq”. Sibilline altre sue parole: “Se saranno richieste misure aggiuntive da parte nostra per aumentare il sostegno alla lotta anti terrorismo daremo un’adeguata valutazione alla questione ma, in ogni caso, sulla base del diritto internazionale e della legislazione russa”.
A togliere ogni dubbio ci ha pensato infine il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov: “La Russia sta fornendo assistenza alle truppe siriane perché sono l’unica forza che può opporre resistenza. Semplicemente non ci sono altre forze organizzate ed efficienti in quella regione”. “Gli specialisti militari russi si trovano in Siria per addestrare i soldati di Damasco nell’uso delle attrezzature belliche arrivate dalla Russia e non partecipano al conflitto”, ha quindi spiegato Peskov.
Nel weekend, secondo il Nyt, due enormi aerei cargo Antonov An-124 hanno portato rifornimenti ed equipaggiamenti da una base della Russia meridionale attraverso Iran e Iraq all’aeroporto siriano di Latakia (85 km da Tartus). Nello stesso scalo sarebbe atterrato un aereo per il trasporto truppe, probabilmente un Ilyushin.
Gli Usa sono passati dall’interventismo militare unilaterale, che ha caratterizzato i governi Bush, all’immobilismo di Obama. Qui non si tratta di invadere un Paese con un proprio governo, ma di schierarsi con chi è in guerra contro un pericolo internazionale qual è l’Isis. Indignarsi per la foto del cadavere di un bambino su una spiaggia non basta. Così come non basta aprire le porte ai profughi. Bisogna intervenire lì, con armi tecnologiche in grado di colpire con precisione gli obiettivi, evitando stragi di innocenti. Non solo in Siria, ma anche in Libia e Iraq. Se non risolviamo i loro problemi in casa loro, continueranno ad arrivare in massa per decenni.
Ma l’America, in fondo, auspica la fine del governo Assad da anni. Non a caso l’Isis l’ha creata lei con tale scopo…
(Fonte: TgCom24)