Come sarà Italia dopo Coronavirus? I precedenti non fanno ben sperare

Italia ancora alle prese con il Coronavirus Covid-19, nella confusione più totale dei numeri. I quali non rispecchiano la realtà, tra tamponi non fatti, morti per altro ugualmente contati, asintomatici e così via. Stilare dei dati precisi è praticamente impossibile, ma se si rapportano al numero totale delle popolazioni colpite, si scopre che le percentuali sono irrisorie.

La Cina, per esempio, conta un miliardo e trecento milioni di persone. L’Italia 60 milioni, le tre province lombarde principalmente interessate ne contano oltre 3. La Campania 5,8 milioni di abitanti e così via.

Parlare di migliaia di contagiati fa paura, ma se si guarda all’impatto totale, sicuramente meno. Con ciò non si vuole minimizzare alcunché, ma non è giusto fare terrorismo psicologico sulle persone.

Oltretutto, restare settimane chiuse in casa pure comporta dei danni alla salute. Il sole apporta vitamina D all’organismo, benefici alla pelle. Camminare fa bene alla circolazione, quindi al cuore e ai valori del sangue. Per non parlare dell’impatto sull’umore.

Poi ci sono i danni economici, arrecati a chi non ha potuto esercitare la propria attività in queste settimane. Aveva già prenotato della merce che sarà invenduta. Pensiamo a pub, ristoranti, negozi di abbigliamento e di altro genere non identificato come vitale.

Ed ecco che ci si chiede: come sarà l’Italia dopo il Coronavirus? Come ne uscirà? I precedenti non sono [sta_anchor id=”covid”]incoraggianti[/sta_anchor].

Italia dopo il Coronavirus: il precedente del ‘73

petrolio aumenti

Se guardiamo alla storia del nostro Paese dal dopoguerra in poi, vediamo che fino ad inizio anni ‘70, l’Italia ha vissuto una importante industrializzazione, anche delle regioni meridionali. Oltre allo sviluppo urbanistico che ha fatto sì che l’edilizia fosse tra i motori dello sviluppo economico.

Anche se, occorre aggiungere che l’industrializzazione da un lato e la cementificazione dall’altro, hanno anche arrecato al nostro paese ingenti danni ambientali e hanno snaturato di molto il Belpaese. E ce ne siamo accorti nella fase post-industriale.

De-industrializzazione iniziata proprio con la crisi petrolifera del ‘73, che comportò una brusca frenata alla nostra economia. E ha avviato un disimpegno industriale proseguito negli anni successivi.

Come riporta Wikipedia, nel giorno della ricorrenza dello Yom Kippur (6 ottobre), Egitto e Siria attaccarono Israele; questa guerra ha appunto preso il nome da quella festa ebraica di espiazione, cioè Guerra del Kippur (6-25 ottobre 1973). I paesi arabi associati all’OPEC (l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) decisero di sostenere l’azione di Egitto e Siria tramite robusti aumenti del prezzo del barile ed embargo nei confronti dei paesi maggiormente filo-israeliani.

Le misure dell’OPEC condussero ad una impennata dei prezzi e ad una repentina interruzione del flusso dell’approvvigionamento di petrolio verso le nazioni importatrici.

Come sarà l’Italia dopo il Coronavirus? Lo smembramento degli anni ‘90

prodi ue

Negli anni ‘80 l’Italia ripresa uno sviluppo economico importante, drenato soprattutto dall’intervento pubblico e dal volano di alcuni settori come quello tessile (in primis la Moda, che vedeva come capitale europea Milano).

Tuttavia, dagli anni ‘90 ci si accorse che lo Stato era oltremodo indebitato e che era stato sfruttato soprattutto per un mero voto di scambio (tangenti e corruzione). Con Enti pubblici in rosso e in esubero.

Mentre l’apertura al mondo dei regimi ex comunisti dell’Est Europa, faceva sì che molte aziende preferissero portare lì le proprie produzioni, disimpegnandosi quindi dall’Italia.

In particolare, il ‘92 fu un anno nero per il nostro Paese. Come ricorda IlSole24Ore, sul finire del 1991 a Maastricht viene firmato il trattato per l’adozione della moneta unica entro la fine del decennio.

Ma nel settembre del 1992 esplode la crisi valutaria: lira e sterlina escono dallo Sme (il Sistema monetario europeo, che legava le valute partecipanti a una griglia di cambio predeterminata) e il rendimento dei titoli di stato schizza all’insù.

Venerdì 11 settembre (toh proprio quella data) i tassi sul mercato monetario arrivano a sfiorare il 40 per cento. Anche l’esito positivo del referendum francese sull’Unione monetaria europea (con esigua maggioranza di sì), il 20 settembre, allenta solo in parte le tensioni sui mercati.

Molti ritengono che la speculazione contro il nostro Paese fosse opera di grossi trader come Soros. Quest’ultimo vendette sterline allo scoperto per un equivalente di più di 10 miliardi di dollari e causò una perdita di valore della lira sul dollaro del 30%, guadagnando una cifra stimata attorno agli 1,1 miliardi di dollari.

Fatto sta che in quel settembre 1992, i partner europei stentarono a capire che si era in presenza di una crisi sistemica dello Sme. Proprio come ebbe a dire Ciampi, allora governatore della Banca d’Italia, in un discorso tenuto alcune settimane dopo a Parigi: la crisi si poteva superare solo reinterpretando lo Sme quale anticipazione della moneta unica.

Serviva un impegno collettivo oppure sarebbe stato travolto anche il più modesto meccanismo di cambio. Insomma, l’Unione europea mostrava agli inizi già tutta la sua debolezza e divisione di fondo.

L’Italia ne è uscita con le ossa rotte e il generale cambiamento del mondo dal punto di vista economico e politico fecero il resto. Ne seguì per tutti gli anni ‘90 la svendita del patrimonio statale italiano e la riforma del mercato del lavoro firmata da Treu durante il Governo Prodi I nel ‘97.

La prima che introdusse una massiccia precarizzazione del mercato del lavoro.

Italia dopo il Coronavirus, il dopo 11 settembre

Dopo qualche anno, il sistema finanziario mondiale subisce un’altra batosta. L’abbattimento delle Torri gemelle avvenuto l’11 settembre 2001. Descrive bene cosa accadde Il Giornale.

L’11 settembre del 2001 ha chiuso l’era della new economy, dominata da un clima di euforia sulle Piazze finanziaria, trainato da tecnologia, media e telecomunicazioni.

L’attacco al Word Trade Centre ha avviato una stagione di cicli economici più brevi rispetto al passato, periodi intervallati da crisi violente e da una crescente incertezza

ha spiegato Guglielmo Manetti, vice direttore generale di Intermonte Advisory, divisione di Intermonte sim che si occupa di risparmio gestito.

Dopo l’attacco al cuore del capitalismo americano, è cambiato anche il modo con cui i mercati valutano i fatti che possono creare forti instabilità a livello mondiale

commenta a sua volta Marco Giorgino, professore di finanza aziendale e global risk management presso il Politecnico di Milano.

In Europa la notizia dell’attacco agli Usa è arrivata a metà pomeriggio. Ed è stato il panico: Milano è crollata del 7,5%. Wall Street, dopo aver chiuso i battenti per una settimana, è affondata, lasciando sul campo, nel giro di poche sedute, un terzo circa del proprio valore.

Era l’inizio della crisi. Una crisi da cui peraltro solo Piazza Affari non è stata in grado di uscirne più. Anche perché dopo qualche anno è arrivata un’altra batosta: il crac Lehman Brothers (-8,2%) del 16 settembre 2008.

Ovviamente, l’economia italiana ne ha sentito pesantemente. Dando un’ulteriore colpo ad un sistema finanziario già pesantemente provato. Tanti poi gli italiani che persero i propri risparmi, spinti ad investire in Borsa da consulenti bancari senza scrupoli. Ovviamente, anche inconsapevoli di quello che sarebbe successo l’11 settembre 2001.

Il mondo del lavoro fu segnato da un’altra legge che spinse verso la precarizzazione: la legge Biagi. Che prende il nome dal consulente del Ministero del lavoro all’epoca presieduto dal leghista Roberto Maroni, assassinato il 19 aprile 2002 mentre girava in bici nella sua Bologna priva di scorta. Che lui aveva peraltro richiesta ottenendo però dei dinieghi.

La riforma fu approvata il 14 febbraio 2003 ed è anche nota come Legge Maroni. Si basava sul principio secondo cui la flessibilità in uscita nel mercato del lavoro è il mezzo migliore per agevolare la creazione di nuovi posti di lavoro. Lasciando liberi gli imprenditori di gestire la forza lavoro esclusivamente in base alle necessità della contingenza operativa.

Italia dopo Coronavirus, il precedente dei sub-prime

coronavirus borse

E veniamo all’ultima grande recessione conosciuta dal mondo economico globale: quella scatenata dallo scandalo dei sub-prime, che sancì la fine di un colosso come l’americana Lehman Brothers.

Come ricostruisce Wikipedia, la crisi è iniziata all’incirca nella seconda metà del 2006, quando cominciò a sgonfiarsi la bolla immobiliare statunitense e, contemporaneamente, molti possessori di mutui subprime divennero insolventi a causa del rialzo dei tassi di interesse. Questa crisi è compatibile con le teorie del “credit boom and busts” e delle asimmetrie informative.

La crisi diventa palpabile nel febbraio-marzo 2007 e nel settembre-ottobre 2008, bimestre in cui scompaiono le banche d’affari più note: il 15 settembre 2008 Lehman Brothers dichiara la bancarotta invocando il chapter 11, il 22 settembre Goldman Sachs e Morgan Stanley diventano banche normali. Tutti gli indici borsistici mondiali flettono in maniera consistente, arrivando mediamente sui livelli della fine del XX secolo.

All’esplosione della crisi dei mutui subprime, ha fatto seguito la decisione di alcune banche di “congelare” le quote dei propri fondi di investimento, sospendendone la compravendita per impedirne un deprezzamento. In altri casi, i creditori hanno dichiarato le loro insolvenze e vi sono stati casi di fallimento, che hanno portato a un calo dei titoli in Borsa generalizzato nei vari settori.

La situazione mutui fu a rischio anche in altri Paesi. In Italia, il debito pro-capite supera i 30.000 euro l’anno e nel 2007, a fronte di 3,5 milioni di famiglie titolari di un mutuo, i casi di insolvenza superavano quota 500.000, con altrettante procedure avviate di pignoramento. In Europa mancava una regolamentazione internazionale comune per la concessione dei mutui.

Nell’aprile 2009, l’FMI (Fondo Monetario Internazionale) ha stimato in 4.100 miliardi di dollari statunitensi il totale delle perdite delle banche e altre istituzioni finanziarie a livello mondiale.

Per rendere l’idea, la cifra colossale delle svalutazioni delle attività delle banche a causa della crisi corrisponde a un reddito annuo di 20.500 dollari per 200 milioni di lavoratori, oppure a 1/3 dello stesso stipendio annuo per 600 milioni di lavoratori o alla riduzione di 1/5 dello stesso stipendio per cinque anni.

L’Italia ha iniziato a riprendersi molto dopo dalla crisi finanziaria, intorno al 2015. Mentre gli Usa già avevano lasciato il peggio alle spalle verso il 2012 e in Europa solo la Grecia faceva peggio di noi.

Questi anni difficili per il Mondo occidentale hanno permesso alla Cina di primeggiare, pur comunque facendo anch’essa registrare qualche segno di affanno verso il 2018.

Come sarà l’economia italiana dopo il Coronavirus?

coronavirus italia effetti

La crisi economica apportata dal Coronavirus è già tangibile, visto che molte attività ritenute non essenziali sono state chiuse con il decreto “Io resto a casa”. Pensiamo ai ristoratori, bar, negozi di abbigliamento e accessori, liberi professionisti di svariate categorie professionali.

In questi giorni otterranno un primo sostegno di 600 euro, ma ovviamente di fronte alla crisi che questo lungo stop comporterà, sono nulla.

Non a caso, già si stanno verificando scende di preoccupante “nervosismo” come saccheggi ai supermercati o rapine.

Ma a rischio sono in generale anche le pensioni, visto che l’Inps non può continuare a pagarle a fronte di minori entrate contributive.

Molti artigiani e commercianti saranno costretti alla chiusura o al ridimensionamento del numero dei propri dipendenti.

E se la Cina già sta ripartendo e gli Usa lo faranno più velocemente, avendo un sistema economico molto più flessibile e dinamico del nostro, noi resteremo ancora più indietro. Rischiando di finire prima o poi preda dei meccanismi debitori previsti dall’Ue. La cosiddetta Troika che più volte ci ha sfiorato.

Infine, c’è l’aspetto sanitario. Quando si passerà alla Fase 2, quindi ad una semi-quarantena, dovremo comunque continuare ad uscire con mascherine e guanti. In negozi e bar dovremo sempre entrare un po’ per volta per evitare gli assembramenti. In ristoranti e pub dovremo sistemarci a tavoli alterni e senza nessuno di fronte.

Attività come Cinema e Teatri saranno le ultime ad aprire. Dato che presuppongono che tante persone siano sedute in uno stesso posto, una vicina all’altra. Quindi nella Fase 3, quando saremo usciti del tutto da questa Quarantena. Quando? Si spera da luglio, o in autunno. Sebbene resti la paura di un “contagio di ritorno”.

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