La Cina si sta comprando l’Africa: i numeri agghiaccianti

La Cina si sta comprando l’Africa: i numeri agghiaccianti

Il capodanno cinese è iniziato da poco. Quest’anno sarà l’anno lunare del maiale. Come spiega Francesco Boggio Ferraris su Vanity Fair, il maiale è un segno particolarmente caro ai cinesi perché in Cina il maiale è un animale fondamentale, anche per l’economia. Le parole famiglia e casa si scrivono nello stesso modo in cinese: il carattere che le rappresenta è un tetto con la zampa del maiale appesa sotto. Il pensiero va dritto alla nostra società contadina che teneva zampone e cotechino come cibo ricco e di buon auspicio per le feste.

Poi il maiale ha tratti considerati importanti e tipici della cultura cinese come l’abbondanza, la ricchezza, la solidarietà, il collettivismo. I nati sotto il segno del maiale aiutano gli amici, risultano un po’ ingenui, sono altruisti e non vedono gli inganni. L’essere determinati ad aiutare gli altri, la benevolenza, è virtù tipica del confucianesimo andando al di là dell’oroscopo.

Quindi, l’anno del maiale si preannuncia un anno positivo per la Cina. In fondo anche generoso e solidale. In Africa però tanto generosa e solidale la Cina non si sta mostrando. O meglio, sta mostrando tutte le fauci del suo capitalismo nascosto sotto la bandiera rossa del capitalismo. Il che la rende simile, metaforicamente, ad un altro simbolo tipico del calendario lunare cinese: il dragone.

Orbene, la Cina da dieci anni sta colonizzando l’Africa. Non usando certo la violenza delle armi, come fecero a loro tempo le potenze europee. Bensì, un’altra arma, silenziosa ma ugualmente imponente: quella della finanza.

E se è vero i capitali mandarini stanno portando lavoro e sviluppo, è anche vero che stanno creando un pesante indebitamento a danno dei paesi africani. Tanto che la Cina si sta praticamente comprando parte del continente nero. Ecco qualche [sta_anchor id=”africa”]dato[/sta_anchor].

Colonialismo cinese in Africa: i numeri

cina africa

Come riporta Msn, fino al 2010, la conquista dell’Africa da parte della Cina è stata silenziosa. Ma tutto è cambiato nel 2012, quando la Conferenza di Pechino ha avuto luogo senza clamore e da allora la Cina è diventata lo sceriffo in città e l’Africa è effettivamente diventata una provincia cinese de facto. Dal 2010 la Cina ha impegnato oltre 100 miliardi di dollari per lo sviluppo di progetti commerciali in Africa e da allora la colonizzazione finanziaria dell’Africa da parte del paese asiatico è solo aumentata.

Durante il vertice 2018 del Forum per la cooperazione tra Cina e Africa (FOCAC), il presidente Xi Jinping ha annunciato un nuovo fondo comune da $ 60 miliardi per lo sviluppo dell’Africa come parte di una serie di nuove misure per rafforzare i legami tra Cina e Africa.

La Cina e l’Africa possono creare un partenariato globale e strategico più forte. La Cina promette di impegnarsi con l’Africa su un principio di sincerità e risultati concreti “, ha affermato il presidente Xi.

Secondo uno studio condotto dalla China-Africa Research Initiative presso la Johns Hopkins School of Advanced International Studies, la Cina ha prestato un totale di 143 miliardi di dollari a 56 nazioni africane messi a disposizione principalmente dall’Export-Import Bank of China e dalla China Development Bank.

Per settore, circa un terzo dei prestiti era destinato a finanziare progetti di trasporto, un quarto all’energia e il 15% destinato all’estrazione di risorse, compresa l’estrazione di idrocarburi. Solo l’1,6% dei prestiti cinesi è stato dedicato ai settori dell’istruzione, della sanità, dell’ambiente, alimentare e umanitario, a conferma che tutto ciò che interessava alla Cina era costruire un gigantesco polo di approvvigionamento commerciale e militare.

I paesi africani maggiormente indebitati nei confronti della Cina

paesi africani dominati dalla cina

Solo sette paesi – gli strategicamente importanti Angola, Camerun, Etiopia, Kenya, Repubblica del Congo, Sudan e Zambia – rappresentano i due terzi del totale dei prestiti cumulati nel 2017 dalla Cina, con la sola Angola ricca di petrolio che rappresenta una quota del 30% o $ 43 miliardi (il 35% del PIL dell’Angola 2017).

Secondo uno studio dell’Fmi dell’aprile 2018, a partire dalla fine del 2017, circa il 40% dei paesi dell’Africa subsahariana a basso reddito sono ora in difficoltà di indebitamento o valutati come ad alto rischio di difficoltà di indebitamento, tra cui l’Etiopia, la Repubblica del Congo e Zambia.

È solo ora che i paesi africani stanno iniziando a rendersi conto di quanto siano debitori verso la Cina e rischiano di perdere la loro indipendenza per cui hanno tanto combattuto.

Secondo un rapporto di Confidential Africa intitolato Bills, Bonds and even Bigger Debts, lo Zambia è in trattativa con la Cina per una possibile acquisizione della società elettrica del paese, ZESCO, dopo l’inadempienza nel rimborso del prestito. Non è solo lo Zambia che potrebbe diventare la prima vittima dell’Africa nell’acquisizione della Cina dopo il mancato pagamento del prestito, ma un paio di altri paesi africani.

Il Kenya potrebbe perdere il porto di Mombasa, una delle sue infrastrutture chiave che raddoppia anche diventando il più grande porto dell’Africa orientale, cedendolo al governo cinese se la Kenya Railways Corporation (KRC) non dovesse effettuare il pagamento di 22 miliardi di dollari dovuti alla Exim Bank of China.

Anche Gibuti è destinato ad assumere debiti pubblici pari a circa l’88% del Pil totale del paese, di 1,72 miliardi di dollari, con la Cina che ne detiene la maggior parte, secondo un rapporto pubblicato a marzo dal Centro per lo sviluppo globale. Anche l’Angola ha raggiunto un accordo sui prestiti per il petrolio, con Pechino che lega efficacemente la futura produzione petrolifera del paese alle spedizioni in Cina per coprire il crescente debito infrastrutturale del paese.

Sembra che il più giovane continente al mondo abbia rapidamente dimenticato la sua lunga e sanguinosa storia per ottenere l’indipendenza e abbia deciso di saltare dalla padella alla brace.

Forse è scritto nel DNA dell’Africa che debba essere spolpata dalla potenza di turno. Ora tocca alla Cina. Nel frattempo, l’Italia, che ha avuto lì una residuale avventura coloniale (Libia nel 1911 ed Etiopia nel 1936) sta pagando oggi un conto salato. Accollandosi il peso morale di dover accogliere chi è costretto a scappare da quel continente da sempre malconcio.

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