Dal Dopoguerra in poi eravamo abituati a vedere il Dollaro americano come valuta principale per le transazioni internazionali (tecnicamente si parla di mercato Forex). Soprattutto dopo il crollo dell’URSS e il monopolio egemonico assunto dagli americani sulle dinamiche geopolitiche mondiali.
Ma da un anno a questa parte, diciamo pure in corrispondenza dell’inizio della Guerra in Ucraina, qualcosa è cambiato. Infatti, il conflitto, ha avuto come effetto controproducente quello di consentire una evidente avanzata economica della Cina.
Giacché in primis la Russia e poi via via quasi tutti i paesi del Medioriente (perfino Israele che è il più vicino agli americani) , oltre alla già colonizzata Africa, si stanno riferendo al “Dragone rosso” per siglare importanti accordi commerciali, militari e tecnologici.
Ed ora, l’avanzata cinese si fa sentire pure in America Latina. Ultimo caso il Brasile, che ha siglato importanti accordi commerciali con la Cina senza adoperare il Dollaro americano, come accadeva un tempo. Ma con le proprie rispettive valute.
Gli accordi commerciali tra Cina e Brasile
Come riporta Contropiano, Brasile e Cina hanno firmato una ventina di accordi che riguardano agroalimentare, scienza e tecnologia, istruzione e cultura, e anche un’eventuale adesione del Brasile alla Belt and Road Initiative.
Anche senza Lula, fermato da una polmonite bilaterale, il forum commerciale tra i due paesi si è comunque svolto. A questo incontro hanno partecipato anche quasi 250 uomini d’affari cinesi, e altrettanti brasiliani.
L’obiettivo principale è quello di “ridurre i costi” e di “promuovere ulteriormente il commercio bilaterale, facilitando al contempo gli investimenti”.
Oltre ai 150 miliardi di scambi bilaterali del 2022, la Camera di Commercio Brasile-Cina ha calcolato che il 48% degli investimenti cinesi in America Latina tra il 2007 e il 2020 sono finiti proprio in Brasile. Un ulteriore rafforzamento del legame tra i due paesi potrebbe avvenire attraverso il via libera alle banche brasiliane a partecipare al mercato finanziario cinese.
Ma c’è un altro punto molto importante tra gli accordi, per ora però solo rinviato: la Banca Nazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale (BNDES) sarebbe al centro dell’intesa che permetterebbe a questo istituto di accedere ai crediti sottoposti al controllo di Pechino, per finanziare progetti infrastrutturali ed energetici.
Gli altri accordi che fanno fuori il Dollaro americano
Ma c’è dell’altro. Dilma Rousseff, la presidente del Brasile dal 2011 al 2016, ritornata come Lula in auge dopo alcune grane giudiziarie, è stata da poco indicata al vertice della National Development Bank, la banca di sviluppo dei BRICS (acronimo che include, oltre al paese carioca, anche Russia, India, Cina e Sudamerica. Praticamente il Nuovissimo Ordine mondiale in ascesa). E’ stato anche incluso l’Egitto, che secondo le stime della Banca Mondiale dovrà avviare nei prossimi anni un piano di investimenti di 230 miliardi di dollari.
Attraverso i BRICS, e non solo, sta prendendo piede un nuovo sistema di pagamenti e vettori di investimento internazionali. La Cina ha già stretto accordi valutari simili a quello di cui abbiamo parlato con altri paesi, tra cui Russia, Pakistan, Cile, Argentina. A breve anche le banche brasiliane entreranno a pieno titolo nel CIPS, il circuito di compensazione bancaria cinese che si oppone allo SWIFT statunitense.
Dunque, mentre il resto del mondo si polarizza verso la Cina, la vecchia Europa, e dunque l’Italia, restano fedeli al dollaro americano. Una nave che però sta affondando, insieme a tutto l’Occidente. E noi siamo tra i passeggeri.