Charlie Chaplin, una lacrima e un sorriso: film e biografia

Charlie Chaplin, una lacrima e un sorriso: film e biografia

Tra le centinaia di film che ho visto in questi anni, quelli che mi hanno colpito più di tutti sono senza dubbio quelli di Charlie Chaplin, al secolo Charles Spencer Chaplin. A mio modesto avviso, ma non solo, l’unico regista in grado di abbinare in modo magistrale comicità e malinconia, ilarità e dramma.
Nei suoi film Chaplin ha sempre raccontato la vita degli “ultimi”, esaltandone i sentimenti e il gran cuore, i soprusi e le ingiustizie che sono costretti a subire, ma spesso riuscendo a trovare per loro un riscatto, una pur minima rivalsa che li appaga, anche solo con un semplice sorriso, a dispetto di chi, seppur ricco e potente, infondo tiene sempre il broncio ed è infelice. Ma anche a questi ultimi Chaplin riserva sempre uno spazio, deridendoli, sbeffeggiandoli, ridicolizzandone gli usi, i costumi e i capricci. Soprattutto alla borghesia che si issa a monarchia, in special modo quella che proviene da origini umili che ha dimenticato.

Questa chiara impronta che hanno le sue opere cinematografiche perviene sicuramente da un’infanzia e un’adolescenza difficile, che Chaplin ha trascorso senza una famiglia che lo sostenesse sia socialmente che economicamente, che gli desse cioè quel nido sicuro di cui ogni essere umano ha bisogno. Il talento però gli ha dato quel meritato riscatto, seppur quel velo di malinconia, trasposto in modo evidente nei suoi film, non lo ha potuto rimuovere.

Quali sono le origini di Charlie Chaplin

Come riporta Wikipedia, Charles Chaplin nacque in East Street, nel sobborgo londinese di Walworth da Charles Chaplin Senior e Hannah Harriette Hill, il 16 aprile 1889, il padre era un “guitto” del teatro di varietà con un debole per l’alcol, la madre invece una cantante. Il matrimonio finì quando Hannah fu scoperta a tradire suo marito con un altro cantante del Music Hall, dando alla luce un fratellastro del quale Chaplin verrà a conoscenza solo molto più tardi. Per le precarie condizioni finanziarie della famiglia (furono affidati alla madre) Charles e il fratello Sydney trascorsero due anni fra collegi e istituti per orfani a Lambeth. Il padre morì quando Charlie aveva dodici anni e la madre, affetta da turbe mentali, venne ricoverata in un istituto presso Croydon; trascorse gli ultimi sette anni della sua vita in una villa donatale dai figli in California, dove morì nel 1928.

I tanti problemi in tenera età, non impedirono al piccolo Chaplin di apprendere l’arte del canto e della recitazione dalla madre; i primi passi sul palcoscenico li mosse assieme a lei alla tenera età di cinque anni, sostituendola anche una volta sul palco poiché essa fu fischiata sonoramente, a soli 7 anni.

A 9 anni si trasferì a Manchester, dove frequentò la scuola per tre anni. Grazie alle conoscenze del padre, entrò a far parte di una vera compagnia, gli Eight Lancashire Lads formata tutta da “enfants prodige”, sotto la guida di William Jackson. Gli otto bambini si esibivano in un ballo con gli zoccoli. Nel 1900, all’età di undici anni, il fratello riuscì a fargli ottenere il ruolo comico di un gatto nella pantomima Cinderella (Cenerentola), rappresentata all’ippodromo di Londra, nella quale recitava anche il famoso clown Marceline.

Primi film di Charlie Chaplin

Il salto arriva qualche anno dopo, quando a diciassette anni lavorò stabilmente nella compagnia di F. Karno (impresario teatrale di grande successo), con la quale nel 1910 salpò per gli Stati Uniti (insieme a S. Laurel, suo compagno di stanza a New York). Notato da M. Sennett nella pantomima dell’ubriaco (un suo cavallo di battaglia), venne messo sotto contratto alla Keystone e nel 1914 debuttò nella “slapstick comedy” con Making a Living. Nello stesso anno apparve in altri 34 “two reels” fra i quali “Kid Auto Races at Venic”e, in cui indossò per la prima volta il costume da tramp («barbone»), abito nero con bombetta sfondata e sottile bastone da passeggio, che lo renderà celebre, e “Caught in the Rain” (Colto dalla pioggia), con cui debuttò nella regia. Nasce così ufficialmente il buffo personaggio di “Charlot”, che permetterà a Chaplin di farsi “le ossa”.

Già all’apice del successo, l’anno successivo abbandonò Sennett (che lo paga 175 dollari a settimana) per la Essanay, che gli offrì un contratto di 1250 dollari a settimana per quattordici film (fra cui The Tramp, A Night at the Show e Carmen) e maggiore libertà espressiva. nel 1916 passò poi alla Mutual (con un contratto di 10.000 dollari a settimana più vari benefit) e cominciò a produrre film che si basavano sempre più su una non esibita ma efficace polemica sociale, come Charlot emigrante, in cui metteva in scena la scandalosa «quarantena» cui venivano sottoposti gli immigranti a Ellis Island prima di sbarcare a New York (famosissima la scena di Chaplin che barcolla sulla nave). Instancabile e sempre più creativo e celebre, nel 1918 ottenne un contratto da un milione di dollari e piena e totale libertà dalla First National.

Quando Charlie Chaplin cominciò ad avere successo

È l’inizio delle produzioni della prima maturità, impressionando migliaia di chilometri di pellicola produsse mediometraggi di ampio respiro come Vita da cani e Charlot soldato, ma soprattutto Il monello del 1921, suo primo lungometraggio. Da qui Chaplin propose una serie di lungometraggi di successo, sebbene il successivo, La donna di Parigi, in cui Chaplin appare solo brevemente come facchino ed è solo regista, non ebbe un buon riscontro commerciale.

Seguiranno una serie di successi: La febbre dell’oro (1925), Il circo (1928), Luci della città (1931), Tempi moderni (1936); da qui Chaplin donò la voce ai suoi protagonisti e a oltre il ruolo del “vagabondo”, e proseguirà il leitmotiv iniziato con Tempi moderni, ossia una tagliente critica alla società moderna, al capitalismo e ai potenti, attraverso la sua disarmante ironia: Il grande dittatore (1940), Monsieur Verdoux (1947), Luci della ribalta (1952), Un re a New York (1957).

Ultimi anni di vita di Charlie Chaplin

Nel 1964 pubblicò un’autobiografia e nel 1967 dirige nientepopòdimenoche S. Loren e M. Brando in La contessa di Hong Kong, un soggetto però vecchio di trent’anni che si dimostrò inadeguato ai tempi e agli attori. Nel 1972 finalmente arrivò il “perdono” statunitense e C., contravvenendo a molte sue dichiarazioni, accettò di recarsi a Hollywood a ritirare l’Oscar assegnatogli «per l’incalcolabile contributo dato alla trasformazione del cinema nell’arte del nostro secolo». Nel 1975 venne anche insignito dalla regina del titolo di Baronetto della corona.

Quando è morto Charlie Chaplin

Come avrebbe previsto in uno dei suoi migliori film come finale agrodolce per un suo personaggio, Charlie Chaplin si spense la notte di Natale del 1977 serenamente nel sonno, a Vevey in Svizzera. Già in Svizzera, perché i suoi film infastidirono il mondo anglo-americano, tanto da essere chiamato tre volte a testimoniare davanti al Comitato per le attività antiamericane, non presentandosi mai, inviando un telegramma in cui dichiarò di non essere comunista e di non essersi mai iscritto ad alcun partito.

Il Comitato sembrò prendere atto della sua smentita, ma quando nel 1952 il regista si recò a Londra per la prima di Luci della ribalta gli fu negato il visto per il ritorno. Decise così di stabilirsi in Svizzera, dove trascorrerà il resto della sua vita. In fondo, l’America e la gran Bretagna avevano salvato tanti ebrei dalle grinfie del Nazismo, ma non si erano mostrati tanto più morbidi nei confronti degli artisti che ne avevano criticato il sistema socio-economico.

Figli di Charlie Chaplin

Charlie Chaplin ebbe dieci figli, i primi due dalla seconda moglie Lillita Louise MacMurray, attrice statunitense nota con lo pseudonimo di Lita Grey, sposata nel 1924, e altri otto dalla quarta e ultima moglie Oona O’Neill, figlia del drammaturgo Eugene O’Neill e sposata nel 1943.

ROBIN WILLIAMS, IL CHARLIE CHAPLIN CONTEMPORANEO

Film di Charlie Chaplin

Charlot ci ha lasciato tante perle, ancora purtroppo attualissime, essendoci ancora nel Mondo, a meno di un secolo dalla loro creazione, ingiustizie e soprusi verso i più deboli.Di seguito riporto un mio giudizio sui cortometraggi e lungometraggi visti:

Charlot emigrante

Charlot è uno dei tanti emigrati europei che si dirige in America con la speranza di cambiare vita ed avere fortuna. Il viaggio però non è dei più confortevoli e l’America non è poi così ospitale. Charlie Chaplin inizia a criticare con la sua tagliente comicità ed ironia l’ “American dream” e come venivano maltrattati gli emigranti.
Valutazione: 4/5 stelle

L’evaso

Charlot evade da un carcere sito su un’isola e cerca, tra mille tentativi buffi di scappare dalle grinfie delle guardie, di rifarsi una vita con una bella ragazza ricca. Ma la fortuna non lo assisterà fino in fondo. Nel film vi sono una serie di scenette comiche irresistibili.
Valutazione: 5/5 stelle

Vita da cani

 Charlot è un vagabondo che vive di espedienti, rubando qua e là cibo, ed ha un fedele cagnolino. In un locale situato in un quartiere malfamato conosce una soubrette ma non riesce a conquistarla poichè non può pagarle da bere. Trova fortuitamente un portafoglio colmo di soldi, rubato da due malviventi ad un ricco e nascosto sotto terra, proprio dove il vagabondo e il suo cane soleano dormire. Così torna nel locale per riconquistarla, ma ormai la ragazza è stata licenziata perché non ha voluto prestarsi ad un bullo. Tra alterne fortune i due riusciranno a mantenere la cospicua somma di denaro trovata per caso, e realizzare così il loro sogno: andare a vivere insieme in una casetta di campagna, felici e contenti. Film tra i primi in cui il personaggio di Charlot comincia a delinearsi, tra bourlesque e malinconia, i soprusi e le ingiustizie della società, ma anche un lieto fine, non sempre presente nei film di Chaplin. Geniale la scena in cui Charlot prima stona il malvivente e poi muove le proprie braccia alle sue spalle fingendo che sono le sue.
Valutazione: 5/5 stelle

Charlot soldato

Charlot viene arruolato e spedito insieme ad altri suoi colleghi americani in Europa durante la Prima guerra mondiale, in una missione volta a fronteggiare l’assalto dell’esercito autro-ungarico verso Parigi. Tra mille difficoltà e qualche goffagine, il suo eroismo lo porterà a grandi gesta durante la battaglia, salvo un piccolo particolare non trascurabile…
Valutazione: 5/5 stelle

Un idillio ai campi

Charlot è il “tuttofare” di un ricco proprietario terriero, che ha una fattoria ma anche un albergo, ed egli fa da allevatore, addetto alle pulizie e receptionist. Oltre al duro lavoro, egli però pensa anche ad una bella ragazza della quale è innamorato, ma deve vedersela con suo padre tiranno e suo fratello rompiscatole. Tra tante difficoltà riesce a fidanzarsi con lei, ma arriva un brutto incubo proprio sul più bello…Per fortuna solo un incubo.
Valutazione: 4/5 stelle

Il monello

In una Londra divisa tra ricchi e poveri, una giovane madre sola presa dalla disperazione abbandona il suo neonato, e vive nel rimorso anche quando arriverà per lei il successo e diventerà ricca. Un povero vetraio trova il fagotto abbandonato e decide, nonostante il proprio stato di povertà, di allevarlo. Quando poi il neonato diventa un pò più grande, si fa aiutare dal piccolo monello facendogli rompere i vetri delle case che egli poi ripara, guadagnandosi un minimo per vivere. Dopo una rissa con un altro monello, il bimbo si sente male e chiamato il medico, quest’ultimo decide di chiamare l’orfanotrofio per far vivere il piccolo in condizioni più consone. Il vetraio però riesce a riprenderselo, ma la legge ha la meglio. Non fino in fondo però, e al povero ma ricco di amore, alla donna disperata e al piccolo orfanello, il destino sorriderà…
Valutazione: 5/5 stelle

La donna di Parigi

Una ragazza di provincia viene segregata in casa dal padre e decide di evadere, trovando l’aiuto di un giovanotto che decide di accoglierla in casa sua, provando qualcosa per lei. Ma suo padre non accetta questa relazione, tanto da morire dal dispiacere. Le strade dei due giovani così si dividono, e si incrociano di nuovo in una Parigi travolta dalla “belle epoque” e dall’anticonformismo. La giovane da disperata qual’era, ora, seppur consapevole dei suoi tradimenti, vive con un uomo ricco ma “tombeur de femme”, e quando il ragazzo la incontra, il loro amore sembra di nuovo essere impossibile, anche per il morboso attaccamento della madre di lui. Di qui la tragedia, ma anche un finale che ridà alla ragazza una chance per redimersi.Chaplin si “limita” a fare il regista di una storia d’amore malinconica e dannata, che a tratti calca forse troppo la tragedia, ma che al contempo dimostra la ormai consolidata maturità di Charlie Chaplin come regista, anche di film che non prevedono alcuna sequenza comica.
Valutazione: 3/5 stelle

La febbre dell’Oro

Siamo a fine ‘800 e molti americani sono colpiti dalla “febbre dell’oro” che li spingeva in massa verso mete anche anguste, col sogno di arricchirsi. Tra queste c’era l’Alaska e le sue montagne innevate e ripide, nonchè i suoi inverni freddi e ostili. Tra i famelici ricercatori viene coinvolto inconsapevolmente anche Charlot, che nella disperata ricerca di un riparo, entra nell’abitazione di un bandito ricercato e presto si aggregherà a loro un grosso e panciuto ricercatore di oro. Sbarazzatosi della loro compagnia poco rassicurante, l’omino vagabondo entra in un locale dove tutti sono allegri e si divertono, e conoscerà Giorgia, una ballerina che però si diverte alle sue spalle venuta a conoscenza dell’amor che egli prova per lei. Ben presto però sarà conquistata dai modi gentili e teneri del buffo omino.Tra i film di Charlot è tra quelli che danno maggiore spazio alla malinconia e alla riflessione, e meno alla comicità straripante. Sebbene non manchino momenti divertenti e geniali intuizioni, come la visione del pollo da parte di Giovannone, il balletto con i panini e le forchette, la casa sul precipizio.
Valutazione: 4/5 stelle

Il circo

 Charlot finisce accidentalmente nel capannone di un circo, inseguito da una guardia poiché, con altrettanta fatalità, un portafoglio rubato è finito nella sua tasca. Non volendo, innesca col poliziotto un numero che fa impazzire gli spettatori presenti, ravvivando uno spettacolo che invece sarebbe stato per l’ennesima volta noioso e criticato. Il padrone del circo decide così di sfruttare la sua innata dote comica, ma senza fargliene accorgere per continuare a pagarlo come semplice inserviente. Sarà però la figlia del padrone, una fallita equilibrista con gli anelli che il padre tiene a digiuno e riempie di botte, a fargli aprire gli occhi, e Charlot si innamorerà anche di lei. Ma il destino vuole che sulla loro strada arrivi un bell’equilibrista e ancora una volta il gran cuore di Charlot sarà il vero protagonista. Charlie Chaplin ci parla del mondo del circo, ed oltre a varie sequenze già viste in altri film precedenti (soprattutto nelle brevi burlesque che lo resero celebre), nonchè al velo malinconico che ricopre sovente i suoi film, anche quelli più spassosi, sono altresì presenti intuizioni comiche di gran rilievo e innovazione: l’inseguimento nel castello degli specchi, la sequenza nella gabbia con il leone, la scena di lui sulla corda infastidito dalle scimmiette; tanto per citarne qualcuna. O ancora, la sequenza innovativa con Charlot che immagina di buttare a terra per gelosia l’equilibrista, con lo sdoppiamento della sua immagine.
Valutazione: 4/5 stelle

Luci della città

Un vagabondo vive di stenti, ma in fondo anche con infinita speranza in un futuro migliore, la sua quotidiana povertà; in una notte passata al molo, solo apparentemente come tante altre, salva la vita di un aristocratico che vuole suicidarsi in mare perché lasciato dalla moglie. Apprezzato molto il gesto del vagabondo, il nobile lo ospita a casa e lo riempie di affetto; ma il giorno dopo, passata la sbronza, non si ricorderà più di lui e lo caccerà da casa. E questa amicizia nata da una tragedia continuerà con questi alti e bassi dovuti all’alcool, che porterà sbalzi di umore e continui cambiamenti di atteggiamento dal parte del ricco infelice.Il vagabondo però ha conosciuto anche una bella fioraia cieca e cerca come può di aiutarla finanziariamente. E sarà questa sua enorme generosità verso lei che gli porterà non pochi problemi. Ma guadagnerà un lauto compenso finale che va oltre il vil denaro.Chaplin con la sua consueta maestria si prende beffa dei ricchi, dei loro vizi e difetti, della loro ipocrisia e falsità, ed esalta al contempo la vera ricchezza delle persone semplici, basata sulla generosità. Anche in questo film alterna con inimitabile capacità momenti di alta comicità e “burlesque” a momenti di profonda malinconia e drammaticità.
Valutazione: 5/5 stelle

Tempi moderni

Charlot è l’operaio di una fabbrica, il cui padrone fa tenere dei ritmi di produzione esasperati in nome del profitto. Ma queste condizioni di lavoro lo portano alla schizzofrenia tanto da finire in manicomio. Uscito di lì vive varie vicende sfortunate che lo riportano sovente in carcere. Nella sfortuna però conosce una ragazza povera e orfana, che per sopravvivere si dà ai furti. I due si confortano a vicenda nella disperazione, e riescono a trovare anche un lavoro; tuttavia la sfortuna pare non volerli mollare…Chaplin ironizza sui famigerati “tempi moderni”, in particolare il capitalismo che ha reso le persone degli automi (tramite il fordismo), nonché sui vizi della media borghesia diventata egoista e in fondo anche buffa. Ma come in ogni film di Chaplin che si rispetti, è la speranza, malgrado tutto, a vincere.
Valutazione: 4/5 stelle

Il grande dittatore

Chaplin dona la voce ai suoi personaggi. Tecnicamente il film non è un capolavoro; ma il modo con il quale Chaplin racconta l’avanzata nazista in Europa è magistrale. Utilizza di fatti due delle sue armi migliori: la malinconia da un lato e l’ironia dall’altro. I protagonisti di una vicenda così drammatica e disumana sono trattati con un’ironia disarmante, al punto da irriderli completamente, ma il tutto è ricoperto da quel velo di tristezza e malinconia che sempre caratterizza i film di Chaplin. D’altronde si parla sempre di un periodo tragico e Chaplin lo sa bene. Stupenda la scena finale, con il finto Hitler che parla di speranza anziché di disumane minacce al Mondo. Dedica la parte finale del discorso alla donna che amava, ma che l’efferata violenza degli uomini probabilmente non gliela faranno più incontrare; si chiama Hannah e forse in realtà è dedicato alla madre, morta in una casa di cura psichiatrica.
Valutazione: 5/5 stelle

Monsieur Verdoux

Henri Verdoux era un bancario che con l’arrivo della crisi finanziaria del 1930 divenne disoccupato. Per mantenere il tenore di vita della propria famiglia che ormai vede molto poco, ma soprattutto, per un acquisito sadismo ed egoismo innescato in lui da una società post crisi sempre più egoista ed arrivista, nonchè violenta dati i regimi dittatoriali che si diffondevano nel mondo, Verdoux da tre anni si da alla truffa sposando donne ricche per poi ucciderle e derubarle. Riesce ad affezionarsi solo ad una donna, poichè anche in lei rivede una vittima della società di quei tempi, pur mantenendone una certa freddezza e distanza. Il suo gioco diabolico però ben presto diventerà troppo difficile da gestire…Chaplin propone un thriller in salsa comica, come solo lui potrebbe fare. Non manca altresì una morale di fondo, ossia una critica alla società degli anni ’30, costruita da un essere umano sempre più egoista ed ipocrita; che condanna sì un suo pari per vari omicidi commessi, ma dimenticando forse che è stata proprio la società da esso creata a renderlo un assassino e truffatore senza scrupoli.
Valutazione: 4/5 stelle

Luci della ribalta

 Calvero è un ex clown di successo, ora solo dedito all’alcool perché nessun impresario lo assume per qualche spettacolo, essendo i suoi numeri ormai ritenuti superati e per nulla divertenti (ne è la riprova il fatto che il pubblico abbandona sovente anzitempo il suo numero). Egli prende però a cuore il caso di una ragazza che vive nell’appartamento sottostante al suo, Thereza Ambrose, che aveva tentato il suicidio. Scopre presto che è un’ex ballerina caduta in depressione per un trauma adolescenziale, e Calvero riesce a scuoterla e a farle riprendere la sua attività. Quando poi sarà lui a scoraggiarsi e ributtarsi nell’alcolismo, sarà lei ad incoraggiarlo.Chaplin ci parla degli artisti, ritraendone la sfaccettatura più umana: i successi, le ansie, le disperazioni, le rivincite, gli ideali, le delusioni. Ci dà ancora un saggio della sua maestria nell’alternare momenti di comicità a momenti drammatici e struggenti. Riesce anche ad inserire spazi di alto teatro, tra cui la “Arlecchinata”, che gli farà guadagnare l’Oscar per la musica nel 1972. Charlotte trova dei ritagli anche per i figlioletti e…Buster Keaton nel ruolo del suo partner nell’ultimo numero; forse il più riuscito di tutta la sua vita, che dimostrerà a lui stesso e soprattutto agli altri, che non era finito.
Valutazione: 4/5 stelle

Un Re a New York

 Un Sovrano di uno stato europeo, Re Shahdow, viene destituito da una rivoluzione popolare e fugge in aereo negli Stati Uniti, patria democratica e libera, dove egli cerca pace e riparo. Ma giunto lì ben presto farà i conti con una società caotica, dedita al consumismo e alla futilità, sarà preda dei media e della pubblicità, infine anche di una Commissione d’inchiesta anti-comunista. Conoscerà prima una ragazza, Anna Kay, carina e gentile con lui, ma che in realtà nasconde un secondo fine, ossia sfruttare la classe e il savoir faire del Re per futili pubblicità; poi conoscerà un ragazzino vispo e grande oratore, che nel suo modo di fare nasconde un profondo disagio, legato ai genitori perseguitati da una Commissione perchè iscritti al partito comunista. Del resto, siamo agli inizi della Guerra Fredda.Con la sua solita e disarmante ironia, Chaplin ne ha per tutti: la società americana solo apparentemente libera ed in fondo ipocrita; il potere della TV che iniziava a prendere piede; l’ossessione della pubblicità; l’aggressività e le menzogne della stampa; l’anticomunismo esasperato americano da un lato e i ridicoli e anacronisti Re dall’altro.Chaplin ci ha visto lungo per quanto concerne la destituzione dei Re messi a nudo dai loro popoli, anche se ciò in Europa accadrà ai dittatori, e l’aggressività e le manie della televisione.
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