CASORIA COME MANILA
AI MARGINI DELLA CITTA’ STANNO PROLIFERANDO NUMEROSE BARACCOPOLI, CON SERI RISCHI PER GLI AUTOMOBOLISTI E DANNI ALL’AMBIENTE
Il nomadismo è uno stile di vita divenuto anacronistico già a partire dal lontano diciannovesimo secolo, quando sono nati gli Stati-nazione, entità geopolitiche e politiche che stabiliscono confini e diritti-doveri per chi vi vive (cittadini). Pertanto, lo Stato non può tollerare che un gruppo di persone si trovi per lunghi periodi sul proprio suolo senza alcuna identificazione e per di più vivendo in condizioni disagiate e degradate. Sia chiaro, con ciò non si vuole aizzare alcun ideale xenofobo o istigare alcuna azione violenta. Ma è un doveroso cappello introduttivo a uno dei tanti problemi che riguarda la nostra cittadina e che sta degenerando anno per anno, senza alcun tentativo di risoluzione da parte delle amministrazioni avvicendatesi: le baraccopoli che stanno proliferando ai margini del nostro territorio.
DOVE SI TROVANO LE BARACCHE – Le più evidenti sono tre. Una visibile partendo dal centro di Casoria, imboccando la Circumvallazione esterna e uscendo alla prima uscita utile per Casoria; quella che per intenderci sbocca su Via Taverna rossa, prima del ponte. Rampa tra l’altro pericolosissima, perché a doppio senso benché stretta e con scarsa visibilità. A questi fattori già di per sé ostici, occorre aggiungere il pericolo rom ai margini della strada. Già perché l’automobilista può ritrovarsene qualcuno che cammina tranquillamente sul ciglio della strada. Ma oltre a questi inusuali pedoni, si noteranno anche i rifiuti che dalla baraccopoli sconfinano fin su la strada. Uno spettacolo degno delle peggiori favelas brasiliane o dei degradati quartieri della poverissima Manila.
Un altro campo rom lo si intravede uscendo dalla Circum. direzione Decathlon. Anche qui i pericoli e lo scenario raccapricciante sono quelli di cui sopra. La vicinanza con il campo rom è così prossima che l’automobilista ha l’impressione di finirci dentro.
L’ultimo – andando a memoria– si trova all’uscita dell’asse mediano ai confini con Afragola. Un’uscita pericolosa anche per la zona degradata in cui ricade; non a caso, non pochi sono i casi di rapine subite a tarda notte. Il campo rom sta creando anche problemi di sicurezza alla vicina Ikea, che infatti ne vorrebbe lo smantellamento.
SOLUZIONI FORSE PERO’ UTOPICHE– La soluzione? Certo non quella della Francia, che negli ultimi due anni si è liberata dei rom deportandoli a mezzo aereo o, peggio ancora, tram. Metodi di nazista memoria, anche perché la stazione di partenza fu la stessa dalla quale partirono gli ebrei quasi 70 anni fa. Molto meglio invece quella del Sindaco di Bari Michele Emiliano, già presentata in questo post).
Dopo aver studiato i loro usi e costumi, le loro credenze, come dovrebbe fare ogni amministratore locale prima di affrontare determinate questioni sociali, l’amministrazione comunale barese ha messo a disposizione della comunità Rom un’area di proprietà del Comune, il Quartiere Japigia (circa 10 mila mq), dotandola di acqua e luce elettrica, per evitare l’uso di fiamma viva causa di innumerevoli tragedie nei campi. Ha permesso altresì che i bambini e le bambine andassero a scuola, inserendoli in progetti specifici che coprono anche le spese per il materiale didattico e prelevandoli con scuolabus del servizio scolastico, sottraendoli così allo sfruttamento minorile. Per quanto concerne gli uomini, le politiche di integrazione volute dall’amministrazione comunale hanno favorito la costituzione di una cooperativa di lavoro.
Ma qui siamo a Casoria e non ci aspettiamo certo siffatti provvedimenti. Tutt’al più potremmo chiedere all’amministrazione locale di installare segnali di “pericolo uscita rom”. L’ironia e la fantasia a volte sono più efficaci della politica latitante.
grazie per l'info, non sapevo che Emiliano si fosse dato da fare su questo problema, buon per lui e i baresi!anche a Roma erano sorti diversi campi improvvisati, pure pericolosi in primis per chi vi alloggiava, poi sono stati creati dal comune alcuni insediamenti più attrezzati.. onestamente al momento non sono molto informata sulla situazione, certo non si può non trattare in modo civile queste persone che non sono tutte nomadi e volentieri vorrebbero, ad esempio, continuare a mandare a scuola i propri figli, vivere in condizioni più umane ecc.(cercherò di documentarmi un po' meglio)Un saluto 🙂
Condivido tutto quello che hai scritto. Alcuni anni fa, "un'altra amministrazione" sembrava volesse fare qualcosa: noi docenti gradimmo e accettamo di buon grado , tanto che avremmo dedicato alcune ore a settimana ( tentando una sorta di alfabetizzazione…ma il progetto prevedeva altro ancora…), recandoci direttamente nei "campi", volontariamente, gratuitamente e a nostro rischio e pericolo…ma la cosa si spense sul nascere, come tante, troppe altre cose….Pina