Il centro sportivo Pino Daniele di Caivano esclude paradossalmente i club e le associazioni locali. Una mera operazione di facciata.
Il governo Meloni si riempie tanto la bocca con “il Modello Caivano“, che andrebbe anche, a suo dire, esportato in altre periferie.
Ci si riferisce, in particolare, al fatto che il riscatto delle periferie passerebbe per la lotta allo spaccio di droghe che ivi si insinua, trovando terreno facile grazie a degrado urbano e povertà dilagante (Scampia è l’esempio più lampante). Ma anche tramite la realizzazione di impianti sportivi che possano occupare il tempo libero dei più giovani, distraendoli così da quelle che sono le attività illecite nelle quali troppo facilmente sono adescati.
A parte che il Reddito di cittadinanza era già un buon modo per combattere la povertà e quindi la tentazione di abbracciare il fucile e darsi alla mala. E proprio questo esecutivo lo ha soppresso. Ma poi anche il centro sportivo come oasi nel deserto risulta solo una operazione di facciata.
Infatti, come riportato dal Corriere del Mezzogiorno, proprio i club locali sarebbero esclusi per gli eccessivi costi dal Centro sportivo Pino Daniele di Caivano, inaugurato il 28 maggio 2024.
Cos’è il Centro sportivo Pino Daniele di Caivano
Nel centro sportivo Pino Daniele di Caivano si possono praticare 44 discipline ma non può ospitare le associazioni sportive locali, le quali soffrono proprio la carenza di impianti dove poter praticare. Non solo nel proprio comune, ma anche nel resto dell’area metropolitana di Napoli e nella vicina di Caserta.
Si trova nel Parco verde di Caivano, zona dove sorgono le case popolari, da decenni luogo di degrado, diventata, dopo la “caduta” di Scampia, la nuova piazza di spaccio più grande d’Europa.
Il centro è stato realizzato grazie a un sostanzioso intervento della società Sport e Salute: azienda pubblica italiana, che si occupa dello sviluppo dello sport, il cui azionista unico è il ministero dell’Economia e delle Finanze. Il centro, in realtà, già esisteva ma versava in condizioni di abbandono e degrado. Per riqualificarlo sono serviti 13 milioni di euro.
La gestione degli impianti è stata, poi, affidata fino alla primavera del 2027, al gruppo sportivo Fiamme oro.
La beffa per i club e le associazioni locali
Tutto molto bello, almeno sulla carta. Peccato che le associazioni sportive caivanesi debbano ancora allenarsi nelle palestre degli edifici scolastici cittadini, come quella dell’Istituto Don Milani, altra figura clericale impegnata proprio come don Maurizio Patriciello. Peraltro, con incastri di orari non sempre facili da combinare tra le esigenze concomitanti delle diverse società sportive.
Spiega bene come stanno le cose Domenico Serrao, esperto d’impianti sportivi e responsabile del settore giovanile della Jirafa basket che conta 150 atleti:
Credo che il punto nodale sia l’enorme flusso di denaro pubblico che non ha portato vantaggi per la popolazione. Mi spiego meglio: è mancata una programmazione organizzativa. Un’idea poteva essere quella di avviare una gestione del centro suddivisa tra i diversi sport insegnati e praticati nelle strutture. E ritengo per esclusione che l’affidamento della gestione alle Fiamme Oro sia corretta. Il Comune non avrebbe le risorse per sostenere economicamente una mole di lavoro così importante. Pertanto, ben venga un privato. Ma avrebbe dovuto essere molto competitivo per quanto riguarda l’aspetto finanziario. Di quei 13 milioni ne bastavano 2 per costruire una tendostruttura o un campo altrove. Si poteva individuare Villa Andersen, sempre nella zona del Parco Verde
A fargli eco Enrico Ponticelli, presidente del Tennis Campiglione con 90 atleti che giocano solo su due campi collocati in via Fiore Colantòn, un’area gestita dall’ordine dei Carmelitani ai quali bisogna pagare un fitto mensile:
Avremmo avuto degli enormi vantaggi nel giocare anche su altre superfici, visti i tanti soci e gli spazi ridotti. Temo che in quell’impianto si proponga un’attività di facciata perché poi concretamente sarei curioso di conoscere il rapporto che passa tra costi così esosi e benefici. E poi, come funziona? Stanno facendo sport lì dentro? Perché non riscontro grande successo per queste nuove attività
Ma c’è anche chi denuncia che le associazioni sportive locali vengano respinte, anche se disposte a pagare il dovuto. Come Francesco Dell’Aversano, direttore tecnico del club sportivo più nutrito, ovvero il Phoenix Volley, che vanta 400 atleti iscritti in 18 squadre:
Invece so di club anche disponibili a pagare rette importanti pur di entrare e fare attività, ma il diniego da parte di Sport e salute è stato perentorio. Difficile convivere con altri in una sola palestra come quella di una scuola, per giunta pure degradata a causa delle infiltrazioni d’acqua. All’ordine del giorno vi sono scollamenti dei tappeti e crepe nelle mura. Possiamo andare avanti così?
Al caso ha dedicato un reportage anche Report, che potete guardare su RaiPlay a questo link: https://www.raiplay.it/video/2025/01/Prumesse-mancate—Report-12012025-1e30c606-d9ae-4405-8d60-0f6a885ec892.html?wt_mc=2.www.cpy.raiplay_vid_Report.
Seguici su Facebook cliccando sull’immagine 👇🏻
