Con l’acronimo BRICS si intende l’organizzazione politico-economica che unisce
Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Nato nel 2016, dal 1° gennaio 2024 include altri sei Paesi: Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Il che fa sì che ad oggi rappresenteranno il 36% del Pil mondiale e il 47% della popolazione dell’intero pianeta.
Del resto, Cina, India e Russia da sole sono estesi quanto un continente e solo i primi due vantano quasi 3 miliardi di abitanti, oltre un terzo di quella mondiale.
Numeri impressionanti, contro i quali il G7 che ancora si tiene appare sempre più ridicolo. Già più volte da noi definito come una riunione di vecchie glorie che ricordano con affetto e rimpianto i tempi andati.
Ma ora c’è un’altra notizia che inquieta il malandato mondo occidentale, sempre meno influente dal punto di vista geopolitico ed economico. I BRICS vogliono fondare un proprio circuito di pagamento, alternativo allo Swift, che vede il dollaro americano primeggiare. E potrebbe vedere l’adesione di ben 159 paesi, soprattutto di Asia, Africa e Sudamerica.
Come funziona il sistema di pagamento BRICS alternativo allo SWIFT
Come riporta Watcher, secondo il governatore della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina , 159 paesi sono pronti ad adottare il sistema di pagamento BRICS quando sarà attivo. In effetti, questi partecipanti stranieri stanno cercando di esplorare un’espansione della piattaforma russa System for Transmitting Financial Messages (SPFS).
Nabiullina ha detto che il sistema “è un’alternativa a SWIFT”. Inoltre, ha aggiunto
Infrastrutture simili esistono in altri paesi. Stiamo tenendo discussioni sull’interazione di tali piattaforme, ma qui l’interesse e la prontezza tecnica dei nostri partner sono importanti
Secondo il capo del Consiglio presidenziale BRICS russo, Viktoria Panova, al prossimo vertice BRICS se ne discuteranno i dettagli. Soprattutto sul meccanismo.
Dunque, a capo di questo progetto c’è la Russia. Paese resiliente e pronto ad adattarsi alle difficoltà che sopraggiungono, con soluzioni interne rapide. Usa e Ue speravano che, a colpi di dazi e accordi commerciali strappati, l’orso russo sarebbe rientrato mestamente nella tana. Magari poi ucciso e smembrato. Ma non è così. Hanno solo stuzzicato l’animale sbagliato e ora ne pagheremo pesantemente le conseguenze.