Boris Johnson stravince le elezioni, e abbiamo perso tutti con Brexit

Boris Johnson ha stravinto le elezioni in Gran Bretagna, confermandosi Premier e avendo il mandato forte per completare la Brexit come vuole lui. Una Brexit che va avanti da 3 anni e mezzo, più volte rinviata, ma che ha ora come prossima data il 31 gennaio. Forse quella conclusiva.

Riportando i dati di Corriere della sera e LaRepubblica, Boris Johnson ha ottenuto il 43,6% dei voti, distaccando di quasi 10 punti il candidato del Labour Party Jeremy Corbyn. Apparso troppo debole, con idee vecchie (di stampo marxista) e con uno scomodo passato anti-semita.

Molto indietro i restanti 3 candidati, sebbene il National Scottish Party abbia aumentato i propri seggi di 13 unità, arrivando a 48. Un numero che gli scozzesi non tarderanno a far sentire in Parlamento, avendo peraltro la Scozia votato per il Remain.

I conservatori hanno dunque conquistato 365 seggi su 650, una maggioranza assoluta, che non richiede alleanze. Oltretutto, i parlamentari conservatori sono tutti pro-Johnson e pro-Hard Brexit.

Il che renderà difficili dispute e spaccature come invece era successo nella maggioranza precedente guidata da Theresa May. Tra l’altro avversata, fino alle dimissioni, dallo stesso Boris Johnson, che si era anche dimesso da Ministro degli esteri.

I laburisti si fermano a 203 seggi, con Corbyn che ha già detto di non ricandidarsi. Il Labour Party è arrivato addirittura a perdere 59 seggi. I liberal democratici hanno ottenuto 11 seggi (11,6%) ma perso la loro figura di spicco: la leader Jo Swinson non è stata rieletta e non potrà — per legge — guidare il partito. I verdi non beneficiano invece dell’onda ambientalista, confermando il loro unico seggio col 2,7%.

Molto soddisfatto della vittoria di Johnson Donald Trump. Il quale festeggia per una Unione europea meno unita e forte, senza la sua seconda economia, nonché quarta a livello mondiale.

Trump con Johnson, oltre alla chioma bionda, condivide la storica alleanza ed amicizia tra i due paesi, nonché una politica nazionalista e protettrice. L’intesa tra i due è dunque ottima e naturale e potranno dialogare senza dover tener conto dell’Ue.

La vittoria di Boris Johnson (qui la sua biografia) è una pessima notizia per l’Unione europea, che si troverà di fronte un interlocutore deciso a non concedere nulla sulla trattativa di uscita. Ed ovviamente, è una brutta notizia anche per noi [sta_anchor id=”boris”]italiani[/sta_anchor].

Brexit, cosa rischia Italia

Boris Johnson foto

La Brexit dovrebbe essere sancita il 31 gennaio prossimo. Sebbene il condizionale sia d’obbligo. Comunque, la transizione durerà per tutto il 2020.

L’Ue, come detto, perde uno dei suoi padri fondatori. Oltre che membro economicamente molto forte. Anche se, come noto, la Gran Bretagna non abbia mai scelto di aderire all’Euro. D’altronde ha una valuta forte, che con l’indecisione sulla Brexit ha perso colpi ma ora sta recuperando terreno.

Bisognerà dunque riscrivere tutti gli accordi burocratici ed economici. Cambieranno i diritti e i doveri per britannici e i cittadini dell’Ue. I rapporti commerciali, gli accordi sull’ambiente.

I prodotti ed i servizi che i due paesi si vendono reciprocamente costeranno di più. Non a caso, non sono poche le aziende e le banche che stanno scappando dalla Gran Bretagna.

Riguardo noi italiani, i danni non sono pochi. Come riporta QuiFinanza, le aziende agroalimentari italiane, faranno i conti sia con le difficoltà iniziali di esportare i loro prodotti al di là del Canale della Manica, sia con una possibile deregulation del settore che renderebbe più semplice immettere sul mercato prodotti che copiano le nostre eccellenze o con falsi marchi “made in Italy”. Un danno economico che, potenzialmente, può valere centinaia di milioni di euro ogni anno.

Sino a oggi, infatti, i nostri prodotti agroalimentari di eccellenza sono stati protetti da varie norme e direttive europee. Però, una volta che il Regno Unito sarà fuori dall’Unione, chiunque potrà immettere sul mercato britannico un falso Parmesan senza rischiare sanzioni o una mozzarella di bufala “made in Italy” prodotta in loco o con latte proveniente chissà da quale filiera.

E, a pagarne le conseguenze peggiori, saranno i piccoli produttori locali che trovano nel mercato di Sua Maestà un mercato particolarmente generoso.

Secondo i dati diffusi da Coldiretti, infatti, la Gran Bretagna è il quarto partner economico italiano per quel che riguarda il settore agroalimentare. Nel corso del 2018, le esportazioni verso l’isola britannica hanno portato nelle casse dei produttori del Belpaese la bellezza di 3,4 miliardi di euro ma, in caso di Brexit no-deal, le ambizioni di ulteriore espansione potrebbero subire un colpo dal quale sarà difficile riprendersi.

A risentirne maggiormente sarà il settore della produzione vinicola, che da solo vale 827 milioni di euro. Di questi, oltre 300 milioni sono stati generati dall’export di Prosecco DOP, arrivato sul mercato inglese da alcuni anni e apprezzatissimo dai consumatori britannici.

Sul secondo gradino del podio, con un fatturato di 234 milioni di euro, troviamo l’ortofrutta fresca e trasformata (come le conserve di pomodoro) e il settore caseario, con Grana Padano e Parmigiano Reggiano che, da soli, valgono 85 milioni di euro di esportazioni.

Brexit, cosa cambia per italiani in Gran Bretagna

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A riassumerlo è The italian times. Per chi già vive e lavora in Gran Bretagna non cambia nulla, si dovrà solo registrare al ministero dell’Interno sulla base del «settlement scheme». Per quanto riguarda i lavoratori non qualificati: baristi, camerieri, parrucchieri per poter recarsi in GB e lavorare, dovranno avere già un contratto di lavoro prima di partire e potranno fermarsi solo per breve tempo (forse 1 anno al massimo), senza poter maturare il diritto alla residenza.

Per quelli qualificati, come medici o docenti potranno ottenere visti di lavoro più lunghi, forse di 5 anni e acquisire la residenza permanente.

Brutte notizie per i turisti: per recarsi in vacanza in GB dovranno

munirsi di passaporto e visto elettronico. Mentre fino ad oggi bastava la sola carta d’identità. Inoltre, il costo dei voli dovrebbe aumentare, dato che le compagnie aeree perderanno le agevolazioni dovute al fatto che la Gran Bretagna fosse membro Ue.

Nel frattempo per gli italiani che vivono nel Regno Unito sarà meglio iscriversi all’AIRE, dal momento che tutti gli italiani e non, sia che vivano nel Regno Unito da decenni o che siano appena arrivati, saranno soggetti ai controlli sull’immigrazione, per cui conviene effettuare l’iscrizione al fine di poter dimostrare di essere residenti nello Stato prima della brexit.

Le verifiche sull’immigrazione saranno attivate nei confronti di tutti coloro che non sono cittadini Britannici e si trovano sul suolo UK, sia registrati all’AIRE oppure no.

Con la Brexit ci saranno delle novità anche per chi vive nel Regno Unito ma perde il lavoro. Fino al giorno di uscita UK dall’UE, un cittadino italiano, o di altra nazionalità, che perde il lavoro può tranquillamente cercarne un altro.

Con la Brexit, invece, la situazione potrebbe cambiare e diventare molto simile a quanto avviene in Australia e cioé che se un italiano dovesse perdere il lavoro, avrebbe poi solo 60 giorni per trovare una nuova occupazione, altrimenti perderebbe il permesso di lavoro e sarebbe costretto a lasciare il Regno Unito.

Anche in questo caso, sarebbe sempre bene, per chi vive e lavora già in UK iscriversi all’AIRE, visto anche che attualmente gli italiani presenti in Inghilterra e in Galles sono circa 600 mila e solo 261.585 vi risultano iscritti.

Brutte notizie anche per gli studenti italiani. Si verificherà un aumento vertiginoso delle tasse universitarie fino a 20.000 sterline anziché 2-3mila sterline come avviene oggi perché per gli italiani ed europei si applica la tariffa europea.

Nel 2016 si sono verificati due eventi che hanno dato il via al processo di de-globalizzazione: la vittoria del Leave nel referendum Brexit e quella di Trump come Presidente della Casa bianca. Nel resto d’Europa avanzano nazionalismi ed euroscettici. Dove governano e dove sono all’opposizione.

E’ l’effetto disgregante conseguente al fallimento della Globalizzazione. Che doveva ridurre il Gap tra paesi ricchi e quelli poveri. Far mescolare le culture. Creare un Mondo, per dirla alla Grignani, “senza fermate, né confini. Solo orizzonti, neanche troppo lontani”.

Ora stiamo andando verso la direzione opposta: quella dei muri, delle dogane, della difesa delle proprie economie. Stiamo confondendo le nuove generazioni, avendo loro prima dato un Mondo libero, per poi sottrarglielo. Ma gli adulti sono così. Chissà cosa faranno loro.

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