Le uniche oasi felici sembrano essere l’Uruguay e Cuba. Sebbene quest’ultimo, dopo la fine del potere castrista, rischia presto di tornare ad essere il Casino a cielo aperto che era prima della rivoluzione.
Eppure, il Sud America potrebbe essere una potenza mondiale, se solo si mettesse insieme in una Unione federale di Stati con una moneta unica. Magari fatta meglio dell’Unione europea. E non ci vuole molto. Invece, il “divide et impera” americano riesce a metterci sempre lo zampino e a fare il proprio gioco.
Ultima vittima è la Bolivia, dove il primo Presidente Indios Evo Morales è stato costretto a riparare in Messico. Costretto dalla violenza squadrista scatenata nel paese, contro le organizzazioni e ai militanti sindacali, popolari, indigeni, i collettivi femministi, da parte delle squadracce del golpista Luis Fernando Camacho.
Dietro questo Golpe ci sono, ovviamente, profondi interessi economici. In particolare, del Litio. Di cui il Paese è ricco, e, non a caso, viene denominato “Oro bianco”. Eppure, le cose fatte da Evo Morales sono tante. Ma forse proprio per questo, fastidiose per le solite lobby. Perché il litio è così [sta_anchor id=”bolivia”]importante[/sta_anchor]?
Bolivia cosa sta succedendo
Come riporta Contropiano, che riprende un Comunicato stampa di Potere al popolo, dalle notizie che vengono date da TeleSur e da fonti in loco, in Bolivia i golpisti stanno assaltando sedi istituzionali e case di compagni. E’ stata assaltata la casa di Evo Morales e bruciata quella della sorella, bruciato il Consiglio Nazionale Elettorale ed è stato dato l’assalto alle ambasciate di Cuba e Venezuela.
Infine stanno arrestando i dirigenti del MAS, il partito di Evo, con liste di proscrizione divulgate pubblicamente da militari e poliziotti, in pieno stile fascista.
Come ha spiegato il professor Diego Battistessa a Il Fatto quotidiano, tutto è iniziato il lunedì successivo alle elezioni come conseguenza della sospensione del conteggio dei voti operata dal Tribunale supremo elettorale.
I primi scrutini consegnavano la vittoria a Morales ma con un margine non superiore al 10% dei voti rispetto a Carlos Mesa, leader dell’alleanza politica Comunidad Ciudadana con lo slogan “Ya es demasiado” (“Ormai è troppo”).
Senza uno scarto superiore al 10% e senza raggiungere il 51% per cento dei consensi, Evo Morales avrebbe dovuto sottoporsi ad una seconda tornata elettorale. Insieme a Mesa, guidava le prime proteste l’autonomista Oscar Ortiz, con lo slogan “21-F Bolivia Dice No”: facendo riferimento al referendum celebrato il 21 febbraio 2016.
Proprio da quel referendum si comincia a intravedere l’inizio della fine per il progetto politico di Evo Morales e del Mas. In quel febbraio di tre anni fa viene chiesto ai boliviani di autorizzare una modifica parziale alla nuova costituzione del 2009, modifica che avrebbe permesso ad Evo di aggirare lo scoglio dell’incandidabilità alla presidenza dopo aver compiuto già due mandati.
Quella che avrebbe dovuto essere l’ennesima prova di forza di Evo si è trasformata nella sua più grande sconfitta: la Bolivia ha votato no, determinando quindi l’inizio di un nuovo corso politico per fine 2019. Evo Morales però non ha accettato il verdetto delle urne e ha interposto una petizione d’appello al Tribunale costituzionale plurinazionale (Tcp).
Lo stesso tribunale nel 2018 ha sancito il diritto di Morales a candidarsi alle elezioni e gli ha garantito quindi la possibilità di perpetuarsi nel potere fino al 2025. È questa la situazione di tensione con la quale si è arrivati al 20 di ottobre, una domenica che ha aperto la strada alle proteste che hanno cambiato il destino del paese.
Evo Morales cose fatte
La politica di matrice socialista da parte di Evo Morales ha portato dei risultati ampiamente riconosciuti dalla opinione pubblica internazionale.
Tredici anni di governo progressista per riconoscimento unanime avevano prodotto grandi miglioramenti sociali (l’analfabetismo che scende dal 13% al 2,4%; la disoccupazione dal 9,2% al 4,1%; la povertà dal 60,6% al 34,6% e quella estrema dal 38,2% al 15,2%) e crescita economica (i tassi di crescita più alti del continente, le diseguaglianze che diminuiscono sensibilmente).
Wikipedia invece fa sapere che attualmente la Bolivia è uno dei paesi con lo sviluppo più progressivo in Sud America. L’estrema povertà in Bolivia è diminuita dal 36,7% al 16,8% tra il 2005 e il 2015.
Per quanto riguarda il Coefficiente di Gini, l’INE ha sottolineato che la Bolivia è passata da 0,60 al 0,47. Ricordiamo che il coefficiente di Gini, introdotto dallo statistico italiano Corrado Gini, è una misura della diseguaglianza di una distribuzione. È spesso usato come indice di concentrazione per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza. È un numero compreso tra 0 ed 1.
Valori bassi del coefficiente indicano una distribuzione abbastanza omogenea, con il valore 0 che corrisponde alla pura equidistribuzione, ad esempio la situazione in cui tutti percepiscono esattamente lo stesso reddito. Valori alti del coefficiente indicano una distribuzione più diseguale, con il valore 1 che corrisponde alla massima concentrazione. Ovvero la situazione dove una persona percepisca tutto il reddito del paese mentre tutti gli altri hanno un reddito nullo.
Il 1º maggio 2006, Morales ha nazionalizzato, per la terza volta nella storia boliviana, gli idrocarburi, creando apprensione in Spagna e Brasile, principali compratori del gas boliviano e in Argentina, destinataria del gas della spagnola Repsol.
Con questa riforma, circa l’80% dei profitti dell’estrazione del petrolio è rimasta nelle mani dello Stato ed è stata usata in iniziative volte a combattere la povertà e l’analfabetismo. Nello stesso mese, il governo di Morales ha annunciato una nuova riforma agraria, con l’obiettivo ufficiale di redistribuire la terra ai contadini.
Come riporta sempre Wikipedia, la Bolivia sotto il suo governo è passata da un’economia di stampo liberista, a un’economia mista, furono nazionalizzate tutte le industrie e le società, e il PIL del paese ha avuto una crescita vertiginosa, passando da 9.500 milioni di dollari a 30.381 milioni di dollari e il pil pro capite è passato da 1.010 dollari a 2.757 dollari, con l’aumento dei salari.
Il pil dello stato da quando si è insediato Morales è cresciuto in media del 5% e al 2014 è arrivato al 6,5% mentre la disoccupazione è scesa al 3% e anche la povertà si è ridotta dal 38% al 18%. La Bolivia inoltre è uno degli stati fondatori alla Banca del Sud (9 dicembre 2007), partecipando al suo capitale.
Evo Morales chi è
Juan Evo Morales Ayma è nato il 26 ottobre 1959. Ampiamente considerato il primo presidente del paese a venire dal popolazione indigena, la sua amministrazione si è concentrata sull’attuazione delle politiche di sinistra, sulla riduzione della povertà e sulla lotta all’influenza degli Stati Uniti e delle multinazionali in Bolivia.
Socialista, è a capo del Partito del movimento per il socialismo (MAS). Nato da una famiglia di agricoltori di sussistenza Aymara a Isallawi, nel cantone di Orinoca, Morales ha intrapreso un’istruzione di base prima del servizio militare obbligatorio, nel 1978 trasferendosi nella provincia di Chapare. Crescendo la coca e diventando un sindacalista, è salito alla ribalta nel sindacato campesino (“braccianti rurali“).
In tale veste, fece una campagna contro i tentativi degli Stati Uniti e della Bolivia di sradicare la coca come parte della guerra alla droga, denunciandoli come una violazione imperialista della cultura andina indigena. Il suo coinvolgimento nelle proteste dell’azione diretta antigovernativa ha comportato arresti multipli.
Morales è entrato nella politica elettorale nel 1995, è diventato il leader del MAS ed è stato eletto al Congresso nel 1997. Insieme alla retorica populista, la sua campagna si è concentrata su questioni che colpiscono le comunità indigene e povere, sostenendo la riforma agraria e la ridistribuzione della ricchezza del gas. Ha guadagnato una maggiore visibilità attraverso le proteste di Cochabamba e il conflitto di gas.
Nel 2002 fu espulso dal Congresso per incoraggiare i manifestanti antigovernativi, sebbene arrivasse secondo nelle elezioni presidenziali di quell’anno. Una volta eletto nel 2005, Morales aumentò le tasse sull’industria degli idrocarburi per sostenere la spesa sociale, sottolineando progetti per combattere l’analfabetismo, la povertà, il razzismo e sessismo. Criticando vocalmente il neoliberismo e riducendo la dipendenza della Bolivia dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale, la sua amministrazione ha supervisionato una forte crescita economica mentre seguiva una politica chiamata “Evonomics” che cercava di passare da un approccio economico liberale a un’economia mista.
Riducendo l’influenza degli Stati Uniti nel paese, stabilì relazioni con i governi di sinistra nella marea rosa latinoamericana e firmò la Bolivia nell’alleanza bolivariana per le Americhe. Tentando di moderare la comunità di attivisti indigeni di sinistra, la sua amministrazione si oppose anche alle richieste degli autonomisti di destra delle province orientali della Bolivia.
Vincendo un referendum di richiamo nel 2008, ha istituito una nuova costituzione che ha stabilito la Bolivia come stato plurinazionale ed è stato rieletto nel 2009. Il suo secondo mandato ha visto la continuazione delle politiche di sinistra e l’adesione della Bolivia alla Banca del Sud e alla Comunità dell’America Latina e Stati caraibici; è stato nuovamente rieletto nel 2014 e di nuovo alle elezioni generali del 2019.
Il 12 novembre 2019 Morales è volato in Messico a bordo di un aereo dell’Aeronautica messicana, dopo aver accettato l’offerta di asilo del Ministro degli Esteri. Morales è stato elogiato per aver ridotto significativamente la povertà e l’analfabetismo in Bolivia ed è stato decorato a livello internazionale con vari premi. I suoi sostenitori lo hanno lodato come un campione di diritti indigeni, anti-imperialismo e ambientalismo. In alternativa, un certo numero di critici di sinistra, indigeni e ambientalisti lo hanno accusato di non aver rispettato molti dei suoi valori sposati, e gli oppositori lo hanno accusato di essere eccessivamente radicale e autoritario e hanno affermato che la sua difesa della coca contribuisce alla produzione della cocaina illegale.
L’approccio di Morales alla questione della cocaina è che il problema vada affrontato sul fronte del consumo, senza estirpare le piantagioni di coca: masticare foglie di coca è stata una tradizione per più di mille anni fra le popolazioni indigene dell’America Latina, fra cui le popolazioni Aymara e Quechua, che considerano le foglie di tale pianta come sacre.
Il suo relativo basso effetto narcotico ha chiaramente sortito effetti benefici all’interno della società boliviana, permettendo ai molti poveri del paese di lavorare tutta la giornata, che può durare anche quindici o diciotto ore.
Nel 2012, la Bolivia si ritirò dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 1961, che aveva richiesto la criminalizzazione globale della coca, e nel 2013 convinse con successo la Convenzione unica delle Nazioni Unite sui narcotici a declassificare la coca come narcotico.
Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha criticato la Bolivia, affermando che stava regredendo nei suoi sforzi anti-narcotici e ha ridotto drasticamente gli aiuti alla Bolivia a $ 34 milioni per combattere il commercio di stupefacenti nel 2007.
Tuttavia, il numero di sequestri di cocaina in Bolivia è aumentato sotto il governo di Morales, mentre cercavano di incoraggiare i coltivatori di coca a denunciare e contrastare i produttori e i trafficanti di cocaina.[25] Tuttavia, alti livelli di corruzione della polizia nel commercio illecito di cocaina sono rimasti un problema costante per la Bolivia
Bolivia e l’importanza del Litio
Ma per molti analisti, dietro il Golpe ai danni di Evo Morales, c’è l’interesse verso il Litio.
E’ noto infatti che le batterie che normalmente alimentano i nostri dispositivi elettronici, dagli smartphone ai tablet, fino addirittura alle auto elettriche, sono a ioni di litio.
Orbene: Argentina, Cile e Bolivia. L’80% del litio del mondo si trova qui.
Come riporta Non solo radio, in Bolivia, il più povero dei paesi sudamericani, la fonte principale è il Salar de Uyuni, un’enorme distesa salina di oltre 10 mila chilometri quadrati a 3.600 metri di altitudine. Un tempo, parliamo di quarantamila anni fa, questa distesa infinita era una lago (trenta volte più ampio del Lago di Garda, il più grande bacino italiano, tanto per dare un’idea). Sotto la superficie del Salar de Uyuni, ha raccontato National Geographic in un reportage di pochi mesi fa, c’è l’ambito litio. In grandi quantità, ma finora sfruttate quasi per niente.
Il problema infatti è estrarlo: costa molto e occorrono le famigerate competenze tecniche. Le attività minerarie richiedono enormi quantità di acqua (il Cile, per esempio, per continuare l’estrazione ne sta prelevando dal mare, con il grosso problema di doverla depurare dal sale). Senza contare gli effetti sull’ecosistema e sulla sussistenza delle comunità locali su cui si riversano le conseguenze ambientali delle miniere.
La Bolivia, nonostante tutto, ha sempre cercato di farcela da sola: il suo motto, “100% Estatal”, racchiude l’ambizione di rilanciare l’economia del paese senza interventi dall’estero. Riuscire ad avere la tecnologia prima che pressioni estere di privatizzazione riescano ad ottenere concessioni sui depositi minerari.
Sfruttando così una risorsa naturale la cui domanda sul mercato è in continua crescita: Il consumo annuale di litio nel mercato globale si aggirava attorno alle 40 mila tonnellate nel 2017, con un aumento del 10 per cento circa all’anno dal 2015. Tra il 2015 e il 2018 il prezzo è quasi triplicato.
Un’impresa non semplice, e infatti nel 2018 è stato firmato un accordo con una società tedesca, la Aci Systems Alemania GmbH, per lavorare nell’Uyuni. Lo scorso febbraio, poi, è stato annunciato un altro accordo, questa volta con una società cinese, da 2,3 miliardi di dollari.
I tedeschi hanno assicurato di aver messo a punto tecnologie in grado di consumare meno acqua del normale e di rispettare l’ambiente, nonostante le particolari caratteristiche del litio boliviano (la salamoia da cui lo si estrae è ricca di magnesio, che in questo caso è un prodotto di scarto). Ma la popolazione continua ad avere dubbi.
“Ci rendiamo conto che quando lo stabilimento lavorerà a pieno ritmo sarà un’impresa multimilionaria. Il dubbio è se qualcosa arriverà a noi. Le persone che dovrebbero trarne principalmente beneficio sono gli abitanti della zona in cui si svolge la produzione… E non si tratta solo di denaro contante. Dovrebbero istituire qui una facoltà di chimica, o delle borse di studio, perché i giovani possano avere un futuro”,
le parole di Ricardo Augirre Ticona, presidente del consiglio comunale di Llica (nell’area del Salar de Uyuni), a National Geographic.
A Potosí, lo sciopero della fame di Pumari e della sua compagna è stato sostenuto lunedì 7 ottobre 2019, da cortei e isolati. Chiedono l’abrogazione del decreto a sostegno di questa joint venture. E maggiori diritti d’autore per lo sfruttamento del litio a Uyuni, sebbene la legge sull’estrazione mineraria e la metallurgia stabilisca una royalty del 3% perr la regione, per lo sfruttamento del carbonato di litio, del cloruro di potassio e di altri minerali.
“L’estrazione mineraria non funziona da sola, solo tra le aziende tedesche”, dice a DW Hubertus Bardt, capo del dipartimento di ricerca dell’Istituto di economia tedesca (IW) di Colonia. Le società di sviluppo di progetti come ACISA, cercano le competenze che non hanno i boliviani.
“Non sappiamo fino a che punto lo Stato boliviano coinvolga la popolazione negli utili del progetto”, riconosce il direttore esecutivo della filiale tedesca.
Tuttavia, afferma di aver sviluppato, insieme ai suoi partner, un processo di produzione “nuovo in tutto il mondo”, che consente il “recupero efficiente di litio di alta qualità e quantità, dalla salamoia residua derivata dalla produzione di cloruro di potassio da YLB.”
Questa salamoia, da cui ora verrà estratto l’idrossido di litio, è stata precedentemente scartata, insiste.
Se la sfida del futuro si chiama auto elettrica, serve Litio. E quindi, serve un governo che lo conceda più facilmente. Dietro le solite mazzette e il puntuale sfruttamento degli operai. Cosa che la politica di Evo Morales non prevedeva.