La reazione della Russia all’attentato ad opera degli ucraini contro il Ponte Kerch non si è fatta attendere. Oggi sono stati lanciati 75 missili in più punti del paese, lambendo anche il territorio della capitale Kiev e la lontana Leopoli. Città ai confini con la Polonia e fondamentale per gli aiuti umanitari al paese.
Del resto, qui abbiamo spiegato come quell’evento consumatosi alle prime ore dell’alba di sabato avesse spinto i russi ad accelerare la loro operazione.
In questi giorni però stanno arrivando altri segnali importanti da Washington, i quali lasciano intendere che il Presidente Joe Biden forse vuole prendere le distanze da Zelensky. Se non addirittura arrivando a scaricarlo. Del resto, la storia ci insegna che gli americani si disfano presto del fantoccio di turno quando esso diventa ingombrante o non serve più.
Biden vuole scaricare Zelensky? I tre indizi
Se inizialmente l’appoggio degli Usa al presidente ucraino era netto ed incondizionato, coprendolo mediaticamente oltre che foraggiandolo militarmente, ora forse l’ex attore comico inizia a diventare un peso per Joe Biden.
Attacco nucleare preventivo da escludere
La prima prova l’abbiamo avuta la settimana scorsa, quando Zelensky spingeva addirittura per un attacco nucleare preventivo contro la Russia. Giocandosi molto probabilmente al foto finish il quasi sicuro Premio Nobel per la pace.
Biden aveva spento gli animi del presidente con la perenne t-shirt verde militare aderente, con queste parole riportate da Contropiano parlando ai sostenitori democratici nella casa di Manhattan di James Murdoch (figlio del magnate dei media Rupert): “Non abbiamo affrontato la prospettiva dell’Armageddon dai tempi di Kennedy e della crisi dei missili di Cuba” nel 1962. Ricordando che “Putin non scherza” quando minaccia di usare le armi nucleari.
La presa di distanza dalla morte di Daria Dugina
Ma c’è un secondo indizio importante: il New York Times, autorevole giornale americano di fatto megafono del governo “a stelle e strisce” ha riportato che l’uccisione di Daria Dugina, figlia di Alexander Dugin, ideologo del governo russo, sia stata ordinata da alcuni settori del governo ucraino. Non solo, gli Stati Uniti ci hanno tenuto a precisare che non hanno fornito alcun supporto, di intelligence o meramente logistico, nell’attentato. Gli stessi agenti americani riferiscono al Nyt di non essere stati messi a conoscenza dell’operazione compiuta dagli ucraini e che in caso contrario, ovvero se fossero stati consultati, si sarebbero opposti.
Ecco dunque un’altra presa di distanza netta e dall’alto valore simbolico. Gli Usa sanno che non bisogna calcare troppo la mano e con la Russia vogliono praticare soprattutto una guerra di nervi, molto simile a quella vista nel corso della Guerra Fredda. Sebbene ora sia arrivata a fomentare un paese ai suoi confini. Quindi vuole scardinare il potere di Putin sulla pelle degli ucraini. Dunque sanno che l’uccisione della Dugina è pericolosa e ha alzato l’asticella del conflitto.
La presa di distanza dall’attacco al Ponte Kerch
E siamo al terzo indizio: la presa di distanza dall’attacco al Ponte Kerch, per il quale gli Usa hanno addossato ogni responsabilità agli Ucraini. E sempre tramite le prestigiose pagine del New York Times. Anche in questo caso, gli americani sono consapevoli che quel ponte ha un alto valore simbolico, oltre che logistico. E sanno di non doversi esporre troppo. Meglio fornire solo armi, purché poi il grilletto lo premano gli ucraini.
Biden influenzato dalle elezioni di mid-term
Molto probabilmente, questo cambio di rotta del governo americano è dettato dalle elezioni di mid-term. Elezioni che si tengono ogni 2 anni negli Usa, mediante le quali si rinnovano le due camere. Una tornata elettorale che solitamente penalizza il presidente in carica, che molto spesso finisce per perdere la maggioranza della Camera. Il che non fa che annacquare e peggiorare i due anni di mandato successivi. Qualcosa che ho già descritto come “un eccesso di democrazia”.
Probabilmente Biden teme che tirare troppo la corda contro la Russia possa generare malumori tra le colombe del partito democratico e urtare la sensibilità dell’elettorato pacifista. Che credeva, ingenuamente, che con lui al governo le cose sarebbero andate diversamente.
Forse gli Usa rincareranno la dose dopo le elezioni, ma i segnali attuali lasciano intendere che sono intenzionati a prendere le distanze da un Zelensky sempre più simile a quanto già visto con Israele. Paese creato e fomentato dagli americani, ma che poi è diventato incontrollabile ed imbarazzante da un po’ di tempo. Una sorta di Frankenstein impazzito nel cuore del Medioriente.
Un altro scenario potrebbe vedere gli americani cercare una soluzione pacifica al conflitto russo-ucraino, con una ripresa delle trattative ormai ferme da giugno. Uno scenario possibile, forse, se la batosta per Biden si facesse seria e pesante. Poiché suonerebbe come una severa bocciatura alla sua politica estera, non meno guerrafondaia dei suoi predecessori. Ma a quel punto sarà difficile far rientrare Zelensky e il suo entourage nazionalista, i quali non vorranno facilmente farsi da parte, portando al massacro gli ucraini ormai abbandonati dagli occidentali.