La coltivazione intensiva di Avocado sta danneggiando la popolazione cilena poiché richiede enormi quantitativi di acqua.
Ogni albero di Avocado consuma fino a 200 litri d’acqua al giorno, il fabbisogno idrico giornaliero di centinaia di persone. A ciò, si aggiunge la siccità che sta colpendo il Globo.
Purtroppo è un frutto che sta caratterizzando sempre più le abitudini alimentari degli europei, anche di noi italiani. Vuoi per moda, complice il tocco esotico che dà alle pietanze, vuoi per i suoi effettivi valori nutrizionali e i benefici che conferisce all’organismo. Purtroppo però, per coltivarlo, occorrono enormi quantitativi di acqua.
Come riporta Il punto quotidiano, l’Avocado in Cile viene coltivato principalmente nelle regioni di Petorca e Valparaíso. Qui, i campi di Avocado stanno sempre più avanzando, sottraendo agli agricoltori appezzamenti di terra per coltivare altri prodotti.
Inoltre, l’acqua potabile arriva solo attraverso autobotti, e spesso in quantità insufficienti, tanto che occorre razionarla per lavarsi, pulire casa e cucinare. Si pensi al caso della città di Petorca, dove gli abitanti sopravvivono con appena qualche litro d’acqua a settimana.
Avocado: i tanti danni all’ambiente
Il fenomeno è però noto da anni. Come già riportava Osservatorio diritti nel 2017, per produrre un chilo di avocado servono circa 2 mila litri di acqua, il che ha spinto grandi imprenditori agricoli a costruire pozzi e drenaggi illegali, prosciugando i fiumi e le falde acquifere.
Le persone anziane mostrano, con rammarico e tristezza, le foto di come erano un tempo i corsi di acqua, nei quali nuotavano felicemente. Oggi c’è solo deserto e terra arida. L’acqua è stata deviata per abbeverare gli assetati campi di Avocado.
Non solo: prima del 2000, quando è iniziata la coltivazione intensiva di avocado, c’erano moltissimi alberi da frutto: mandarini, limoni, kiwi, meli. Ma anche grano, mais e fagioli. La monocoltura rende la terra meno fertile e fragile.
Altri danni sono stati arrecati all’allevamento, poiché non è più possibile portare a pascolare le pecore o dar da mangiare alle mucche. L’erba è sparita e con le poche risorse d’acqua conferite a ogni abitante è diventato impossibile avere degli animali.
I fiumi essiccati sono ormai usati come discariche abusive e sono focolai di infezioni. Inoltre, i letti sono utilizzati come cave per estrarre pietre e produrre cemento. In poco tempo la superficie si è già abbassata di 4-5 metri.
I piccoli coltivatori di Avocado, nel frattempo, sono minacciati e spesso devono cedere le proprie proprietà alle multinazionali.
Intanto, il Cile ha esportato, nel solo 2023, 116.000 tonnellate di avocado, per un incremento del 30% rispetto all’anno precedente. Già 10 anni fa, il 20% di avocado che giunge in Europa proveniva dal Cile, il 61% che viene proprio dalla regione di Valparaiso, dove si trova la provincia di Petorca.
Oltre al Cile, l’Avocado si coltiva anche in Messico, Repubblica Dominicana, Colombia, Perù, Indonesia, Kenya, Stati Uniti e Brasile. In Italia si è cominciato a coltivarlo in alcune zone della Sicilia, della Calabria, della Sardegna e della Liguria. Forse per provare a cavalcare il momento.
Oggi i numeri non possono che essere peggiorati. Quando mangi Avocado, ricordalo.
L’Avocado fa male?
Oltre ai valori nutrizionali largamente decantati su vari portali, sarebbe meglio anche dire che questo frutto non fa male solo all’ambiente. E’ un frutto altamente calorico (fornisce oltre 2 kcal/g) in quanto ricco di grassi come gli omega-3, pertanto va evitato in caso di obesità e sovrappeso.
Inoltre, come riporta Wikipedia, contiene una particolare tossina che prende il nome di persina, riscontrabile sull’intera pianta. Quindi anche foglie, corteccia e semi. Ciò lo rende perfino letale in numerose specie animali, come uccelli, gatti, cani, animali da allevamento, cavalli, ratti, ecc. In particolare sugli uccelli, anche in piccole dosi.
Riguardo agli esseri umani, è stato dimostrato come alcune sostanze contenute nell’avocado possiedono effetti genotossici su cellule umane.
Foto di Juraj Varga da Pixabay
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