Dal 2035 addio alle auto a benzina: cosa bisogna sapere

Stop auto a benzina dal 2035: cosa cambia

Il 2035 sarà l’anno in cui diremo addio alle auto a combustione interna, ritenuta altamente inquinanti. Per auto a combustione interna si intende tutte le auto nutrite da:

  • Diesel
  • GPL
  • Ibrido
  • Benzina
  • Metano

Va però chiarito che per stop non si intende che queste tipologie di vetture non potranno più circolare. Ma che non potranno più essere prodotte dalle case automobilistiche. Le quali, comunque, stanno già convertendo la loro produzione in favore dell’elettrico. Non senza qualche scetticismo delle stesse, come quello esternato dal Ceo di Toyota. La casa automobilistica giapponese che, insieme a Volkswagen, si contende il primato mondiale per numero di vetture prodotte.

Come spiega Energia-Luce, questa norma rientra nel piano di azione Fit for 55, che ha come primo obiettivo una riduzione del 55% entro il 2030. Mentre si vorrebbe raggiungere la totale assenza di auto a combustione interna circolanti entro il 2050. Ci sarà poi una deroga di un anno, il 2036, per le case automobilistiche di nicchia, come Ferrari e Lamborghini.

Va però detto che la misura deve ancora essere discussa dalla Commissione Europea e dal Consiglio Europeo, che ne faranno una eventuale legge. E non si esclude che ci saranno cambiamenti all’atto concreto. Per esempio allungamento dei tempi, minore rigore, ecc.

Del resto, si tratta di un cambiamento industriale epocale, di un settore in profonda crisi da molto tempo. E i paesi dell’Unione europea non sono tutti preparati. A partire dal nostro.

Italia ancora indietro sulle auto elettriche

Il nostro paese è ancora molto indietro anche su questo. In Italia nell’ultimo anno sono state vendute solo 67 mila automobili elettriche e appena 10 a motore ad idrogeno. Su un totale di quasi un milione e mezzo: quindi a malapena solo un 4,5% del totale. Bene però il dato dell’aumento di auto ibride e della contestuale riduzione delle vendite di auto a benzina e diesel.

Poi c’è il problema delle colonnine di ricarica. Il 57% di tutte le colonnine di ricarica si trova nel Nord Italia, il 23% nel Centro (sebbene principalmente però nella città di Roma) e solo il 20% al Sud. Quindi, anche in questo campo c’è una profonda spaccatura Nord-Sud. Inoltre, le colonnine sono quasi assenti nei piccoli centri, costringendo i possessori a ricaricare le auto elettriche nei box auto. Con una lievitazione della bolletta della luce, che già sta raggiungendo cifre incredibili per tutti.

Le regioni meglio messe, o forse sarebbe meglio dire messo meno peggio, sono:

  • Lombardia 16% del totale
  • Piemonte 10% del totale
  • Lazio 10% del totale
  • Emilia Romagna 9% del totale
  • Veneto 9% del totale
  • Toscana 8% del totale

Impietoso il confronto con l’estero: l’Italia ha una sola colonnina ogni 100 km di strada. Cifra di molto inferiore rispetto ad altri stati. La Corea del sud è quella che sta messo meglio al mondo, con 75 colonnine ogni 100 chilometri. Seconda il Belgio, ma ad una distanza siderale: 21.

Auto elettriche e i ritardi di consegna

La crisi dei semiconduttori ha portato ad un grave ritardo nelle consegne delle auto. Che per quelle elettriche va a peggiorarsi. Allo stato attuale, in media per un auto elettrica sono necessari altri 5/6 mesi di attesa per tutti i principali produttori. Soprattutto con gli ordini via internet.

Quanto costa un’auto elettrica?

Infine, c’è il problema dei costi esorbitanti. In alcuni casi il prezzo da pagare per un auto elettrica è del 50% in più rispetto alla medesima auto a motore a benzina o diesel.

Per i modelli più piccoli si parte dai 20.000 euro e per i modelli del segmento più alto si arriva oltre i 90.000 euro. L’autonomia è uno dei fattori che pesa di più sul prezzo.

Stop auto a benzina 2035 salverà davvero il Pianeta?

A parte questo interessante studio di fattibilità di Energia-Luce, occorre comunque capire se effettivamente le auto elettriche saranno la salvezza dell’ambiente. La loro produzione comporta di per sé inquinamento, a cui va sommato lo smaltimento delle batterie. Non dimentichiamoci poi come viene ricavato il Cobalto per produrle, ovvero dallo sfruttamento dei bambini nelle miniere in Africa.

E poi, in un mondo già affamato di corrente elettrica, dove i blackout sono sempre più frequenti e dove basta una guerra per mettere tutto in discussione (vedi Ucraina), possiamo davvero permetterci questa rivoluzione? Le potenze economiche di oggi, ma soprattutto di domani, ossia Cina e India, che da sole fanno quasi metà popolazione mondiale, sono poco disposte a questo cambiamento.

Forse bisognerebbe puntare molto di più sull’idrogeno (da sempre boicottato) e magari sul fotovoltaico (pannelli solari sulla carrozzeria delle auto, per esempio). Anche perché, come hanno spiegato esimi scienziati nostrani quali Zichichi e Rubia, l’inquinamento delle auto c’entra pochissimo con il surriscaldamento globale. Smentendo così il Gretismo, la nuova ideologia basata sul green.

5,0 / 5
Grazie per aver votato!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.