Nonostante le rigide misure anti-contaminazione, un campione di Ryugu risulta infestato da colonie di microorganismi di origine terrestre
Era il 2014 quando l’Agenzia Spaziale giapponese (JAXA) lanciava la sonda Hayabusa2 alla volta dell’asteroide Ryugu. La sua missione: mappare l’asteroide, raccogliere tonnellate di dati e prelevare un campione da riportare sulla Terra.
Tutto andò alla perfezione e sei anni dopo, nel dicembre del 2020, una capsula atterrò in Australia con un contenuto di 5 preziosi grammi di materiale proveniente da Ryugu.
Dal punto di vista scientifico fu una vera e propria manna dal cielo: non solo si trattava di un campione incontaminato (a differenza delle meteoriti che arrivano naturalmente sulla Terra, suscettibili a ogni sorta di adulterazione), ma rappresentava anche una sorta di capsula del tempo fino agli albori del Sistema Solare.
Il materiale fu trasportato alla Planetary Material Sample Curation Facility in Giappone, per poter essere studiato in un ambiente sterile e controllato, e ora un recente studio annuncia nuovi risultati, dopo il precedente ritrovamento di composti organici (come uracile e vitamina B3): su di esso è presente anche vita microbica, ma purtroppo non proveniente dallo spazio remoto.