ASSASSINATO IL RE DEL GRANO FRANCO AMBROSIO
Quello che era stato chiamato “Il Re del grano”, Franco Ambrosio, e sua moglie, sono stati trovati morti nella loro villa alla Gaiola, Posillipo; zona “bene” di Napoli, dalla veduta mozzafiato, anche se alquanto incustodita dalle forze preposte alla sicurezza.
Data la violenza e la modalità con la quale sono stati uccisi, gli inquirenti ipotizzano che si tratti di rapina, visto che sono stati assassinati a colpi di bastone e sono stati prelevati contanti, gioielli e cellulari, oltre ad una casa messa a soqquadro, senza però rubare oggetti di alto valore, quali ad esempio alcuni quadri antichi di valore. Pertanto, la spiegazione più plausibile è quella della rapina, per altro, per opera di persone poco esperte. Anche se, vista la storia di Ambrosio, non si escludono altre piste, tipo vendette di stampo camorristico, o di suoi creditori, se non debitori, o perfino ex operai.
Già, perché Ambrosio, 77 anni, era uno di quegli imprenditori “Made in Italy”, cioè di quelli che si fanno da sé, con la spinta di qualche politico locale potente per fare il salto di qualità, e mettere una marcia in più alle proprie innate doti imprenditoriali; o se preferite, faccendiere. A partire dagli anni ’60, aveva cominciato a costruire quello che poi sarebbe diventato un vero e proprio colosso dei cereali, con un bilancio di oltre mille miliardi.
Nel 1960, a soli 28 anni, aveva creato l’ITALGRANI, l’azienda madre intorno alla quale poi avrebbe costruito un gruppo da oltre mille dipendenti; nel 1970 la svolta internazionale, con la costituzione di una holding da 450 miliardi di fatturato, leader nell’esportazione in mezzo Mondo: Stati Uniti a Francia, Spagna, Argentina. Un gruppo con fatturato in costante crescita, che, nel 1980, per la prima volta, arrivò ad approvare un bilancio di oltre mille miliardi; cinque anni dopo Ambrosio conquistò la supremazia sul mercato statunitense della semola di grano duro. Nel ’93 il gruppo toccò la massima fortuna: disponeva di cinquanta società in tutto il mondo, e sembrava una realtà inossidabile.
Poi però arrivò l’inchiesta Mani pulite, che colpì uno dei politici di maggiore spicco del napoletano: Paolo Cirino Pomicino, e come d’incanto, anche Ambrosio cadde in disgrazia, con due arresti nel giro di due anni (93-94): il primo, con l’accusa di avere riciclato 3,4 miliardi in CCT provenienti dalla tangente ENIMONT; il secondo per corruzione. Fino ad arrivare ai giorni nostri, dove l’anno scorso fu condannato, in primo grado, a 9 anni di reclusione, per associazione a delinquere e bancarotta fraudolenta.
Una fine del genere non la si augura a nessuno, nemmeno ad uno dei soliti mariuoli miliardari impuniti della nostra Italietta.