Ricercatori sviluppano un processo per la sintesi di composti organici ed energia, con riciclo di scarti di produzione e senza residui
Come noto, la fotosintesi naturale (di cui ho precedentemente parlato qui, in particolare in merito ai poco noti aspetti quantistici) implica una serie di complicate reazioni a catena nelle piante e gioca un ruolo chiave nel flusso di energia sulla Terra. Per fortuna, però, arriva APOS. Ma di cosa si tratta?
Torniamo per un attimo alla fotosintesi naturale. Come ci hanno insegnato a scuola, si parte dall’ossidazione (cioè, perdita di elettroni) dell’acqua tramite la luce, per poi passare alla stabilizzazione tramite riduzione (cioè, acquisizione di elettroni) dell’anidride carbonica, ottenendo infine glucosio ricco di energia.
APOS, la fotosintesi artificiale
Trattandosi di un processo così importante, è facile capire come si sia pensato di riprodurlo artificialmente e difatti la scissione dell’acqua per ottenere idrogeno “green” e la conversione di CO2 in carburante rappresentano degli approcci promettenti alla fotosintesi artificiale a partire da composti inorganici (acqua e anidride carbonica, appunto).
Ed ecco che arriviamo ad APOS. In virtù della ricerca di un mondo più sostenibile, sarebbe essenziale anche riuscire a trasformare in maniera ecologica composti organici, come vari prodotti di scarto di lavorazioni industriali, in prodotti chimici utili: a tal fine è giunto il momento di presentare l’innovativo processo APOS (Artificial Photosynthesis directed toward Organic Synthesis). Utile anche per produrre farmaci. Vediamo di cosa si tratta.
Foto di Алексей Громов da Pixabay
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