ANTONIO MANGANELLI, UN ALTRO FALSO MITO
PER LUI ATTESTATI DI STIMA BIPARTISAN CHE PERO’ DIMENTICANO ALCUNI COMPORTAMENTI ALQUANTO DISCUTIBILI
In questi giorni si sono sprecate parole e parole di stima nei confronti di Antonio Manganelli, Capo della Polizia, deceduto lo scorso 20 marzo dopo una malattia che lo ha logorato per circa due anni. In tanti hanno ricordato soprattutto le scuse che egli rivolse ai genitori di Federico Aldrovandi – il 18enne ucciso durante un controllo di polizia a Ferrara nel settembre del 2005 (quattro gli agenti condannati) – e a quanti furono pestati o, come nel caso di Carlo Giuliani, uccisi, a Genova e a Bolzaneto in occasione del G8. Un atto, in fondo, anche dovuto, considerando che nei confronti di coloro che in divisa e in nome dello Stato si sono resi protagonisti di quegli ignobili comportamenti, sono state emesse giuste condanne.
Eppure in questi giorni si dimentica l’altra faccia della medaglia di Antonio Manganelli. Alcuni comportamenti che avrebbero “macchiato” il mito del Prefetto.
SUL CASO DIAZ E ALDROVANDI – Manganelli è anche colui che, secondo quanto emerso da un’intercettazione di una telefonata dell’ex questore di Genova Colucci, avrebbe detto, riferendosi al pm Enrico Zucca che conduceva le indagini sull’assalto alla scuola Diaz,: “..dobbiamo dargli una bella botta in testa a ‘sto magistrato”.
Cosi come non ha mai “destituito” dal corpo di polizia i quattro agenti condannati per l’omicidio di Federico Aldrovandi (il suo caso).
Ora al di là di chi sarà il successore, le scelte fatte da Manganelli, nel suo mandato da capo della polizia, sono un chiaro segno dei tempi, come quello di nominare Oscar Fioriolli – noto alle cronache per essere stato uno dei torturatori contro i militanti delle formazioni armate – a capo della Scuola di formazione per la Tutela dell’ordine pubblico istituita nel 2008, proprio con l’intento di formare agenti in grado di affrontare situazioni di conflittualità quali cortei e manifestazioni.
MILITARIZZAZIONE DELLA POLIZIA– Le forze dell’ordine rappresentano il braccio armato di uno Stato che fa della repressione del dissenso uno dei suoi punti di forza. Manganelli ha avuto un ruolo primario nel processo di militarizzazione della polizia che è stata addestrata e a muoversi come negli “scenari di guerra”. Non a caso sono stati quasi del tutto aboliti i concorsi di reclutamento nella polizia, riservando l’ingresso quasi esclusivamente ai militari che hanno fatto la ferma volontaria nelle guerre in Iraq, Balcani, Afghanistan, Bosnia.
Le brutali cariche subite dagli abitanti della Val Susa, cosi come quelle degli studenti massacrati nelle piazze del 14 novembre 2012, ne sono una cocente testimonianza.
(Fonte: Contropiano)
Carlo Giuliani era un coglione. Punto!Uno che minaccia con un estintore una persona armata è un coglione.
aggiungo anche i fatti della diaz!