Amedeo Nazzari: oltre al Melodrammatico c’è molto di più

Amedeo Nazzari: oltre al Melodrammatico c’è molto di più

Ripercorriamo la storia di Amedeo Nazzari, attore molto in voga negli anni ’50 grazie al genere Melodrammatico.

Quando si parla di genere melodrammatico italiano, la mente corre subito su un attore in particolare: Amedeo Nazzari. Il quale, soprattutto negli anni 50, insieme all’attrice Yvonne Sanson, fu protagonista di tante pellicole di questo filone.

Ricordare Amedeo Nazzari solo per questo, però, sarebbe ingiusto. Infatti, questo attore ha dimostrato, nel corso della sua stimabile carriera, di avere anche grande personalità rifiutando anche ruoli importanti. Inoltre, è stato l’unico attore italiano dell’epoca a non essere mai stato doppiato.

Ripercorriamo la sua carriera di seguito.

Origini ed esordi di Amedeo Nazzari

Amedeo Nazzari, all’anagrafe Amedeo Carlo Leone Buffa, nasce a Cagliari il 10 dicembre 1907. Suo padre, Salvatore, era proprietario di un pastificio, mentre dalla madre Argenide deciderà di prendere il futuro cognome da utilizzare come pseudonimo per la sua carriera di attore. Suo nonno materno, peraltro, era una personalità giuridica importante: rivestì infatti il ruolo di presidente della Corte d’appello di Vicenza, poi trasferito nel capoluogo sardo.

Amedeo passò a Cagliari però solo 6 anni della sua vita, quando poi, complice la morte del padre, si trasferisce a Roma insieme a madre e sorelle.

Nella capitale studierà presso un collegio di padri salesiani dove maturò la sua vocazione artistica fin dalle prime recite scolastiche, per poi passare ai palcoscenici delle filodrammatiche. Inseguirà la passione della recitazione anche da adulto, abbandonando gli studi di ingegneria per intraprendere la carriera di attore teatrale.

L’esordio da professionista avvenne nel 1927 con la compagnia di Dillo Lombardi, per passare negli anni successivi a compagnie più importanti come quelle di Annibale Ninchi, di Memo Benassi e di Marta Abba.

Nel 1935 arriva però l’esordio al cinema, grazie a Elsa Merlini. che gli offrì una parte nel film Ginevra degli Almieri. Purtroppo però il film fu un fiasco e così Nazzari decide di tornare al teatro, dove si sente più a suo agio. a pellicola non avrà successo e Nazzari tornerà al teatro.

Ma fu grazie ad Anna Magnani che fa ritorno sul grande schermo. Infatti, la grande attrice romana, moglie del regista Goffredo Alessandrini, insistette con suo marito affinché Nazzari facesse parte del cast di Cavalleria. La sua prestanza fisica, arricchita dal fascino della divisa, nel ruolo del tenente Solaro, chiaramente ispirato alla figura di Francesco Baracca, decretò il successo del film. Il quale risulterà uno maggiori incassi del 1936.

I primi successi

Sulla scia di quel successo, due anni dopo indossa ancora la divisa nel film Luciano Serra pilota, sempre con la regia di Alessandrini.

Benché appena trentenne e a inizio carriera, Amedeo Nazzari dimostra già la propria personalità: infatti discute spesso con i produttori per intervenire sui dialoghi dei film che interpretava e per suggerire cambi di sceneggiatura non previsti nei copioni. Un carattere che gli creò fin da subito una fama di personaggio scomodo e difficile da domare.

Nel 1941 ricevette la Coppa Volpi dal Ministero della cultura popolare come migliore attore per il film Caravaggio il pittore maledetto, diretto sempre da Alessandrini.

Fu però La cena delle beffe del 1942 di Alessandro Blasetti a consacrarlo definitivamente come divo del cinema. La pellicola, peraltro, è passata alla storia poiché mostra anche la prima scena di nudo femminile con protagonista Clara Calamai, sebbene duri pochi secondi. Ma anche perché nel cast figurano due attori, Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, trucidati successivamente dai partigiani con l’accusa di collaborazionismo. E infine perché Amedeo Nazzari pronuncerà una frase che diventerà un tormentone in locande e cantinole:

e chi non beve con me, péste lo cólga!

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, aderì alla Repubblica Sociale Italiana, ma di fatto non girerà nessun film per il cosiddetto Cinevillaggio.

Nel Dopoguerra il cinema italiano riaccende i motori e anche lui riprenderà la sua carriera. Peraltro in modo subito brillante, visto che per l’interpretazione ne Il bandito (1946) di Alberto Lattuada con Anna Magnani come co-protagonista, ricevette il Nastro d’argento come miglior attore protagonista.

Richiestissimo anche all’estero, si recò prima in Spagna per interpretare tre film, poi in Argentina, dove però gli proposero di recitare la parte di un italiano criminale e corrotto. All’idea di dover diffamare il suo paese, Nazzari rifiutò di adempiere al contratto e la notizia giunse addirittura a Evita Perón che, dopo essersi fatta illustrare il copione, prese le difese dell’artista e gli offrì di rimanere comunque in Argentina per visitare il paese e per conoscere personalmente molte famiglie di italiani emigrati.

Il fortunato genere Melodrammatico

Con il film Catene del 1949, accanto all’attrice di origine greca Yvonne Sanson, inizia ufficialmente il genere melodrammatico, definito anche Strappalacrime per il tema ricorrente fatto di storie d’amore difficili, complicate, che spingono molto sul dramma e sul fattore emotivo.

Saranno diverse le pellicole del genere melodrammatico in cui fu diretto da Raffaello Matarazzo sempre al fianco dell’attrice greca, con che si concluderanno con Malinconico autunno del 1958. Ma saranno tanti altri i film nel corso degli anni 50 di questo filone che sfrutteranno la riconoscibilità di Amedeo Nazzari con lo stesso.

Un filone che però all’epoca fu bistrattato dalla critica cinematografica, che descriveva questi film come dei banali fotoromanzi cinematografici. Per poi essere rivalutati a partire dagli anni settanta, quando saranno riclassificati come neorealismo d’appendice.

I film impegnati

Parallelamente al ciclo dei film Strappalacrime, negli anni 50 per lui arrivano diverse pellicole impegnate. Il primo fu Processo alla città (1952) di Luigi Zampa, nel quale interpreta un coraggioso magistrato napoletano che si oppone alla camorra del primo Novecento. Mentre ne Il brigante di Tacca del Lupo (1952) di Pietro Germi, interpreta un ufficiale dei bersaglieri nell’Italia post unitaria, impegnato a combattere il brigantaggio lucano. Nel 1957 venne scelto da Federico Fellini per recitare in Le notti di Cabiria, nel ruolo del divo in decadenza Alberto Lazzari, con cui fece ironicamente il verso a sé stesso.

In quegli anni sposa Irene Genna, attrice italo greca, dalla quale un anno più tardi ebbe la figlia Maria Evelina, divenuta anch’essa attrice, soprattutto di Teatro e televisione.

Le delusioni e il declino

Verso la fine degli anni 50 inizia per lui un lento declino, fatto anche di qualche delusione, ma anche qualche sporadico successo.

Si pensi al fatto che, per il ruolo del principe Salina ne Il Gattopardo di Visconti, inizialmente quest’ultimo aveva pensato a lui, per poi optare per Burt Lancaster al fine di ottenere finanziamenti da una casa di produzione statunitense e creare così un colossal internazionale. Nel remake de La figlia del capitano, girato da Lattuada col titolo La tempesta (1958), il personaggio di Pugacev, che era stato suo, venne assegnato a Van Heflin.

Da Hollywood giunse la proposta di girare un film con Marilyn Monroe, ma stavolta fu Nazzari a rifiutare, per la difficoltà di recitare in inglese e per il timore di cadere nel ridicolo nelle scene di canto e di ballo. Si trattava del fil, Facciamo l’amore, per il quale la scelta poi ricadde su Yves Montand.

Quando si aprì la stagione d’oro della commedia all’italiana, salvo qualche sporadica eccezione, Nazzari si rifiutò di interpretare questo tipo di copioni, come dirà poi, per una questione di gusto e di rispetto verso sé stesso e verso il pubblico.

Verso fine carriera arriveranno per lui soprattutto camei in produzioni internazionali.

I lavori per la televisione

Negli anni 60, però, la Rai si affida alla sua popolarità per la produzione di diversi sceneggiati, ma anche per le pubblicità del Carosello, dove, per promuovere un celebre aperitivo, esprime la celebre frase di cui sopra. Nel 1963 si cimentò pure nella conduzione televisiva, prendendo parte al varietà del sabato sera Gran Premio, abbinato alla Lotteria di Capodanno.

Inoltre, nel 1969, la Rai gli dedicò ben otto prime serate per trasmettere una retrospettiva dei suoi film più celebri.

Nel 1976 partecipò a un episodio della serie televisiva L’ispettore Derrick, intitolato L’uomo di Portofino e trasmesso dalla Rete 2 (l’attuale Rai 2) nel 1979.

La morte

Negli anni 70 dirada le sue apparizioni anche a causa di una grave forma di insufficienza renale che lo costringeva a sottoporsi a numerose dialisi settimanali. Nel 1979 venne insignito del David di Donatello alla carriera.

Morirà nella clinica Villa Claudia di Roma la sera del 5 novembre 1979, per collasso cardiorespiratorio, pochi mesi prima di diventare nonno di Leonardo. Col nome di Amedeo Nazzari Buffa, è sepolto al cimitero Monumentale del Verano di Roma.

La figlia Evelina nel 2008 ha pubblicato il libro biografico Amedeo Buffa in arte Nazzari, dedicato alla memoria del padre.

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