Ecco l’origine inquietante degli addobbi natalizi che acquistiamo

Il Natale è appena passato. Un solo giorno che porta via centinaia di euro, tra regali, cibo, bevande e addobbi. Anche se a ciò vanno aggiunti il cenone e il pranzo di Capodanno e il giorno della Befana. E così, in media, gli italiani spendono circa 500 euro per famiglia. Ed ecco che le lunghe festività natalizie si tramutano nell’apoteosi del consumismo, nella natività di nostro Signore da un lato e la morte del nostro conto in Banca dall’altro.

Del resto, durante le festività natalizie tutto si amplifica. Non solo le spese che sosteniamo, ma anche i sentimenti. In primis, la nostalgia per chi non c’è più. Tanto che i più sperano che passino presto e si arrivi al 7 gennaio quanto prima. Quanti tollerano l’ansia che infonde il 31 dicembre, giorno di transizione tra il vecchio e il nuovo anno? Scandita com’è dalle note dei “morti” riesumati da Carlo Conti ormai da anni nella trasmissione in onda su Raiuno L’anno che verrà.

Le festività natalizie ci fanno ricordare chi non c’è più, gli amori finiti, i rimpianti e i rimorsi per l’anno trascorso.

Ma sentimentalismi a parte e tornando al mero consumismo, bisognerebbe anche sapere qual è l’origine inquietante di tanti addobbi che acquistiamo.

Addobbi natalizi da dove provengono

addobbi natalizi

Da dove provengono addobbi natalizi? Come riporta Il Giornale, dalla Cina, precisamente a Yiwu, città situata 300 chilometri a sud di Shanghai. Qui pulsa il cuore del commercio all’ingrosso cinese, un settore non più trainante ma che negli anni passati ha aiutato il Dragone a diventare una potenza globale.

L’industria manifatturiera cinese ha mandato in crisi la produzione di ornamenti natalizi occidentale. Molte aziende europee hanno dovuto arrendersi all’evidenza: costa molto meno importare dalla Cina che non produrre nel Vecchio Continente. Tra l’altro la qualità degli oggetti non è neppure più scarsa come un tempo.

Il mercato all’ingrosso di Yiwu pullula di commercianti che rivendono la loro merce all’estero. Oltre 7mila negozi offrono strenne natalizie a prezzi stracciati mentre intorno alla città si contano circa 800 fabbriche pronte a rifocillare questo ricchissimo business. Anche se il Natale non appartiene alle tradizioni cinesi, la possibilità di guadagnare su questa festa occidentale sono infinite.

Ci sono alcune statistiche che fanno impallidire. Più o meno due terzi dell’oggettistica natalizia prodotta al mondo proviene dalle industrie di Yiwu. Il 30% degli ordini arriva dagli Stati Uniti, il resto da Russia, America latina, Europa e mercato interno. Nel periodo che va dal settembre 2016 all’agosto 2017, le fabbriche antistanti la città hanno guadagnato 3 bilioni di dollari. I dati del 2016, invece, parlano di un fatturato annuo di 206 miliardi di dollari.

Per dare l’idea delle dimensioni del mercato di Yiwu basta pensare che l’installazione permanente copre 2 miglia quadrate che ospitano 75mila stand. La superficie complessiva è 26 volte più grande del Macy’s Herald Square, uno dei più importanti centri di New York. I lavoratori sono impegnati sette giorni alla settimana per 13 ore al giorno. Molti di loro provengono dalle campagne cinesi e guadagnano ufficialmente circa 30 dollari al giorno.

Lo sfruttamento di donne e bambini dietro la produzione di addobbi natalizi

yiwu dove si trova

La produzione prosegue tutto l’anno, quindi non solo qualche mese prima delle feste natalizie. I lavoratori non si fermano, comprese donne e bambini. Molti di loro vengono sfruttati e percepiscono circa 10 yuan al giorno (un dollaro e mezzo). Gli uomini in certi casi si mettono in tasca 100 dollari al mese e si dedicano a lavori pesanti. Stanno chinati su macchinari rumorosi modellando frammenti di plastica che si trasformeranno in addobbi. Le donne tolgono le imperfezioni ai prodotti. I bambini piegano e sistemano gli oggetti in attesa che vengano spediti in tutto il mondo.

Quando acquistate un addobbo natalizio “made in China”, pensate agli aiutanti di Babbo Natale con gli occhi a mandorla e schiavizzati che li hanno prodotti. Senza distinzione di genere e di età. In fondo, Babbo Natale è di colore rosso. E se ad imporre questo colore fu il capitalismo americano di Coca Cola, a renderlo rosso inquietante ci pensa l’odierno capitalismo cinese. Cambiano i Paesi, ma il colore e lo scopo è sempre lo stesso.

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