A CAUSA DEI SOCIAL NETWORK LE NUOVE GENERAZIONI NON SANNO PIU’ CONVERSARE
PERDUTI TRA UN TWEET, UN TAG E UNA NOTIFICA SUL PROPRIO SMARTPHONE, NON RIESCONO PIU’ AD AFFRONTARE UNA CHIACCHIERATA “VISO A VISO”
Il Mondo cambia velocemente, spinto dalle tecnologie. Basta andare indietro di qualche anno per accorgersi come sia cambiato il modo di comunicare. Fino a quattro anni fa, per strada, in un treno o in un autobus, non scrutavi tanti “morti di fama”, intenti a guardare il proprio smartphone per seguire gli ultimi sviluppi dei propri contatti. Facebook, Twitter, Istangram, ci hanno ormai abituati a una comunicazione istantanea, senza limiti spaziotemporali. Ci hanno catapultati in un mondo virtuale propenso all’interazione isterica, obbligata, narcisistica, mentre quello reale va verso la direzione opposta: l’individualismo e la solitudine. E così le nuove generazioni stanno crescendo con l’abitudine di comunicare mediante uno strumento e non più tramite sguardi e voce.
L’ALLARME DEL PROFESSOR BARNWELL– Lancia l’allarme Paul Barnwell, americano, professore di Storia medievale, che racconta accorato nel magazine «The Atlantic» il comportamento dei suoi studenti. I ragazzi, come molti loro coetanei in gran parte del mondo, siedono in classe con le mani sotto al banco e maneggiano furiosamente gli smartphone per controllare quello che accade sui loro social network, o per interagire con i loro contatti online.
Il docente decide quindi d’interrompere questa loro attività che giudica compulsiva, li richiama all’attenzione e lancia l’idea che vorrebbe impegnarli in una conversazione. Esplode il panico, gli studenti costretti ad alzare gli occhi dai loro display sono presi da crisi d’astinenza preventiva, qualcuno di loro già agguanta il telefonino temendo di doversi separare dalla sua protesi per comunicare.
La preoccupazione del professore è proprio legata all’inseparabile appendice che ogni studente sembra avere incorporata. Lui si chiede come quei ragazzi potranno mai sostenere una vita di relazioni tra esseri umani, quando saranno obbligati a interagire de visu, senza emoticon, senza i binari obbligati di una chat di un messenger, fuori dal loro habitat congeniale, dove basta metter un «like» per esprimere un consenso.
Il prof Barnwell è preoccupato perché in tutti i laboratori scolastici, in cui vede impegnati i suoi allievi con gli strumenti di produzione di pensiero digitale a loro familiari, non può fare a meno di osservare la loro incapacità di uscire da uno schema di relazione condizionato da quegli oggetti tecnologici. Insomma il professore va alla ricerca dell’equazione umana perduta, perché sono le macchine a stabilire le regole.
Anche noi adulti stiamo sempre più perdendo l’abitudine di dirci “le cose in faccia”. Esprimiamo un’opinione nascondendoci dietro un commento su Fb o un Tweet; tendiamo a fotografare o riprendere ogni esperienza vissuta per il semplice gusto di condividerla sui Social. Ma non la viviamo più a fondo. Cerchiamo di stringere nuovi rapporti d’amicizia virtuali, trascurando quelli reali.
(Fonte: La Stampa)
Non solo le nuove generazioni ma tutti coloro che fanno della rete il luogo della loro vita, e proiettano in questo luogo tutta la loro cattiveria e ipocrisia.Attraverso la rete l'onestà è un valore che è stato svuotato del suo contenuto, e come scrisse Leo Longanesi Ci si conserva onesti il tempo necessario che basta per poter accusare gli avversari e prendergli il posto.
I tempi cambiano, le mogli imbiancano.
Assolutamente vero. Ci sono adolescenti che si parlano con gli sms anche se sono a due metri di distanza.
Francamente mi sembrano le solite banalità di vecchi sfigati che sono ridotti a ricordare i bei vecchi tempi in cui quella che allora era la vecchia generazione li tacciava di varie nefandezze che si limitano a cambiare a ogni generazione.